Le aziende nel corso della loro attività si trovano a dover gestire un’ampia gamma di rischi che condizionano la loro capacità di creare valo-re. Il raggiungimento di tale obiettivo dipende, infatti, dall’abilità di riusci-re ad ottimizzare, in una prospettiva di medio/lungo termine, il rapporto ri-schio/rendimento attraverso l’implementazione di strategie e politiche ge-stionali che, se da un lato, mirano ad incrementare i risultati ottenuti, dall’altro, devono tener sotto controllo l’evoluzione dello stato di rischiosi-tà che caratterizza la combinazione produttiva. Tra le molteplici tipologie di rischi che le organizzazioni devono fron-teggiare, nel corso degli ultimi anni un’importanza maggiore è stata asse-gnata al rischio reputazionale, in virtù del fatto che la reputazione rappre-senta un elemento del patrimonio intangibile, divenuto sempre più rilevan-te per raggiungere buone performance competitive, reddituali e sociali. Godere di una buona reputazione agevola, infatti, la creazione e lo svi-luppo di relazioni fiduciarie con i molteplici interlocutori con cui l’azienda interagisce; rafforza il potere contrattuale nei confronti di clienti, fornitori, finanziatori e degli altri stakeholders; permette di attrarre e trattenere quelle risorse e competenze che possono avere effetti positivi sulla capacità di creare valore. In una delle indagini condotte dall’Economist nel 2005 sui rischi azien-dali è emerso che quello reputazionale è considerato dai risk manager la minaccia più pericolosa per l’operatività delle aziende (Economist Intelli-gence Unit 2005). L’importanza attribuita negli ultimi anni al tema della reputazione ha portato alla pubblicazione di un numero crescente di lavori, che hanno ana-lizzato l’argomento secondo prospettive diverse, concentrando l’attenzione su: problematiche strategiche e di management, approcci utilizzabili per misurare il valore del capitale reputazionale, l’influenza che la comunica-zione aziendale può esercitare sulla formazione del suddetto capitale, e, inoltre, anche su aspetti organizzativi e sociologici che assumono rilievo per un’efficace gestione della risorsa oggetto della nostra attenzione. Tra le prospettive di analisi che in quest’ultimo periodo stanno acqui-sendo un’importanza crescente, si colloca la gestione del rischio reputazio-nale. Tale visione focalizza la sua attenzione sull’insieme degli eventi che possono determinare un deterioramento della reputazione, e si propone di applicare i principi e le metodologie tipiche dei sistemi di risk management per la definizione di efficaci modelli di gestione del rischio reputazionale. In questa prospettiva di analisi, a cui guardano con attenzione sia azien-de del settore finanziario, in cui le esigenze di reputational risk manage-ment sono particolarmente avvertite anche per le pressioni indotte dalla normativa; sia le realtà operanti in altri contesti settoriali, ancora non si è giunti alla definizione di un modello teorico di analisi e gestione del rischio reputazionale, accettato e condiviso da studiosi ed operatori del settore. Se si considera la prassi aziendale emerge come, fatta eccezione per le aziende bancarie ed assicurative, la maggior parte delle organizzazioni non ha adottato delle metodologie strutturate per un’adeguata gestione degli aspetti legati alla loro reputazione e, più in particolare, dei rischi ad essa collegati. Come emerso da ricerche realizzate sull’argomento (Dalla Saga et al., 2007), le aziende sono coinvolte in azioni isolate per la gestione e il monitoraggio della reputazione ma, in moltissimi casi, non si sono ancora dotate di sistemi per identificare, valutare e gestire i fattori che influenzano il rischio reputazionale. In molte circostanze le aziende tendono a focalizzare le loro energie sul contenimento del danno reputazionale, per fronteggiare degli eventi che si sono già manifestati, utilizzando così un approccio “reattivo” con l’obiettivo di cercare di limitare il deterioramento del capitale reputazionale (Eccles et al., 2007). Sulla base delle considerazioni appena esposte, il presente articolo pro-pone un modello di gestione del rischio reputazionale che tenta di unire i modelli concettuali proposti in letteratura con la prassi operativa, con l’obiettivo di definire uno schema integrato per l’efficace gestione del ri-schio in esame. Tale obiettivo si inquadra in un progetto di ricerca più am-pio, che nella fase successiva prevede che il modello proposto sarà testato tramite un’indagine empirica su un numero selezionato di casi azindali. Per ritornare alla struttura del presente lavoro, l’articolo è organizzato nel modo seguente. Nella prima parte viene analizzato il concetto di reputazione e di rischio reputazionale, presentandone una precisa definizione. Nella seconda parte, invece, l’attenzione è focalizzata sulla descrizione del modello di reputational risk management e, in particolare, sulle tre fasi che lo compongono: l’identificazione, la valutazione e il fronteggiamento.

