La pubblicazione dello studio randomizzato WHI nel luglio 2002 ha fatto vacillare molte certezze sulla terapia ormonale sostitutiva (HRT, Hormone Replacement Therapy) in menopausa. Precedentemente, la maggior parte degli studi preclinici ed osservazionali avevano dimostrato che la HRT determina una riduzione del rischio di malattia coronarica (CHD, Coronary Heart Disease), potendo altresì ridurre il rischio o posporre l’insorgenza di deficit cognitivi e demenza senile. Al contrario, i risultati del WHI non hanno confermato questi dati. La diversità tra questi risultati è chiaramente dovuta alla selezione delle donne ed al momento di inizio della HRT in funzione sia della età anagrafica che degli anni trascorsi dalla menopausa. Negli studi osservazionali, gli ormoni erano stati prescritti a donne durante la transizione menopausale, la maggior parte delle quali era sintomatica, e di età generalmente inferiore ai 55 anni al momento dell’inizio della terapia. Al contrario nel WHI, la HRT è stata iniziata oltre i 55 anni in oltre l’ 89% delle donne, cominciando ex novo dopo molto tempo dall’ultima mestruazione e in larghissima parte in pazienti che non avevano sintomi menopausali. Negli studi osservazionali è stata rispettata la “finestra delle opportunità” (window of opportunity) entro la quale una precoce sostituzione ormonale, in donne più giovani e sintomatiche, è capace di proteggere dagli effetti endocrino-metabolici e clinici della carenza estrogenica. Questo è in accordo con la fisiopatologia dei processi degenerativi dell’invecchiamento, quali l’aterosclerosi e la © Copyright 2007, CIC Edizioni Internazionali, Roma neurodegenerazione che richiedono parecchi anni per Menopausa e Terapia Ormonale Sostitutiva Conferenza Nazionale di Villa Tuscolana (Frascati, Roma 8-9 Maggio 2007) A.R. GENAZZANI, M. GAMBACCIANI, T. SIMONCINI Ginecologia, Pisa Giorn. It. Ost. Gin. Vol. XXIX - n. 6/7 Giugno-Luglio 2007 213 documento di consenso svilupparsi. Nel WHI sono state invece trattate donne anziane in cui la tardiva somministrazione di ormoni non ha potuto prevenire alterazioni degenerative ormai presenti a livello cardiovascolare. Un precoce inizio della HRT, sia in termini di età che di anni dalla menopausa, può rappresentare un fattore determinante sia per determinare alcuni effetti positivi (riduzione del rischio cardiovascolare e del rischio di Alzheimer) che per limitare eventi avversi (trombosi venosa, ictus). Inoltre lo studio WHI, per le caratteristiche delle pazienti (età, comorbidità, peso corporeo, uso di farmaci cardiovascolari), non può essere considerato in realtà uno studio di prevenzione primaria condotto in donne sane in postmenopausa. Sebbene fosse stato disegnato (e successivamente presentato) come uno studio randomizzato e controllato con placebo, l’alta incidenza di “drop-out” e di sintomi rivelatori (sanguinamenti vaginali, tensione mammaria) rendono difficile considerarlo un credibile studio in doppio cieco. Inoltre, le pazienti incluse nel WHI non rappresentano la popolazione di donne sane in età perimenopausale o di recente in postmenopausa che abitualmente richiedono una consulenza per il trattamento della sintomatologia climaterica. Recentemente, Rossouw et al. (2007) hanno rivalutato i dati dello studio WHI sulla base dell’età delle pazienti e del tempo trascorso dalla menopausa al momento dell’arruolamento. Pur in assenza di significatività statistica, questa nuova analisi dimostra che l’aumento del rischio cardiovascolare riportato nei primi studi pubblicati è da attribuirsi, essenzialmente, alle pazienti che cominciano il trattamento in età più avanzata e a maggiore distanza dalla menopausa. Al contrario nelle donne più giovani (50-59 anni) trattate con HRT l’incidenza delle malattie cardiovascolari e la mortalità diminuiscono. La cultura e la percezione dell’importanza della HRT sono state comunque profondamente modificate dalle interpretazioni non corrette del WHI. In tutto il mondo la pubblicazione del WHI e dello studio osservazionale inglese noto come “The Million Women Study”, in cui è stata valutata la frequenza di tumore mammario in donne che partecipavano ad un programma di screening mammografico nel Regno Unito e correlata all’uso di HRT, ha portato ad una riduzione dell’utilizzo di HRT fino al 30-40%, che ha interessato soprattutto le donne meno informate. A dimostrazione di ciò, le donne medico e le mogli di medici sono la categoria in cui è tuttora maggiore l’utilizzo di HRT. Le donne medico italiane rimangono le maggiori utilizzatrici di HRT, e solo l’8% di esse ha interrotto la HRT dopo la pubblicazione del WHI. Nella maggior parte dei casi, il calo dell’utilizzo dell’HRT ha interessato in maniera non specifica tutte le preparazioni commerciali disponibili e non solo quella utilizzata nel WHI (estrogeni coniugati equini, 0.625 mg/die, in associazione a medrossiprogesterone acetato, 2.5 mg/die). Le nuove prescrizioni sono calate più delle interruzioni di terapia. Una quota significativa delle donne che hanno interrotto la HRT hanno successivamente ripreso un trattamento ormonale per ricomparsa dei sintomi. Tra le nuove terapie sono aumentate le associazioni a basso dosaggio.

