Scivolate nella penombra storiografica, la figura e l’opera del dottor Romualdo Cilli (Pistoia 1711 - 9 agosto 1768) meritano maggiore attenzione di quanto non sia avvenuto sinora. Lo scopo di questo contributo è quello di proseguire nella ricerca per illuminare una personalità che lentamente sta emergendo, rivelandosi, ogni volta, di notevole importanza scientifica e culturale. In questa occasione si pubblicano sette lettere, scritte fra il 1754 e il 1765, inviate dal Cilli all’abate Antonio Niccolini, al quale egli si era rivolto per ottenere protezione, e anche un impiego dopo la morte improvvisa del Marchese Carlo Ginori (1757). Le lettere, spie di un carteggio probabilmente più ampio, a una prima comprensione possono apparire marginali, inviate dall’«Umilissimo, Divotissimo, Obbligatissimo Servo Vostro», uno tra i numerosi uomini al servizio del Niccolini, mentre acquistano ben altro significato se contestualizzate nella visione più ampia del legame con il Ginori, degli anni trascorsi dal Cilli alla foce del Cecina e del suo lavoro di bonifica in un territorio vicino al mare, disabitato e ammorbato dalla malaria. Le lettere rivelano le sagge ma inascoltate parole del Cilli straordinariamente profetiche per la bonifica e la creazione di saline presso Castiglione della Pescaia che si oppose al modo di operare secondo teorie in voga in quegli anni che non tenevano di conto dell’ambiente e della popolazione. Invece, gli anni a venire avrebbero mostrato la lungimiranza e la giustezza dell’operare proposto (ma purtroppo non seguito) da Romualdo Cilli, con il quale, secondo Giovanni Targioni Tozzetti che lo conobbe, «potrebbero ricevere notabili miglioramenti le nostre Maremme» e come aveva ben compreso il Marchese Carlo Ginori affidandogli, per circa un decennio, le proprie terre da bonificare e la nuova colonia alla foce del Cecina.

«Farle conoscere la mia gratitudine»: lettere di Romualdo Cilli all’abate Antonio Niccolini (1754-1765)

GALOPPINI, LAURA
2015-01-01

Abstract

Scivolate nella penombra storiografica, la figura e l’opera del dottor Romualdo Cilli (Pistoia 1711 - 9 agosto 1768) meritano maggiore attenzione di quanto non sia avvenuto sinora. Lo scopo di questo contributo è quello di proseguire nella ricerca per illuminare una personalità che lentamente sta emergendo, rivelandosi, ogni volta, di notevole importanza scientifica e culturale. In questa occasione si pubblicano sette lettere, scritte fra il 1754 e il 1765, inviate dal Cilli all’abate Antonio Niccolini, al quale egli si era rivolto per ottenere protezione, e anche un impiego dopo la morte improvvisa del Marchese Carlo Ginori (1757). Le lettere, spie di un carteggio probabilmente più ampio, a una prima comprensione possono apparire marginali, inviate dall’«Umilissimo, Divotissimo, Obbligatissimo Servo Vostro», uno tra i numerosi uomini al servizio del Niccolini, mentre acquistano ben altro significato se contestualizzate nella visione più ampia del legame con il Ginori, degli anni trascorsi dal Cilli alla foce del Cecina e del suo lavoro di bonifica in un territorio vicino al mare, disabitato e ammorbato dalla malaria. Le lettere rivelano le sagge ma inascoltate parole del Cilli straordinariamente profetiche per la bonifica e la creazione di saline presso Castiglione della Pescaia che si oppose al modo di operare secondo teorie in voga in quegli anni che non tenevano di conto dell’ambiente e della popolazione. Invece, gli anni a venire avrebbero mostrato la lungimiranza e la giustezza dell’operare proposto (ma purtroppo non seguito) da Romualdo Cilli, con il quale, secondo Giovanni Targioni Tozzetti che lo conobbe, «potrebbero ricevere notabili miglioramenti le nostre Maremme» e come aveva ben compreso il Marchese Carlo Ginori affidandogli, per circa un decennio, le proprie terre da bonificare e la nuova colonia alla foce del Cecina.
2015
Galoppini, Laura
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