Le principali tappe che hanno portato alla definizione della legislazione vigente nel settore biologico testimoniano un percorso piuttosto lungo e faticoso. L’iter legislativo ha preso inizio a livello comunitario nel 1991 (Reg. CE 2092/91) che successivamente subito modifiche e integrazioni. Per quanto concerne il comparto zootecnico le norme di produzione aziendale sono contenute nell’allegato B del Reg. Ce 1804/99. Questo regolamento ha trovato applicazione in Italia con il D.M. del 4 agosto 2000 ed in seguito con il D.M. 182/2001, che ne integrano e modificano alcuni punti. Infatti, l’applicazione pratica di alcuni concetti fondamentali della zootecnia biologica, quali lo stretto legame con la terra, il vincolo del pascolo ed il rispetto del benessere animale, richiede il rispetto di norme piuttosto severe e quindi escludenti gran parte degli allevatori che intendono attuare un metodo biologico di produzione (conversione) ma che premiano la serietà di altri che da anni producono biologico. Un aspetto che suscita notevoli controversie è appunto la normativa che regola le strutture. Infatti, il dimensionamento dei ricoveri, la gestione degli ambienti interni e delle aree esterne destinate agli animali sono punti chiave che differenziano la zootecnia convenzionale da quella biologica, nella quale le caratteristiche strutturali sono basate sul rispetto del benessere animale. Gli aspetti tecnici dell’allevamento biologico sono rappresentati principalmente dalla superficie stabulativa e libertà di movimento e dalla gestione delle strutture e delle attrezzature. I primi due punti sono strettamente collegati tra loro. Secondo il regolamento, gli animali dovrebbero poter accedere ad aree pascolative o a spiazzi erbosi ogniqualvolta le loro condizioni fisiologiche, quelle ambientali e lo stato del terreno lo consentano. Questa norma, oltre che al principio di tutela del benessere animale, risponde ad un altro forte principio della produzione biologica, che è quello del rapporto di complementarietà tra terra, vegetali e animali tale che “ la produzione senza terra non è conforme alle norme del presente regolamento”. L’utilizzo del pascolo, infatti, contribuisce anche allo sviluppo di un’agricoltura sostenibile e consente la salvaguardia e il miglioramento del suolo. Per non comprometterne la fertilità è fondamentale limitare l’impatto ambientale attraverso il dimensionamento animale o carico di animali per ettaro. Più che dare indicazioni sulla densità totale di animali nelle aziende zootecniche biologiche, il regolamento limita la quantità massima di deiezioni impiegabili a 170 kg di azoto per ettaro di superficie agricola utilizzabile all’anno. Il quantitativo di azoto è trasformabile in Unità Bovino Adulto (U.B.A.) prima ed in equivalenti alle altre specie e categorie, permettendo così la conversione dell’intero bestiame aziendale in un parametro uniforme secondo la seguente corrispondenza: 170 kg di N organico/Ha = 2 U.B.A./Ha. Gli animali al pascolo dovrebbero poter disporre di ripari dalle avversità climatiche, in funzione delle condizioni climatiche locali e delle razze allevate. Per quanto riguarda la densità animale relativamente alle superfici coperte e scoperte (spiazzi liberi) vengono fornite misure precise riportate nell’allegato VIII del testo di legge. Soprattutto per le aree coperte la densità animale rappresenta uno dei fattori che maggiormente influenza il benessere animale che, senza dubbio rappresenta il primario obiettivo dell’allevamento biologico, viene garantito da disposizioni circa gli spazi minimi da adottare per consentire agli animali di manifestare le loro esigenze biologiche e comportamentali, offrendo loro una superficie adeguata per stare in piedi liberamente, sdraiarsi, girarsi, pulirsi nonché svolgere gli altri movimenti naturali. In questa ottica la stabulazione fissa è vietata ma per questo principio sono previste deroghe (fino al 31/12/2010). Sugli aspetti che riguardano la gestione delle strutture e delle attrezzature il