Avatar di James Cameron resterà probabilmente una pietra miliare nella storia del cinema per l’uso rivoluzionario di tecniche avanzatissime. Nel film prendiamo subito le parti dei Na’vi: uno straordinario dispiego di mezzi tecnologici ed economici viene paradossalmente messo al servizio di una visione antitecnologica e anticapitalistica. In realtà il paradosso è solo apparente, e tra veicolo formale e messaggio veicolato c’è un diretto rapporto di causa-effetto. Come ha scritto Russell D. Moore su The Christian Post: “Se riesci a condurre un cinema pieno di gente in Kentucky ad alzarsi e ad applaudire la sconfitta del loro paese in guerra, allora hai degli effetti speciali straordinari”. La potenza delle immagini produce un’illusione irresistibile, che ci può portare a rinnegare i nostri valori e la nostra identità senza farci sentire incoerenti. Tuttavia, se siamo in grado di passare dal piano percettivo-emotivo a quello riflessivo, notiamo che Avatar non ci propina solo una banale propaganda ecologista, ma può suggerire una serie di interrogativi più articolati. Per arrivare a formularli in maniera interessante, vorrei proporre un percorso filosofico che parta dalla constatazione del carattere “umanoide” dei Na’vi, dal loro essere anzi un alter ego degli uomini, per indagare le differenze sostanziali rintracciandole fin nelle rispettive modalità di costituzione dell’Io e seguendole nell’esplosione e nello svolgimento del conflitto. Infine svolgerò delle riflessioni tanto sull’opera in sé quanto su ciò che essa può insegnarci sui modi e limiti dell’esercizio umano della consapevolezza e dell’autoconsapevolezza.

Dalla costruzione dell’Io alla distruzione interplanetaria e ritorno: uomini, Na’vi e Avatar

SIANI, ALBERTO LEOPOLDO
Primo
2010-01-01

Abstract

Avatar di James Cameron resterà probabilmente una pietra miliare nella storia del cinema per l’uso rivoluzionario di tecniche avanzatissime. Nel film prendiamo subito le parti dei Na’vi: uno straordinario dispiego di mezzi tecnologici ed economici viene paradossalmente messo al servizio di una visione antitecnologica e anticapitalistica. In realtà il paradosso è solo apparente, e tra veicolo formale e messaggio veicolato c’è un diretto rapporto di causa-effetto. Come ha scritto Russell D. Moore su The Christian Post: “Se riesci a condurre un cinema pieno di gente in Kentucky ad alzarsi e ad applaudire la sconfitta del loro paese in guerra, allora hai degli effetti speciali straordinari”. La potenza delle immagini produce un’illusione irresistibile, che ci può portare a rinnegare i nostri valori e la nostra identità senza farci sentire incoerenti. Tuttavia, se siamo in grado di passare dal piano percettivo-emotivo a quello riflessivo, notiamo che Avatar non ci propina solo una banale propaganda ecologista, ma può suggerire una serie di interrogativi più articolati. Per arrivare a formularli in maniera interessante, vorrei proporre un percorso filosofico che parta dalla constatazione del carattere “umanoide” dei Na’vi, dal loro essere anzi un alter ego degli uomini, per indagare le differenze sostanziali rintracciandole fin nelle rispettive modalità di costituzione dell’Io e seguendole nell’esplosione e nello svolgimento del conflitto. Infine svolgerò delle riflessioni tanto sull’opera in sé quanto su ciò che essa può insegnarci sui modi e limiti dell’esercizio umano della consapevolezza e dell’autoconsapevolezza.
2010
Siani, ALBERTO LEOPOLDO
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