La trasformazione della città medievale in quella rinascimentale, avviata diligentemente già da Cosimo il Vecchio e Lorenzo il Magnifico con alcuni eloquenti episodi architettonici e in seguito manifestata gloriosamente da Cosimo I, venne portata a compimento, dopo significative resistenze all’imposizione artistica fiorentina, per merito di Ferdinando I. A questa metamorfosi concorsero in modo determinante, assieme agli edifici religiosi e pubblici, le trasformazioni delle case-torri strette e alte in palazzi residenziali estesi orizzontalmente che, quasi sempre inglobando le strutture preesistenti, ne adeguarono gli impianti planovolumetrici e le facciate alla maniera moderna. Ricorrendo agli esempi più significativi, nel saggio vengono affrontati gli aspetti tipologico-stilistici (suggerendo anche la loro lettura critica) e vengono esami i contributi di loro artefici; si propone l’interpretazione delle dinamiche della renovatio nelle dimore nobiliari e del mutamento del volto urbano attuato in un arco cronologico dilatato tra la seconda metà del Quattrocento e i primi decenni del Seicento. Nel panorama delle iniziative quattrocentesche spicca l’episodio del Palazzo Arcivescovile: un singolare esempio dell’architettura ‘moderna all’antica’ esplicata non solo dal punto di vista formale, ma anche sotto quello tipologico e funzionale. In questo palazzo, eretto secondo un modello principesco che fonde la dimora privata dell'arcivescovo con gli ambienti privati dislocati attorno al peristilio festivamente italico,venne a materializzarsi una sintesi di cultura architettonica e plastica che, come a Pienza e Urbino, recepiva la nuova estetica albertiana, ma prendeva anche spunti dalla tradizione locale. Se nel XV secolo le iniziative sono scarse a causa della prima occupazione fiorentina, con la crescita della popolazione, stimolata dal miglioramento delle condizioni finanziarie, dalle attività di studio, di commercio e dalla fondazione dell’Ordine di Santo Stefano, e soprattutto grazie ai provvedimenti legislativi, dalla seconda metà del XVI secolo, si assisterà a una fioritura di interventi nelle dimore signorili. La valorizzazione del lungarno di tramontana promossa da Cosimo I - iniziata negli anni quaranta con la realizzazione del nuovo ingresso della Sapienza e continuata nei primi anni cinquanta con la trasformazione del Palazzo Vecchio dei Medici (cui facciata, plasmata col ricorso al marmo bianco, costituì per Pisa una novità e il punto di riferimento per le dimore successive) e con la rimodellazione della Piazza dei Cavoli - ebbe un effetto stimolante per il rinnovamento delle dimore gentilizie situate sulla stessa riva. Dal 1593 è documentato un fervore delle attività edilizie, ascrivibile alla fase di realizzazione di un piano ferdinandeo di riqualificazione urbana, mirato a trasformare la città in scenografie atte a rappresentare il potere del Principe. Si delinea un quadro variegato della percezione della cultura rinascimentale nelle dimore nobiliari pisane. Emerge, soprattutto, che le numerose e qualificate realizzazioni, pur trovando riferimento nelle scelte culturali a Firenze, per ovvie ragioni politiche, per la compresenza degli stessi committenti e artefici, manifestano anche notevoli peculiarità autoctone. Se con Cosimo I la città assiste al tentativo di una vera e propria “colonizzazione” artistica fiorentina, con Ferdinando I, propenso all’interpretazione autoctona degli ideali classici, si rileva una pluralità dei riferimenti culturali. La lezione fiorentina fu assorbita prevalentemente in maniera elaborata, riformulata in sfaccettature linguistiche e morfologiche diverse, divergendo negli impianti planivolumetrici dai prototipi della corte dominante, dispiegandosi spesso sugli impianti razionali e austeri dei prospetti e ricercando più volte la preziosità materica nei marmi che, segnalando significativamente il recupero dei modelli aulici e solenni, quasi nostalgicamente richiamavano anche la tradizione storica ben consolidata nella città antica.

