La variabilità con cui le letterature germaniche antiche rappresentano l’immagine di Attila, re degli Unni, figlio di Mundiuch e dominatore della scena politica europea nel 5° secolo, è da ricondurre, nel suo complesso, alla trasformazione leggendaria del personaggio, operata dalla cultura orale germanica, nonché alla manipolazione delle fonti storiografiche a lui coeve, per opera della cultura scritta d’origine cristiana. Fonti, queste (primo su tutti Prisco), orbitanti nella sfera della civiltà bizantina, che più a lungo di altre mantenne contatti con l’apparato politico di quella aggregazione multietnica al cui vertice dominava la dinastia unna. Il mondo occidentale entrò in contatto con gli Unni solo a seguito delle loro disastrose scorribande, che infransero gli ultimi precari equilibri intorno ai quali si aggregavano le vestigia occidentali di ciò che era stato l’Impero romano. In assenza dell’opinione diretta dello storico della corte ostrogota Cassiodoro, l’epitome alla sua opera, redatta più tardi da Jordanes, fornisce un’immagine di A. già fortemente rielaborata ed esemplata sul successo di un’ambasceria guidata da papa Leone; tale quadro, corroborato dalla vittoria dei Campi Catalaunici (451), si completa con la menzione di una morte assai poco eroica per epistassi, a seguito di un banchetto nuziale. Tale tradizione, ampliata ed enfatizzata dai successivi storici cristiani, costituisce probabilmente lo spunto per l’immagine del ‘flagello di Dio’, disgregatore dell’unità civile e morale della società. Il panorama fornito dalla letteratura epica germanica, si dipana invece in termini sensibilmente differenti. Dalla menzione piuttosto neutra del prestigio raggiunto da A. tra le popolazioni germaniche, nelle testimonianze anglosassoni, si passa all’immagine più articolata del mondo scandinavo. Qui A. incarna lo stereotipo del sovrano astuto, avido e crudele, progressivamente destinato ad un ruolo sempre più subalterno in cui è al tempo stesso artefice e vittima di un fato sfavorevole, che si manifesta attraverso una morte sempre legata alla vendetta di sangue. Astuto e spietato con i nemici, A. si dimostra nondimeno altrettanto ingenuo da non avvedersi delle oscure trame ordite intorno a lui.

“Sulla figura di Attila nelle letterature nordica antica e anglosassone”

BATTAGLIA, MARCO
1994-01-01

Abstract

La variabilità con cui le letterature germaniche antiche rappresentano l’immagine di Attila, re degli Unni, figlio di Mundiuch e dominatore della scena politica europea nel 5° secolo, è da ricondurre, nel suo complesso, alla trasformazione leggendaria del personaggio, operata dalla cultura orale germanica, nonché alla manipolazione delle fonti storiografiche a lui coeve, per opera della cultura scritta d’origine cristiana. Fonti, queste (primo su tutti Prisco), orbitanti nella sfera della civiltà bizantina, che più a lungo di altre mantenne contatti con l’apparato politico di quella aggregazione multietnica al cui vertice dominava la dinastia unna. Il mondo occidentale entrò in contatto con gli Unni solo a seguito delle loro disastrose scorribande, che infransero gli ultimi precari equilibri intorno ai quali si aggregavano le vestigia occidentali di ciò che era stato l’Impero romano. In assenza dell’opinione diretta dello storico della corte ostrogota Cassiodoro, l’epitome alla sua opera, redatta più tardi da Jordanes, fornisce un’immagine di A. già fortemente rielaborata ed esemplata sul successo di un’ambasceria guidata da papa Leone; tale quadro, corroborato dalla vittoria dei Campi Catalaunici (451), si completa con la menzione di una morte assai poco eroica per epistassi, a seguito di un banchetto nuziale. Tale tradizione, ampliata ed enfatizzata dai successivi storici cristiani, costituisce probabilmente lo spunto per l’immagine del ‘flagello di Dio’, disgregatore dell’unità civile e morale della società. Il panorama fornito dalla letteratura epica germanica, si dipana invece in termini sensibilmente differenti. Dalla menzione piuttosto neutra del prestigio raggiunto da A. tra le popolazioni germaniche, nelle testimonianze anglosassoni, si passa all’immagine più articolata del mondo scandinavo. Qui A. incarna lo stereotipo del sovrano astuto, avido e crudele, progressivamente destinato ad un ruolo sempre più subalterno in cui è al tempo stesso artefice e vittima di un fato sfavorevole, che si manifesta attraverso una morte sempre legata alla vendetta di sangue. Astuto e spietato con i nemici, A. si dimostra nondimeno altrettanto ingenuo da non avvedersi delle oscure trame ordite intorno a lui.
1994
Battaglia, Marco
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