Un modello di gestione del rischio reputazionale. Dall'identificazione al fronteggiamento

D'ONZA, GIUSEPPE;
2013-01-01

Abstract

Le aziende nel corso della loro attività si trovano a dover gestire un’ampia gamma di rischi che condizionano la loro capacità di creare valo-re. Il raggiungimento di tale obiettivo dipende, infatti, dall’abilità di riusci-re ad ottimizzare, in una prospettiva di medio/lungo termine, il rapporto ri-schio/rendimento attraverso l’implementazione di strategie e politiche ge-stionali che, se da un lato, mirano ad incrementare i risultati ottenuti, dall’altro, devono tener sotto controllo l’evoluzione dello stato di rischiosi-tà che caratterizza la combinazione produttiva. Tra le molteplici tipologie di rischi che le organizzazioni devono fron-teggiare, nel corso degli ultimi anni un’importanza maggiore è stata asse-gnata al rischio reputazionale, in virtù del fatto che la reputazione rappre-senta un elemento del patrimonio intangibile, divenuto sempre più rilevan-te per raggiungere buone performance competitive, reddituali e sociali. Godere di una buona reputazione agevola, infatti, la creazione e lo svi-luppo di relazioni fiduciarie con i molteplici interlocutori con cui l’azienda interagisce; rafforza il potere contrattuale nei confronti di clienti, fornitori, finanziatori e degli altri stakeholders; permette di attrarre e trattenere quelle risorse e competenze che possono avere effetti positivi sulla capacità di creare valore. In una delle indagini condotte dall’Economist nel 2005 sui rischi azien-dali è emerso che quello reputazionale è considerato dai risk manager la minaccia più pericolosa per l’operatività delle aziende (Economist Intelli-gence Unit 2005). L’importanza attribuita negli ultimi anni al tema della reputazione ha portato alla pubblicazione di un numero crescente di lavori, che hanno ana-lizzato l’argomento secondo prospettive diverse, concentrando l’attenzione su: problematiche strategiche e di management, approcci utilizzabili per misurare il valore del capitale reputazionale, l’influenza che la comunica-zione aziendale può esercitare sulla formazione del suddetto capitale, e, inoltre, anche su aspetti organizzativi e sociologici che assumono rilievo per un’efficace gestione della risorsa oggetto della nostra attenzione. Tra le prospettive di analisi che in quest’ultimo periodo stanno acqui-sendo un’importanza crescente, si colloca la gestione del rischio reputazio-nale. Tale visione focalizza la sua attenzione sull’insieme degli eventi che possono determinare un deterioramento della reputazione, e si propone di applicare i principi e le metodologie tipiche dei sistemi di risk management per la definizione di efficaci modelli di gestione del rischio reputazionale. In questa prospettiva di analisi, a cui guardano con attenzione sia azien-de del settore finanziario, in cui le esigenze di reputational risk manage-ment sono particolarmente avvertite anche per le pressioni indotte dalla normativa; sia le realtà operanti in altri contesti settoriali, ancora non si è giunti alla definizione di un modello teorico di analisi e gestione del rischio reputazionale, accettato e condiviso da studiosi ed operatori del settore. Se si considera la prassi aziendale emerge come, fatta eccezione per le aziende bancarie ed assicurative, la maggior parte delle organizzazioni non ha adottato delle metodologie strutturate per un’adeguata gestione degli aspetti legati alla loro reputazione e, più in particolare, dei rischi ad essa collegati. Come emerso da ricerche realizzate sull’argomento (Dalla Saga et al., 2007), le aziende sono coinvolte in azioni isolate per la gestione e il monitoraggio della reputazione ma, in moltissimi casi, non si sono ancora dotate di sistemi per identificare, valutare e gestire i fattori che influenzano il rischio reputazionale. In molte circostanze le aziende tendono a focalizzare le loro energie sul contenimento del danno reputazionale, per fronteggiare degli eventi che si sono già manifestati, utilizzando così un approccio “reattivo” con l’obiettivo di cercare di limitare il deterioramento del capitale reputazionale (Eccles et al., 2007). Sulla base delle considerazioni appena esposte, il presente articolo pro-pone un modello di gestione del rischio reputazionale che tenta di unire i modelli concettuali proposti in letteratura con la prassi operativa, con l’obiettivo di definire uno schema integrato per l’efficace gestione del ri-schio in esame. Tale obiettivo si inquadra in un progetto di ricerca più am-pio, che nella fase successiva prevede che il modello proposto sarà testato tramite un’indagine empirica su un numero selezionato di casi azindali. Per ritornare alla struttura del presente lavoro, l’articolo è organizzato nel modo seguente. Nella prima parte viene analizzato il concetto di reputazione e di rischio reputazionale, presentandone una precisa definizione. Nella seconda parte, invece, l’attenzione è focalizzata sulla descrizione del modello di reputational risk management e, in particolare, sulle tre fasi che lo compongono: l’identificazione, la valutazione e il fronteggiamento.
2013
D'Onza, Giuseppe; Lamboglia, R.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/293147
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