La recente emergenza sanitaria ha messo in luce le criticità della didattica tradizionale anche relativamente all’inclusione. La didattica in presenza, infatti, è spesso solo formalmente una didattica di vicinanza. Essa si basa, tra l’altro, prevalentemente su mediatori da utilizzare a distanza, come il libro o le schede, e su spazi e tempi di progressiva costrizione dei corpi, a mano a mano che si sale nel grado di istruzione. La didattica a distanza, anziché essere utilizzata come una sorta di brutta copia di quella in presenza, potrebbe, invece, diventare un modo per stimolare aspetti socio-relazionali, soprattutto in piccolo gruppo, con i compagni. Il tempo scuola degli alunni con disabilità è infatti solitamente dimidiato tra quello in aula e quello dell’interazione individuale con l’insegnante, mentre quella in piccolo gruppo di pari, che potrebbe sollecitare l’autostima e permettere una migliore qualità dell’approccio al contesto scolastico, non è praticamente esperita o lo è sporadicamente. La necessità di coinvolgere attivamente i familiari nella didattica a distanza, inoltre, poteva e può servire per un confronto proficuo in merito all’immagine dell’alunno con disabilità, le cui competenze e capacità sono spesso al centro di conflitti interpretativi tra familiari, da una parte, e operatori scolastici e sanitari dall’altra. Tale conflitto, però, anziché fungere da ostacolo per l’alleanza terapeutica, potrebbe costituire il fulcro di una riflessione dinamica condivisa sulle potenzialità dell’alunno stesso
Relazione educativa a distanza e inclusione
Maria Antonella Galanti
2020-01-01
Abstract
La recente emergenza sanitaria ha messo in luce le criticità della didattica tradizionale anche relativamente all’inclusione. La didattica in presenza, infatti, è spesso solo formalmente una didattica di vicinanza. Essa si basa, tra l’altro, prevalentemente su mediatori da utilizzare a distanza, come il libro o le schede, e su spazi e tempi di progressiva costrizione dei corpi, a mano a mano che si sale nel grado di istruzione. La didattica a distanza, anziché essere utilizzata come una sorta di brutta copia di quella in presenza, potrebbe, invece, diventare un modo per stimolare aspetti socio-relazionali, soprattutto in piccolo gruppo, con i compagni. Il tempo scuola degli alunni con disabilità è infatti solitamente dimidiato tra quello in aula e quello dell’interazione individuale con l’insegnante, mentre quella in piccolo gruppo di pari, che potrebbe sollecitare l’autostima e permettere una migliore qualità dell’approccio al contesto scolastico, non è praticamente esperita o lo è sporadicamente. La necessità di coinvolgere attivamente i familiari nella didattica a distanza, inoltre, poteva e può servire per un confronto proficuo in merito all’immagine dell’alunno con disabilità, le cui competenze e capacità sono spesso al centro di conflitti interpretativi tra familiari, da una parte, e operatori scolastici e sanitari dall’altra. Tale conflitto, però, anziché fungere da ostacolo per l’alleanza terapeutica, potrebbe costituire il fulcro di una riflessione dinamica condivisa sulle potenzialità dell’alunno stessoI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.