Dimore nobiliari a Pisa e metamorfosi del volto urbano nel periodo mediceo

KARWACKA, EWA JOLANTA
2010-01-01

Abstract

La trasformazione della città medievale in quella rinascimentale, avviata diligentemente già da Cosimo il Vecchio e Lorenzo il Magnifico con alcuni eloquenti episodi architettonici e in seguito manifestata gloriosamente da Cosimo I, venne portata a compimento, dopo significative resistenze all’imposizione artistica fiorentina, per merito di Ferdinando I. A questa metamorfosi concorsero in modo determinante, assieme agli edifici religiosi e pubblici, le trasformazioni delle case-torri strette e alte in palazzi residenziali estesi orizzontalmente che, quasi sempre inglobando le strutture preesistenti, ne adeguarono gli impianti planovolumetrici e le facciate alla maniera moderna. Ricorrendo agli esempi più significativi, nel saggio vengono affrontati gli aspetti tipologico-stilistici (suggerendo anche la loro lettura critica) e vengono esami i contributi di loro artefici; si propone l’interpretazione delle dinamiche della renovatio nelle dimore nobiliari e del mutamento del volto urbano attuato in un arco cronologico dilatato tra la seconda metà del Quattrocento e i primi decenni del Seicento. Nel panorama delle iniziative quattrocentesche spicca l’episodio del Palazzo Arcivescovile: un singolare esempio dell’architettura ‘moderna all’antica’ esplicata non solo dal punto di vista formale, ma anche sotto quello tipologico e funzionale. In questo palazzo, eretto secondo un modello principesco che fonde la dimora privata dell'arcivescovo con gli ambienti privati dislocati attorno al peristilio festivamente italico,venne a materializzarsi una sintesi di cultura architettonica e plastica che, come a Pienza e Urbino, recepiva la nuova estetica albertiana, ma prendeva anche spunti dalla tradizione locale. Se nel XV secolo le iniziative sono scarse a causa della prima occupazione fiorentina, con la crescita della popolazione, stimolata dal miglioramento delle condizioni finanziarie, dalle attività di studio, di commercio e dalla fondazione dell’Ordine di Santo Stefano, e soprattutto grazie ai provvedimenti legislativi, dalla seconda metà del XVI secolo, si assisterà a una fioritura di interventi nelle dimore signorili. La valorizzazione del lungarno di tramontana promossa da Cosimo I - iniziata negli anni quaranta con la realizzazione del nuovo ingresso della Sapienza e continuata nei primi anni cinquanta con la trasformazione del Palazzo Vecchio dei Medici (cui facciata, plasmata col ricorso al marmo bianco, costituì per Pisa una novità e il punto di riferimento per le dimore successive) e con la rimodellazione della Piazza dei Cavoli - ebbe un effetto stimolante per il rinnovamento delle dimore gentilizie situate sulla stessa riva. Dal 1593 è documentato un fervore delle attività edilizie, ascrivibile alla fase di realizzazione di un piano ferdinandeo di riqualificazione urbana, mirato a trasformare la città in scenografie atte a rappresentare il potere del Principe. Si delinea un quadro variegato della percezione della cultura rinascimentale nelle dimore nobiliari pisane. Emerge, soprattutto, che le numerose e qualificate realizzazioni, pur trovando riferimento nelle scelte culturali a Firenze, per ovvie ragioni politiche, per la compresenza degli stessi committenti e artefici, manifestano anche notevoli peculiarità autoctone. Se con Cosimo I la città assiste al tentativo di una vera e propria “colonizzazione” artistica fiorentina, con Ferdinando I, propenso all’interpretazione autoctona degli ideali classici, si rileva una pluralità dei riferimenti culturali. La lezione fiorentina fu assorbita prevalentemente in maniera elaborata, riformulata in sfaccettature linguistiche e morfologiche diverse, divergendo negli impianti planivolumetrici dai prototipi della corte dominante, dispiegandosi spesso sugli impianti razionali e austeri dei prospetti e ricercando più volte la preziosità materica nei marmi che, segnalando significativamente il recupero dei modelli aulici e solenni, quasi nostalgicamente richiamavano anche la tradizione storica ben consolidata nella città antica.
2010
Karwacka, EWA JOLANTA
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