Il recente tentativo di codificazione della legislazione ambientale, culminato nell’approvazione del D.Lgs n. 152/2006, non ha potuto fare a meno di occuparsi delle ispezioni ambientali, talvolta limitandosi ad una mera opera di “risistemazione” della disciplina preesistente, talaltra introducendo elementi di novità. In particolare, in occasione dell’attuazione della direttiva 04/35/CE, il legislatore nazionale si è trovato nella necessità di ritagliare un nuovo spazio alle ispezioni amministrative, anche nell’ambito della disciplina sul danno ambientale, in quanto per rispettare il noto principio “chi inquina paga”, si dovevano predisporre gli strumenti per “individuare l’operatore che ha causato il danno o la minaccia imminente di danno”. Tuttavia, il nuovo art. 312, c. 4, Dlgs n. 152/2006 fa ritenere che l’ispezione possa essere esperita dall’autorità amministrativa nazionale solo laddove si sia già manifestato un danno all’ambiente. Ciò suscita perplessità, stante l’importanza del ricorso allo strumento ispettivo anche per lo svolgimento dell’attività di accertamento volta all’individuazione del responsabile del rischio di danno imminente; a tacere poi delle eventuali censure che potrebbero sollevarsi in sede europea in merito al corretto adempimento degli obblighi comunitari. È, viceversa, da salutarsi con favore che il TU, nell’introdurre una nuova tipologia di ispezione ambientale, abbia dettato regole a disciplina del procedimento ispettivo, idonee a farlo assurgere a giusto procedimento, governato dai principi della verbalizzazione, della piena conoscenza degli atti istruttori e del contraddittorio. Criticabile è, invece, che la novella disciplina non abbia saputo sfruttare l’opportunità di dare un quadro regolamentare unitario ai controlli ambientali che si realizzano tramite ispezione. Si è così persa, fra l’altro, l’occasione di imporre una pianificazione obbligatoria dei controlli ispettivi, spesso rimessi alla discrezionalità delle amministrazioni, e dunque nell’impossibilità di assicurare qualsiasi coordinamento dell’attività. Peraltro, la Commissione europea in una comunicazione del 14 novembre 2007 ha manifestato la necessità di emanare una direttiva sulle ispezioni ambientali, in grado di introdurre lo strumento della pianificazione, conformare i variegati contesti nazionali, e garantire l’accesso all’informazione ambientale acquisita attraverso il controllo. In realtà, anche a quest’ultimo proposito notevoli sono le criticità poste in rilievo dall’autrice in ordine alla capacità del TU del 2006 di allinearsi agli atti comunitari che garantiscono l’accessibilità delle informazioni ambientali contenute nei rapporti ispettivi.

Le ispezioni amministrative per il controllo dei vincoli ambientali dopo il dlgs n. 152/2006

PASSALACQUA, MICHELA
2008-01-01

Abstract

Il recente tentativo di codificazione della legislazione ambientale, culminato nell’approvazione del D.Lgs n. 152/2006, non ha potuto fare a meno di occuparsi delle ispezioni ambientali, talvolta limitandosi ad una mera opera di “risistemazione” della disciplina preesistente, talaltra introducendo elementi di novità. In particolare, in occasione dell’attuazione della direttiva 04/35/CE, il legislatore nazionale si è trovato nella necessità di ritagliare un nuovo spazio alle ispezioni amministrative, anche nell’ambito della disciplina sul danno ambientale, in quanto per rispettare il noto principio “chi inquina paga”, si dovevano predisporre gli strumenti per “individuare l’operatore che ha causato il danno o la minaccia imminente di danno”. Tuttavia, il nuovo art. 312, c. 4, Dlgs n. 152/2006 fa ritenere che l’ispezione possa essere esperita dall’autorità amministrativa nazionale solo laddove si sia già manifestato un danno all’ambiente. Ciò suscita perplessità, stante l’importanza del ricorso allo strumento ispettivo anche per lo svolgimento dell’attività di accertamento volta all’individuazione del responsabile del rischio di danno imminente; a tacere poi delle eventuali censure che potrebbero sollevarsi in sede europea in merito al corretto adempimento degli obblighi comunitari. È, viceversa, da salutarsi con favore che il TU, nell’introdurre una nuova tipologia di ispezione ambientale, abbia dettato regole a disciplina del procedimento ispettivo, idonee a farlo assurgere a giusto procedimento, governato dai principi della verbalizzazione, della piena conoscenza degli atti istruttori e del contraddittorio. Criticabile è, invece, che la novella disciplina non abbia saputo sfruttare l’opportunità di dare un quadro regolamentare unitario ai controlli ambientali che si realizzano tramite ispezione. Si è così persa, fra l’altro, l’occasione di imporre una pianificazione obbligatoria dei controlli ispettivi, spesso rimessi alla discrezionalità delle amministrazioni, e dunque nell’impossibilità di assicurare qualsiasi coordinamento dell’attività. Peraltro, la Commissione europea in una comunicazione del 14 novembre 2007 ha manifestato la necessità di emanare una direttiva sulle ispezioni ambientali, in grado di introdurre lo strumento della pianificazione, conformare i variegati contesti nazionali, e garantire l’accesso all’informazione ambientale acquisita attraverso il controllo. In realtà, anche a quest’ultimo proposito notevoli sono le criticità poste in rilievo dall’autrice in ordine alla capacità del TU del 2006 di allinearsi agli atti comunitari che garantiscono l’accessibilità delle informazioni ambientali contenute nei rapporti ispettivi.
2008
Passalacqua, Michela
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