regolamento è sufficientemente dettagliato: i locali devono essere adeguatamente isolati e riscaldati, l’aerazione deve essere tale da garantire una sufficiente rimozione dei gas nocivi e delle polveri, la ventilazione e l’illuminazione devono essere naturali. Nell’ambito degli interventi di prevenzione sanitaria una particolare attenzione deve essere rivolta alla pulizia e disinfezione di fabbricati, recinti, attrezzature e utensili. A tale scopo possono essere utilizzati solo i prodotti elencati nell’allegato II, parte B, sezione 2. La rimozione di feci, urine e residui di cibo deve essere frequente. Ai mammiferi deve essere data la disponibilità di un giaciglio o un’area di riposo confortevole di superficie adeguata e con pavimento non fessurato. La lettiera, ampia e asciutta, sarà di paglia o altro materiale naturale. Per i suini in particolare le norme dettate dal regolamento cercano di rispondere al meglio alle caratteristiche comportamentali di questa specie: gli spazi devono essere sufficiente ampi da individuare una apposita area di defecazione e deve essere consentita l’esplicazione del grufolamento, anche ricorrendo ad appositi substrati; le scrofe devono essere allevate in gruppo per rispettare il loro istinto gregario ad eccezione di fasi fisiologiche delicate quali l’ultima fase di gravidanza e l’allattamento. E’ vietato l’utilizzo di gabbie o “flat decks” per i lattonzoli. Nello spirito di una gestione “ecocompatibile” dell’azienda biologica, l’allevatore può completare le scelte più puramente tecniche e zootecniche prestando attenzione anche al recupero di strutture rurali preesistenti e all’inserimento armonico di queste nel contesto paesaggistico Anche in considerazione di quest’ultimo aspetto si ribadisce lo stretto legame tra allevamento biologico e “qualità etica” delle produzioni, intendendo con questo termine il benessere animale e la tutela dell’ambiente e sicurezza dei prodotti ottenuti.

Aspetti strutturali dell'azienda zootecnica biologica

GIULIOTTI, LORELLA
2003-01-01

Abstract

Le principali tappe che hanno portato alla definizione della legislazione vigente nel settore biologico testimoniano un percorso piuttosto lungo e faticoso. L’iter legislativo ha preso inizio a livello comunitario nel 1991 (Reg. CE 2092/91) che successivamente subito modifiche e integrazioni. Per quanto concerne il comparto zootecnico le norme di produzione aziendale sono contenute nell’allegato B del Reg. Ce 1804/99. Questo regolamento ha trovato applicazione in Italia con il D.M. del 4 agosto 2000 ed in seguito con il D.M. 182/2001, che ne integrano e modificano alcuni punti. Infatti, l’applicazione pratica di alcuni concetti fondamentali della zootecnia biologica, quali lo stretto legame con la terra, il vincolo del pascolo ed il rispetto del benessere animale, richiede il rispetto di norme piuttosto severe e quindi escludenti gran parte degli allevatori che intendono attuare un metodo biologico di produzione (conversione) ma che premiano la serietà di altri che da anni producono biologico. Un aspetto che suscita notevoli controversie è appunto la normativa che regola le strutture. Infatti, il dimensionamento dei ricoveri, la gestione degli ambienti interni e delle aree esterne destinate agli animali sono punti chiave che differenziano la zootecnia convenzionale da quella biologica, nella quale le caratteristiche strutturali sono basate sul rispetto del benessere animale. Gli aspetti tecnici dell’allevamento biologico sono rappresentati principalmente dalla superficie stabulativa e libertà di movimento e dalla gestione delle strutture e delle attrezzature. I primi due punti sono strettamente collegati tra loro. Secondo il regolamento, gli animali dovrebbero poter accedere ad aree pascolative o a spiazzi erbosi ogniqualvolta le loro condizioni fisiologiche, quelle ambientali e lo stato del terreno lo consentano. Questa norma, oltre che al principio di tutela del benessere animale, risponde ad un altro forte principio della produzione biologica, che è quello