Con la guerra fredda si delineava uno scenario nel quale le tre maggiori superpotenze spostavano la competitività sul piano dell'informazione e dell'innovazione tecnologica, con l'ausilio di "quinte colonne". Il conflitto così controllato si trasformava in vantaggio, confermando il principio sistemico che la lotta fra le parti non è distruttiva ma è funzionale al mantenimento dell'ordine del sistema. Ma in URSS la crescita del complesso militare-industriale era ipertrofica a danno dell'industria civile, con diminuzione della produttività, stagnazione tecnica ed impoverimento del paese, causa della scomparsa dell'URSS. A sua volta la Russia entra in crisi per gravi problemi etnici e politico-sociali. Anche la Cina entra in crisi: alla politica di riforme economiche e di apertura all'estero si accompagnano lotte politiche di vertice, campagne contro corruzione e criminalità, scontri sociali e conflitti etnici, mentre persiste il nodo di Taiwan. Negli USA al successo politico internazionale si unisce quello economico. Il Paese diventa l'unica superpotenza mondiale, ma si aggrava lo scontro ideologico-culturale con movimenti di oppositori, interni ed esterni, con esplicito riferimento alla globalizzazione. La dissimetria delle forze in campo è solamente in apparenza a vantaggio dell'attore "statale": la nuova guerra asimmetrica produce la "disfatta del vincitore" se quest'ultimo non capisce meglio il suo avversario e non sa opporglisi con flessibilità, in maniera coerente su spazi diversi. E' una guerra soprattutto di informazione e comunicazione. Se la "disfatta del vincitore" sembra cominciare ad essere compresa dall'attrore "statale", nella conduzione politica non si vede ancora una capacità di capire meglio l'antagonista, probabilmente perchè la rete a maglie aperte di quest'ultimo, consentendogli congiungimento e scioglimento di elementi non sempre omogenei, ne maschera identità e strategia, trovando anche copertura nelle manifestazioni di dissenso interne all'Occidente. Comunque si vogliano intendere la dicotomia islamica del mondo (diviso in "casa della pace" dominata dagli islamici che vi applicano la "sharia", e "casa della guerra" dove gli islamici non comandano), lo spostamento dell'origine del conflitto dal piano ideologico a quello economico indebolisce l'attore politico, obbligandolo a impegni considerevoli di energia per obiettivi potenzialmente anche controproducenti.

Geopolitics and globalization

DA POZZO, CARLO
2004-01-01

Abstract

Con la guerra fredda si delineava uno scenario nel quale le tre maggiori superpotenze spostavano la competitività sul piano dell'informazione e dell'innovazione tecnologica, con l'ausilio di "quinte colonne". Il conflitto così controllato si trasformava in vantaggio, confermando il principio sistemico che la lotta fra le parti non è distruttiva ma è funzionale al mantenimento dell'ordine del sistema. Ma in URSS la crescita del complesso militare-industriale era ipertrofica a danno dell'industria civile, con diminuzione della produttività, stagnazione tecnica ed impoverimento del paese, causa della scomparsa dell'URSS. A sua volta la Russia entra in crisi per gravi problemi etnici e politico-sociali. Anche la Cina entra in crisi: alla politica di riforme economiche e di apertura all'estero si accompagnano lotte politiche di vertice, campagne contro corruzione e criminalità, scontri sociali e conflitti etnici, mentre persiste il nodo di Taiwan. Negli USA al successo politico internazionale si unisce quello economico. Il Paese diventa l'unica superpotenza mondiale, ma si aggrava lo scontro ideologico-culturale con movimenti di oppositori, interni ed esterni, con esplicito riferimento alla globalizzazione. La dissimetria delle forze in campo è solamente in apparenza a vantaggio dell'attore "statale": la nuova guerra asimmetrica produce la "disfatta del vincitore" se quest'ultimo non capisce meglio il suo avversario e non sa opporglisi con flessibilità, in maniera coerente su spazi diversi. E' una guerra soprattutto di informazione e comunicazione. Se la "disfatta del vincitore" sembra cominciare ad essere compresa dall'attrore "statale", nella conduzione politica non si vede ancora una capacità di capire meglio l'antagonista, probabilmente perchè la rete a maglie aperte di quest'ultimo, consentendogli congiungimento e scioglimento di elementi non sempre omogenei, ne maschera identità e strategia, trovando anche copertura nelle manifestazioni di dissenso interne all'Occidente. Comunque si vogliano intendere la dicotomia islamica del mondo (diviso in "casa della pace" dominata dagli islamici che vi applicano la "sharia", e "casa della guerra" dove gli islamici non comandano), lo spostamento dell'origine del conflitto dal piano ideologico a quello economico indebolisce l'attore politico, obbligandolo a impegni considerevoli di energia per obiettivi potenzialmente anche controproducenti.
2004
DA POZZO, Carlo
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