L’obiettivo principale degli interventi di geodisinfezione propriamente detti – fumigazioni, vapor d’acqua, solarizzazione - va ricercato nel contenimento di specifici organismi, senza trascurare, tuttavia, che questi interventi, alterando i complessi equilibri esistenti nel terreno, possono contribuire ad aumentarne la fertilità e la produttività. Seppure il ricorso a drastici interventi chimici abbia rappresentato, in passato, la via maestra per il contenimento dei patogeni nel terreno, la aumentata sensibilità alle implicazioni di natura tossicologica ed ambientale sembrano imporre, oggi, l’adozione di tecniche più sicure e di ridotto impatto ambientale. Per gli interventi di disinfezione del terreno, le conoscenze sembrerebbero suggerire, inoltre, l’opportunità di seguire strategie rivolte verso i principi della lotta integrata, piuttosto che verso singoli mezzi di intervento In quest’ambito, poi, la riduzione della drasticità dell’intervento (interventi con fumiganti a dosi ridotte, con vapore d’acqua “raffreddato” o con la solarizzazione del terreno) può rappresentare un co-fattore significativo in grado di interferire sui risultati attraverso l’enfatizzazione dell’importanza di una parte della componente biologica residente nel terreno, andando a promuovere un naturale contenimento biologico. La riduzione della drasticità degli interventi sembra permettere, infatti, il conseguimento di migliori livelli di selettività, andando ad agire non solo mediante l’uccisione del patogeno, ma promuovendone anche condizioni di stress che lo rendono meno competitivo rispetto alla microflora presente nel terreno. L’utilizzo della componente microbica del suolo come co-fattore di un processo geodisinfettivo necessita di uno sforzo per rendere possibile un corretto uso delle comunità naturali di microrganismi, magari anche nell’ottica delle applicazioni standard di lotta biologica con l’introduzione nel terreno, cioè, di altri antagonisti. In questo ambito l’applicazione di metodi molecolari di indagine sulla componente biologica del terreno può fornire indicazioni di grande utilità per la caratterizzazione delle comunità microbiche e delle loro interazioni. Questo approccio si colloca in un ambito di interventi a ridotta drasticità nei quali si tende a sfruttare per quanto possibile la microflora residente al fine di salvaguardare la fertilità del terreno e minimizzare le negative implicazioni tossicologiche ed ambientali.

Drasticità degli interventi di geodisinfezione e possibile contenimento biologico di funghi fitopatogeni nel terreno: principi e qualche riflessione

TRIOLO, ENRICO;
2006-01-01

Abstract

L’obiettivo principale degli interventi di geodisinfezione propriamente detti – fumigazioni, vapor d’acqua, solarizzazione - va ricercato nel contenimento di specifici organismi, senza trascurare, tuttavia, che questi interventi, alterando i complessi equilibri esistenti nel terreno, possono contribuire ad aumentarne la fertilità e la produttività. Seppure il ricorso a drastici interventi chimici abbia rappresentato, in passato, la via maestra per il contenimento dei patogeni nel terreno, la aumentata sensibilità alle implicazioni di natura tossicologica ed ambientale sembrano imporre, oggi, l’adozione di tecniche più sicure e di ridotto impatto ambientale. Per gli interventi di disinfezione del terreno, le conoscenze sembrerebbero suggerire, inoltre, l’opportunità di seguire strategie rivolte verso i principi della lotta integrata, piuttosto che verso singoli mezzi di intervento In quest’ambito, poi, la riduzione della drasticità dell’intervento (interventi con fumiganti a dosi ridotte, con vapore d’acqua “raffreddato” o con la solarizzazione del terreno) può rappresentare un co-fattore significativo in grado di interferire sui risultati attraverso l’enfatizzazione dell’importanza di una parte della componente biologica residente nel terreno, andando a promuovere un naturale contenimento biologico. La riduzione della drasticità degli interventi sembra permettere, infatti, il conseguimento di migliori livelli di selettività, andando ad agire non solo mediante l’uccisione del patogeno, ma promuovendone anche condizioni di stress che lo rendono meno competitivo rispetto alla microflora presente nel terreno. L’utilizzo della componente microbica del suolo come co-fattore di un processo geodisinfettivo necessita di uno sforzo per rendere possibile un corretto uso delle comunità naturali di microrganismi, magari anche nell’ottica delle applicazioni standard di lotta biologica con l’introduzione nel terreno, cioè, di altri antagonisti. In questo ambito l’applicazione di metodi molecolari di indagine sulla componente biologica del terreno può fornire indicazioni di grande utilità per la caratterizzazione delle comunità microbiche e delle loro interazioni. Questo approccio si colloca in un ambito di interventi a ridotta drasticità nei quali si tende a sfruttare per quanto possibile la microflora residente al fine di salvaguardare la fertilità del terreno e minimizzare le negative implicazioni tossicologiche ed ambientali.
2006
Triolo, Enrico; Luvisi, A.
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