Con delibera del 10 giugno 2004 la Corte costituzionale, modificando l’art.26 delle Norme integrative, ha sancito l’applicabilità anche ai conflitti, sia fra poteri che fra enti, delle norme che disciplinano l’ingresso nel giudizio di soggetti diversi da ricorrente e resistente, ivi compresi - e su questo profilo si sofferma il lavoro – i soggetti, pubblici o privati, diversi dalle regioni «terze» e dall’autorità giudiziaria, per quel che concerne i conflitti intersoggettivi: dai soggetti che si configurano (o che aspirano a farsi riconoscere) come poteri «terzi», relativamente ai conflitti interorganici. Già prima della modifica delle Norme Integrative l’orientamento della Corte era andato progressivamente mutando, passando da un atteggiamento di netta chiusura a timidi (e non ancora decisivi) segnali di apertura, fino ad un vero e proprio giro di boa, che aveva visto la Consulta ammettere l’intervento nei limiti in cui esso apparisse necessario per garantire la tutela stessa del diritto del terzo interveniente (e non quindi di qualsivoglia soggetto che pretendesse di configurarsi come «terzo interessato» rispetto all’oggetto del conflitto). Al rispetto di questo stesso principio sembrano informate le pronunce più recenti, successive alla formalizzazione dell’istituto nelle Norme integrative. Residuano peraltro alcune perplessità, legate a questioni irrisolte, quale quella delle possibili interferenze (sia in punto di competenza che di eventuale annullamento degli atti impugnati) che possono derivare dal sovrapporsi del giudizio innanzi alla Corte con i giudizi affidati ai giudici comuni, come pure quelle legate alla posizione di sostanziale «dipendenza» del terzo interventore dal comportamento processuale delle parti, cui sono sostanzialmente rimesse la instaurazione e la prosecuzione del giudizio.

I soggetti terzi nei conflitti

LOLLI, ILARIA
2006-01-01

Abstract

Con delibera del 10 giugno 2004 la Corte costituzionale, modificando l’art.26 delle Norme integrative, ha sancito l’applicabilità anche ai conflitti, sia fra poteri che fra enti, delle norme che disciplinano l’ingresso nel giudizio di soggetti diversi da ricorrente e resistente, ivi compresi - e su questo profilo si sofferma il lavoro – i soggetti, pubblici o privati, diversi dalle regioni «terze» e dall’autorità giudiziaria, per quel che concerne i conflitti intersoggettivi: dai soggetti che si configurano (o che aspirano a farsi riconoscere) come poteri «terzi», relativamente ai conflitti interorganici. Già prima della modifica delle Norme Integrative l’orientamento della Corte era andato progressivamente mutando, passando da un atteggiamento di netta chiusura a timidi (e non ancora decisivi) segnali di apertura, fino ad un vero e proprio giro di boa, che aveva visto la Consulta ammettere l’intervento nei limiti in cui esso apparisse necessario per garantire la tutela stessa del diritto del terzo interveniente (e non quindi di qualsivoglia soggetto che pretendesse di configurarsi come «terzo interessato» rispetto all’oggetto del conflitto). Al rispetto di questo stesso principio sembrano informate le pronunce più recenti, successive alla formalizzazione dell’istituto nelle Norme integrative. Residuano peraltro alcune perplessità, legate a questioni irrisolte, quale quella delle possibili interferenze (sia in punto di competenza che di eventuale annullamento degli atti impugnati) che possono derivare dal sovrapporsi del giudizio innanzi alla Corte con i giudizi affidati ai giudici comuni, come pure quelle legate alla posizione di sostanziale «dipendenza» del terzo interventore dal comportamento processuale delle parti, cui sono sostanzialmente rimesse la instaurazione e la prosecuzione del giudizio.
2006
Lolli, Ilaria
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/104424
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