del rapporto di complementarietà tra terra, vegetali e animali tale che “ la produzione senza terra non è conforme alle norme del presente regolamento”. L’utilizzo del pascolo, infatti, contribuisce anche allo sviluppo di un’agricoltura sostenibile e consente la salvaguardia e il miglioramento del suolo. Per non comprometterne la fertilità è fondamentale limitare l’impatto ambientale attraverso il dimensionamento animale o carico di animali per ettaro. Più che dare indicazioni sulla densità totale di animali nelle aziende zootecniche biologiche, il regolamento limita la quantità massima di deiezioni impiegabili a 170 kg di azoto per ettaro di superficie agricola utilizzabile all’anno. Il quantitativo di azoto è trasformabile in Unità Bovino Adulto (U.B.A.) prima ed in equivalenti alle altre specie e categorie, permettendo così la conversione dell’intero bestiame aziendale in un parametro uniforme secondo la seguente corrispondenza: 170 kg di N organico/Ha = 2 U.B.A./Ha. Gli animali al pascolo dovrebbero poter disporre di ripari dalle avversità climatiche, in funzione delle condizioni climatiche locali e delle razze allevate. Per quanto riguarda la densità animale relativamente alle superfici coperte e scoperte (spiazzi liberi) vengono fornite misure precise riportate nell’allegato VIII del testo di legge. Soprattutto per le aree coperte la densità animale rappresenta uno dei fattori che maggiormente influenza il benessere animale che, senza dubbio rappresenta il primario obiettivo dell’allevamento biologico, viene garantito da disposizioni circa gli spazi minimi da adottare per consentire agli animali di manifestare le loro esigenze biologiche e comportamentali, offrendo loro una superficie adeguata per stare in piedi liberamente, sdraiarsi, girarsi, pulirsi nonché svolgere gli altri movimenti naturali. In questa ottica la stabulazione fissa è vietata ma per questo principio sono previste deroghe (fino al 31/12/2010). Sugli aspetti che riguardano la gestione delle strutture e delle attrezzature il regolamento è sufficientemente dettagliato: i locali devono essere adeguatamente isolati e riscaldati, l’aerazione deve essere tale da garantire una sufficiente rimozione dei gas nocivi e delle polveri, la ventilazione e l’illuminazione devono essere naturali. Nell’ambito degli interventi di prevenzione sanitaria una particolare attenzione deve essere rivolta alla pulizia e disinfezione di fabbricati, recinti, attrezzature e utensili. A tale scopo possono essere utilizzati solo i prodotti elencati nell’allegato II, parte B, sezione 2. La rimozione di feci, urine e residui di cibo deve essere frequente. Ai mammiferi deve essere data la disponibilità di un giaciglio o un’area di riposo confortevole di superficie adeguata e con pavimento non fessurato. La lettiera, ampia e asciutta, sarà di paglia o altro materiale naturale. Per i suini in particolare le norme dettate dal regolamento cercano di rispondere al meglio alle caratteristiche comportamentali di questa specie: gli spazi devono essere sufficiente ampi da individuare una apposita area di defecazione e deve essere consentita l’esplicazione del grufolamento, anche ricorrendo ad appositi substrati; le scrofe devono essere allevate in gruppo per rispettare il loro istinto gregario ad eccezione di fasi fisiologiche delicate quali l’ultima fase di gravidanza e l’allattamento. E’ vietato l’utilizzo di gabbie o “flat decks” per i lattonzoli. Nello spirito di una gestione “ecocompatibile” dell’azienda biologica, l’allevatore può completare le scelte più puramente tecniche e zootecniche prestando attenzione anche al recupero di strutture rurali preesistenti e all’inserimento armonico di queste nel contesto paesaggistico Anche in considerazione di quest’ultimo aspetto si ribadisce lo stretto legame tra allevamento biologico e “qualità etica” delle produzioni, intendendo con questo termine il benessere animale e la tutela dell’ambiente e sicurezza dei prodotti ottenuti.
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