Perlomeno dalla nascita della televisione, verso la metà del secolo scorso, la sala cinematografica ha gradualmente cessato di essere il luogo esclusivo della visione dei film. Nascono nuove modalità di consumo dei film (VHS, DVD, DIVX), attraverso le quali lo spettatore stabilisce autonomamente occasione e durata dell'accesso al testo e la sua fruizione si apre alla discontinuità, alla reversibilità e alla ripetizione. A partire dagli anni Novanta, grazie alla progressiva convergenza sul segnale digitale di quasi tutti i media, alla loro interconnessione e alla loro integrazione all'interno di singole piattaforme multimediali, il film diviene oggetto cross-mediale e il cinema si trova sempre più coinvolto in un processo di ri-locazione all'interno di nuove piattaforme, compresi smartphone e videofonini. Lo schermo del videofonino è prima di tutto un display, spazio di esposizione investito dalla metafora del desktop. Nel display del videofonino si combinano due tradizioni: quella dello schermo come spazio bidimensionale ospitante una rappresentazione di tipo illusionistico e quella del monitor, cioè di un apparecchio di controllo e segnalazione elaborato in campo militare che permette di interagire in tempo reale con le immagini raffigurate. Insomma: finestra su un mondo immaginario e pannello di controllo. Se cambiano i dispositivi, mutano anche i riti e i regimi di visione del film. Si trasforma anche il rapporto tra corpo dell'utente e dispositivo di fruizione, sotto l'insegna dell'incertezza e dell'instabilità, e si creano fragili ambienti di visione all'interno di altri ambienti segnati da una diversa funzione sociale, come sale d'attesa e stazioni ferroviarie. Per l'insieme dei motivi sopra elencati, l'esperienza dello spettatore del film fruito sullo schermo del videofonino è soggetta a molteplici ed eteroclite sollecitazioni e si viene a configurare come un intreccio di visione e di azione, come performance. In questa cornice, l'esperienza filmica sembra segnata dalla crisi del regime spettatoriale fondato sul gaze, uno sguardo immersivo, centripeto ed esclusivo, e su una relazione col testo ad alta intensità affettiva, cognitiva e valutativa.

Visioni digitabili. Il videofonino come schermo.

AMBROSINI, MAURIZIO
2009-01-01

Abstract

Perlomeno dalla nascita della televisione, verso la metà del secolo scorso, la sala cinematografica ha gradualmente cessato di essere il luogo esclusivo della visione dei film. Nascono nuove modalità di consumo dei film (VHS, DVD, DIVX), attraverso le quali lo spettatore stabilisce autonomamente occasione e durata dell'accesso al testo e la sua fruizione si apre alla discontinuità, alla reversibilità e alla ripetizione. A partire dagli anni Novanta, grazie alla progressiva convergenza sul segnale digitale di quasi tutti i media, alla loro interconnessione e alla loro integrazione all'interno di singole piattaforme multimediali, il film diviene oggetto cross-mediale e il cinema si trova sempre più coinvolto in un processo di ri-locazione all'interno di nuove piattaforme, compresi smartphone e videofonini. Lo schermo del videofonino è prima di tutto un display, spazio di esposizione investito dalla metafora del desktop. Nel display del videofonino si combinano due tradizioni: quella dello schermo come spazio bidimensionale ospitante una rappresentazione di tipo illusionistico e quella del monitor, cioè di un apparecchio di controllo e segnalazione elaborato in campo militare che permette di interagire in tempo reale con le immagini raffigurate. Insomma: finestra su un mondo immaginario e pannello di controllo. Se cambiano i dispositivi, mutano anche i riti e i regimi di visione del film. Si trasforma anche il rapporto tra corpo dell'utente e dispositivo di fruizione, sotto l'insegna dell'incertezza e dell'instabilità, e si creano fragili ambienti di visione all'interno di altri ambienti segnati da una diversa funzione sociale, come sale d'attesa e stazioni ferroviarie. Per l'insieme dei motivi sopra elencati, l'esperienza dello spettatore del film fruito sullo schermo del videofonino è soggetta a molteplici ed eteroclite sollecitazioni e si viene a configurare come un intreccio di visione e di azione, come performance. In questa cornice, l'esperienza filmica sembra segnata dalla crisi del regime spettatoriale fondato sul gaze, uno sguardo immersivo, centripeto ed esclusivo, e su una relazione col testo ad alta intensità affettiva, cognitiva e valutativa.
2009
Ambrosini, Maurizio
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/132555
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