As a result of a pluridecennal stratification, laws on environmental protection of waters, especially seawaters, assemble in a regulatory framework that is still characterized by a considerable fragmentation, in which a wide array of subjects are entrusted with the functions of environmental protection and are assisted by a plurality of heterogeneous instruments. The traditional instruments are of a ‘command and control’ type, relying on clearance-based mechanisms to regulate the release in seawaters of polluting substances on behalf of a plurality of sources, both marine and terrestrial, or on the setting of threshold values for the concentrations of pollutants or of quality goals for the receiving bodies related to their chemical and physical characteristics. Over the years, legislators have added and overlapped to these ones other instruments, aiming at increasing the actual quality of seawaters by the introduction of standards and quality goals related to the «ecological» or «environmental status» of the receiving body-sea. Such an approach appears mature and therefore hardly disputed. Along with the undeniable positive qualities, though, the system presents some significant problematic aspects: this is mostly due to the protection actions being remitted by a same medium to different institutional subjects, depending on the waters in question being coastal or ‘tout-court’ marine; this then reverberates on the complex system of areas of competence, that still presents some uncertainties. Said approach, moreover, entails the usage of synergic measures, modelled after the social, environmental and economic context. The reaching of the quality goals requires therefore the employment of ‘strong’ instruments in terms of land and resources exploitment regulamentation, able to condition not only planning activities, but also single human activities. This demands the ponderation of the different interests at stake to be, while elaborating the strategies, especially accurate and aware of sustainability criteria.

Frutto di una stratificazione di decenni, la legislazione in materia di tutela delle acque, ed in particolare delle acque marine, dà vita ad un quadro normativo caratterizzato da una notevole frammentazione, in cui le funzioni di tutela risultano affidate ad un pluralità di soggetti diversi e sono assistite da una congerie di strumenti eterogenei. Ai tradizionali strumenti di command and control, fondati su meccanismi autorizzatori volti a regolamentare il rilascio in mare di sostanze inquinanti da parte di una molteplicità di sorgenti, sia terrestri che marine, ovvero sulla previsione di obiettivi di qualità dei corpi recettori ancorati al rispetto di certi parametri fisico-chimici oppure di valori-limite relativi alle concentrazioni di sostanze inquinanti, il legislatore ha infatti sovrapposto altri strumenti, che mirano a promuovere la qualità delle acque marine attraverso l’introduzione di obiettivi di qualità relativi allo «stato ecologico» o «ambientale» del corpo recettore-mare. Si tratta di un approccio maturo e come tale senz’altro condivisibile. Accanto agli innegabili pregi, il sistema presenta peraltro alcuni profili problematici, soprattutto per il fatto che, per quanto il medium sia lo stesso, le azioni di tutela sono demandate a soggetti diversi, a seconda che si tratti di acque costiere o di acque marine tout-court; ciò riverbera infatti sul riparto di competenze, che mostra qualche incertezza. Un approccio di questo genere, inoltre, comporta che si proceda attraverso misure sinergiche e modellate sul contesto ambientale, sociale, economico. Il raggiungimento degli obiettivi di qualità comporta quindi l’utilizzo di strumenti ‘forti’ di conformazione dell’uso del territorio e delle sue risorse, in grado di condizionare non solo le attività pianificatorie ma anche le singole attività umane. Questo richiede che, all’atto della elaborazione delle diverse strategie, la ponderazione dei diversi interessi in gioco risulti particolarmente accurata ed informata al criterio della sostenibilità.

La protezione del mare fra tutela delle acque marine e tutela delle acque costiere

LOLLI, ILARIA
2012-01-01

Abstract

As a result of a pluridecennal stratification, laws on environmental protection of waters, especially seawaters, assemble in a regulatory framework that is still characterized by a considerable fragmentation, in which a wide array of subjects are entrusted with the functions of environmental protection and are assisted by a plurality of heterogeneous instruments. The traditional instruments are of a ‘command and control’ type, relying on clearance-based mechanisms to regulate the release in seawaters of polluting substances on behalf of a plurality of sources, both marine and terrestrial, or on the setting of threshold values for the concentrations of pollutants or of quality goals for the receiving bodies related to their chemical and physical characteristics. Over the years, legislators have added and overlapped to these ones other instruments, aiming at increasing the actual quality of seawaters by the introduction of standards and quality goals related to the «ecological» or «environmental status» of the receiving body-sea. Such an approach appears mature and therefore hardly disputed. Along with the undeniable positive qualities, though, the system presents some significant problematic aspects: this is mostly due to the protection actions being remitted by a same medium to different institutional subjects, depending on the waters in question being coastal or ‘tout-court’ marine; this then reverberates on the complex system of areas of competence, that still presents some uncertainties. Said approach, moreover, entails the usage of synergic measures, modelled after the social, environmental and economic context. The reaching of the quality goals requires therefore the employment of ‘strong’ instruments in terms of land and resources exploitment regulamentation, able to condition not only planning activities, but also single human activities. This demands the ponderation of the different interests at stake to be, while elaborating the strategies, especially accurate and aware of sustainability criteria.
2012
9788895597133
Frutto di una stratificazione di decenni, la legislazione in materia di tutela delle acque, ed in particolare delle acque marine, dà vita ad un quadro normativo caratterizzato da una notevole frammentazione, in cui le funzioni di tutela risultano affidate ad un pluralità di soggetti diversi e sono assistite da una congerie di strumenti eterogenei. Ai tradizionali strumenti di command and control, fondati su meccanismi autorizzatori volti a regolamentare il rilascio in mare di sostanze inquinanti da parte di una molteplicità di sorgenti, sia terrestri che marine, ovvero sulla previsione di obiettivi di qualità dei corpi recettori ancorati al rispetto di certi parametri fisico-chimici oppure di valori-limite relativi alle concentrazioni di sostanze inquinanti, il legislatore ha infatti sovrapposto altri strumenti, che mirano a promuovere la qualità delle acque marine attraverso l’introduzione di obiettivi di qualità relativi allo «stato ecologico» o «ambientale» del corpo recettore-mare. Si tratta di un approccio maturo e come tale senz’altro condivisibile. Accanto agli innegabili pregi, il sistema presenta peraltro alcuni profili problematici, soprattutto per il fatto che, per quanto il medium sia lo stesso, le azioni di tutela sono demandate a soggetti diversi, a seconda che si tratti di acque costiere o di acque marine tout-court; ciò riverbera infatti sul riparto di competenze, che mostra qualche incertezza. Un approccio di questo genere, inoltre, comporta che si proceda attraverso misure sinergiche e modellate sul contesto ambientale, sociale, economico. Il raggiungimento degli obiettivi di qualità comporta quindi l’utilizzo di strumenti ‘forti’ di conformazione dell’uso del territorio e delle sue risorse, in grado di condizionare non solo le attività pianificatorie ma anche le singole attività umane. Questo richiede che, all’atto della elaborazione delle diverse strategie, la ponderazione dei diversi interessi in gioco risulti particolarmente accurata ed informata al criterio della sostenibilità.
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