Fino agli anni settanta, nei paesi occidentali, il funzionamento del sistema di welfare era fortemente radicato nella logica di governo dello stato. Ciò era funzionale a tutelare sia l'accumulazione capitalistica che la protezione sociale ma, allo stesso tempo ne veicolava i rispettivi processi in modo complementare e disgiunto, con considerevoli effetti di settorializzazione del rapporto tra cittadini e istituzioni. Le politiche sociali, separate anche culturalmente da quelle di sviluppo, assumevano approcci di natura riparativa, prevalentemente indirizzati a problemi trattati alla stregua di deficienze individuali. Di qui, le logiche di intervento muovevano dal presupposto della passività dei cittadini, e dell’incapacità e illegittimità degli stessi, delle famiglie e delle istituzioni economiche a farsene carico. La crisi di questi sistemi ha veicolato la crescente importanza di logiche di governo e intervento nuove o precedentemente poco considerate, legittimandone le specifiche prerogative con modalità ed esiti differenti nei diversi paesi. In Italia, tale processo ha assunto piena legittimazione nel settore dell’assistenza con la riforma dei servizi sociali e le Leggi Regionali successivamente approvate. Queste ultime presentano alcune significative diversità nei modi in cui le logiche sono intese e combinate e, pur non delineando precisi modelli di riferimento, è importante comprendere verso quali approcci e criteri della relazione fra cittadini e istituzioni orientano l’azione assistenziale. L’analisi contenuta nel saggio tenta di delineare le principali caratteristiche di tali logiche e mette a fuoco alcune questioni trasversali che, investendo la programmazione, rivelano alcuni significati sottostanti le scelte compiute dai governi regionali e alcune questioni aperte.

Logiche di intervento e valore della cura: tra cittadini e istituzioni

VILLA, MATTEO
2009-01-01

Abstract

Fino agli anni settanta, nei paesi occidentali, il funzionamento del sistema di welfare era fortemente radicato nella logica di governo dello stato. Ciò era funzionale a tutelare sia l'accumulazione capitalistica che la protezione sociale ma, allo stesso tempo ne veicolava i rispettivi processi in modo complementare e disgiunto, con considerevoli effetti di settorializzazione del rapporto tra cittadini e istituzioni. Le politiche sociali, separate anche culturalmente da quelle di sviluppo, assumevano approcci di natura riparativa, prevalentemente indirizzati a problemi trattati alla stregua di deficienze individuali. Di qui, le logiche di intervento muovevano dal presupposto della passività dei cittadini, e dell’incapacità e illegittimità degli stessi, delle famiglie e delle istituzioni economiche a farsene carico. La crisi di questi sistemi ha veicolato la crescente importanza di logiche di governo e intervento nuove o precedentemente poco considerate, legittimandone le specifiche prerogative con modalità ed esiti differenti nei diversi paesi. In Italia, tale processo ha assunto piena legittimazione nel settore dell’assistenza con la riforma dei servizi sociali e le Leggi Regionali successivamente approvate. Queste ultime presentano alcune significative diversità nei modi in cui le logiche sono intese e combinate e, pur non delineando precisi modelli di riferimento, è importante comprendere verso quali approcci e criteri della relazione fra cittadini e istituzioni orientano l’azione assistenziale. L’analisi contenuta nel saggio tenta di delineare le principali caratteristiche di tali logiche e mette a fuoco alcune questioni trasversali che, investendo la programmazione, rivelano alcuni significati sottostanti le scelte compiute dai governi regionali e alcune questioni aperte.
2009
Villa, Matteo
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