Documento di Consenso, Menopausa e Terapia Ormonale Sostitutiva Conferenza Nazionale di Villa Tuscolana, Frascati (Rome), May 8-9, 2007

GENAZZANI, ANDREA;SIMONCINI, TOMMASO
2007-01-01

Abstract

La pubblicazione dello studio randomizzato WHI nel luglio 2002 ha fatto vacillare molte certezze sulla terapia ormonale sostitutiva (HRT, Hormone Replacement Therapy) in menopausa. Precedentemente, la maggior parte degli studi preclinici ed osservazionali avevano dimostrato che la HRT determina una riduzione del rischio di malattia coronarica (CHD, Coronary Heart Disease), potendo altresì ridurre il rischio o posporre l’insorgenza di deficit cognitivi e demenza senile. Al contrario, i risultati del WHI non hanno confermato questi dati. La diversità tra questi risultati è chiaramente dovuta alla selezione delle donne ed al momento di inizio della HRT in funzione sia della età anagrafica che degli anni trascorsi dalla menopausa. Negli studi osservazionali, gli ormoni erano stati prescritti a donne durante la transizione menopausale, la maggior parte delle quali era sintomatica, e di età generalmente inferiore ai 55 anni al momento dell’inizio della terapia. Al contrario nel WHI, la HRT è stata iniziata oltre i 55 anni in oltre l’ 89% delle donne, cominciando ex novo dopo molto tempo dall’ultima mestruazione e in larghissima parte in pazienti che non avevano sintomi menopausali. Negli studi osservazionali è stata rispettata la “finestra delle opportunità” (window of opportunity) entro la quale una precoce sostituzione ormonale, in donne più giovani e sintomatiche, è capace di proteggere dagli effetti endocrino-metabolici e clinici della carenza estrogenica. Questo è in accordo con la fisiopatologia dei processi degenerativi dell’invecchiamento, quali l’aterosclerosi e la © Copyright 2007, CIC Edizioni Internazionali, Roma neurodegenerazione che richiedono parecchi anni per Menopausa e Terapia Ormonale Sostitutiva Conferenza Nazionale di Villa Tuscolana (Frascati, Roma 8-9 Maggio 2007) A.R. GENAZZANI, M. GAMBACCIANI, T. SIMONCINI Ginecologia, Pisa Giorn. It. Ost. Gin. Vol. XXIX - n. 6/7 Giugno-Luglio 2007 213 documento di consenso svilupparsi. Nel WHI sono state invece trattate donne anziane in cui la tardiva somministrazione di ormoni non ha potuto prevenire alterazioni degenerative ormai presenti a livello cardiovascolare. Un precoce inizio della HRT, sia in termini di età che di anni dalla menopausa, può rappresentare un fattore determinante sia per determinare alcuni effetti positivi (riduzione del rischio cardiovascolare e del rischio di Alzheimer) che per limitare eventi avversi (trombosi venosa, ictus). Inoltre lo studio WHI, per le caratteristiche delle pazienti (età, comorbidità, peso corporeo, uso di farmaci cardiovascolari), non può essere considerato in realtà uno studio di prevenzione primaria condotto in donne sane in postmenopausa. Sebbene fosse stato disegnato (e successivamente presentato) come uno studio randomizzato e controllato con placebo, l’alta incidenza di “drop-out” e di sintomi rivelatori (sanguinamenti vaginali, tensione mammaria) rendono difficile considerarlo un credibile studio in doppio cieco. Inoltre, le pazienti incluse nel WHI non rappresentano la popolazione di donne sane in età perimenopausale o di recente in postmenopausa che abitualmente richiedono una consulenza per il trattamento della sintomatologia climaterica. Recentemente, Rossouw et al. (2007) hanno rivalutato i dati dello studio WHI sulla base dell’età delle pazienti e del tempo trascorso dalla menopausa al momento dell’arruolamento. Pur in assenza di significatività statistica, questa nuova analisi dimostra che l’aumento del rischio cardiovascolare riportato nei primi studi pubblicati è da attribuirsi, essenzialmente, alle pazienti che cominciano il trattamento in età più avanzata e a maggiore distanza dalla menopausa. Al contrario nelle donne più giovani (50-59 anni) trattate con HRT l’incidenza delle malattie cardiovascolari e la mortalità diminuiscono. La cultura e la percezione dell’importanza della HRT sono state comunque profondamente modificate dalle interpretazioni non corrette del WHI. In tutto il mondo la pubblicazione del WHI e dello studio osservazionale inglese noto come “The Million Women Study”, in cui è stata valutata la frequenza di tumore mammario in donne che partecipavano ad un programma di screening mammografico nel Regno Unito e correlata all’uso di HRT, ha portato ad una riduzione dell’utilizzo di HRT fino al 30-40%, che ha interessato soprattutto le donne meno informate. A dimostrazione di ciò, le donne medico e le mogli di medici sono la categoria in cui è tuttora maggiore l’utilizzo di HRT. Le donne medico italiane rimangono le maggiori utilizzatrici di HRT, e solo l’8% di esse ha interrotto la HRT dopo la pubblicazione del WHI. Nella maggior parte dei casi, il calo dell’utilizzo dell’HRT ha interessato in maniera non specifica tutte le preparazioni commerciali disponibili e non solo quella utilizzata nel WHI (estrogeni coniugati equini, 0.625 mg/die, in associazione a medrossiprogesterone acetato, 2.5 mg/die). Le nuove prescrizioni sono calate più delle interruzioni di terapia. Una quota significativa delle donne che hanno interrotto la HRT hanno successivamente ripreso un trattamento ormonale per ricomparsa dei sintomi. Tra le nuove terapie sono aumentate le associazioni a basso dosaggio.
2007
Genazzani, Andrea; Gambacciani, M.; Simoncini, Tommaso
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