Gli storici hanno poco studiato forme e luoghi di conservazione dei cereali anche per la povertà delle fonti scritte. Per la Toscana alto medievale buone informazioni vengono dai polittici del vescovato lucchese di fine IX sec., che ricordano granaria volti a immagazzinare i cereali. Essi non erano presenti in tutte le curtes, ma solo nelle più strutturate. Vi era raccolto solo il grano prodotto nel dominico: canoni in cereali dei massari erano rari. Il prodotto del massaricio, dunque, era conservato altrove in strutture differenti famigliari o di villaggio, forse i silos noti dall’archeologia. Le carte lucchesi e amiatine (sec. IX) confermano i dati dei polittici: due circuiti separati, uno dominicale (che faceva capo ai granaria curtensi), l’altro contadino non conoscibile dalle fonti scritte. Esse permettono inoltre di individuare alcuni granaria: strutture sia urbane che rurali, dall’importante valore economico e simbolico. I granaria infatti erano indicatori di status per le élites di villaggio. Da fine IX i livelli ci sono sempre meno utili sia per il generalizzarsi dei censi in denaro, che per il prevalere di livelli per intermediari. Notizie utili ricompaiono solo da metà XII sec., grazie ai contratti di “affitto” con canoni in cereali. Le carte di San Michele di Passignano, in Chianti, sono un buon campione di questa nuova realtà. Il panorama è ormai molto mutato: non ci sono più tracce di granaria e i cereali – sia quelli dei canoni, sia in mano ad operatori economici locali e a membri delle élites di villaggio – sono conservati in arce. Si tratta di contenitori rettangolari, talora di grandi dimensioni, spesso in legno, ma talora forse in pietra. La loro diffusione (ben attestata in tutta la regione) si spiega con la crescente commercializzazione dei cereali. La rapida circolazione del grano rendeva inutili i manufatti destinati a conservare i cereali a lungo termine. D’altronde le quantità di grano mosse dai flussi commerciali erano ancora tali, almeno in campagna, da rendere sufficienti manufatti di dimensioni ridotte rispetto ai granai e alle grandi fosse granarie che torneranno a dominare la scena dal Duecento in poi.

Luoghi e contenitori di stoccaggio dei cereali in Toscana (VIII-XII s.): le evidenze delle fonti scritte

COLLAVINI, SIMONE MARIA
2013-01-01

Abstract

Gli storici hanno poco studiato forme e luoghi di conservazione dei cereali anche per la povertà delle fonti scritte. Per la Toscana alto medievale buone informazioni vengono dai polittici del vescovato lucchese di fine IX sec., che ricordano granaria volti a immagazzinare i cereali. Essi non erano presenti in tutte le curtes, ma solo nelle più strutturate. Vi era raccolto solo il grano prodotto nel dominico: canoni in cereali dei massari erano rari. Il prodotto del massaricio, dunque, era conservato altrove in strutture differenti famigliari o di villaggio, forse i silos noti dall’archeologia. Le carte lucchesi e amiatine (sec. IX) confermano i dati dei polittici: due circuiti separati, uno dominicale (che faceva capo ai granaria curtensi), l’altro contadino non conoscibile dalle fonti scritte. Esse permettono inoltre di individuare alcuni granaria: strutture sia urbane che rurali, dall’importante valore economico e simbolico. I granaria infatti erano indicatori di status per le élites di villaggio. Da fine IX i livelli ci sono sempre meno utili sia per il generalizzarsi dei censi in denaro, che per il prevalere di livelli per intermediari. Notizie utili ricompaiono solo da metà XII sec., grazie ai contratti di “affitto” con canoni in cereali. Le carte di San Michele di Passignano, in Chianti, sono un buon campione di questa nuova realtà. Il panorama è ormai molto mutato: non ci sono più tracce di granaria e i cereali – sia quelli dei canoni, sia in mano ad operatori economici locali e a membri delle élites di villaggio – sono conservati in arce. Si tratta di contenitori rettangolari, talora di grandi dimensioni, spesso in legno, ma talora forse in pietra. La loro diffusione (ben attestata in tutta la regione) si spiega con la crescente commercializzazione dei cereali. La rapida circolazione del grano rendeva inutili i manufatti destinati a conservare i cereali a lungo termine. D’altronde le quantità di grano mosse dai flussi commerciali erano ancora tali, almeno in campagna, da rendere sufficienti manufatti di dimensioni ridotte rispetto ai granai e alle grandi fosse granarie che torneranno a dominare la scena dal Duecento in poi.
2013
Collavini, SIMONE MARIA
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
57 Collavini, Stoccaggio_compressed.pdf

solo utenti autorizzati

Tipologia: Versione finale editoriale
Licenza: NON PUBBLICO - Accesso privato/ristretto
Dimensione 5.78 MB
Formato Adobe PDF
5.78 MB Adobe PDF   Visualizza/Apri   Richiedi una copia

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/159737
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact