Per cogliere a pieno come la burocrazia italiana abbia rappresentato spesso l’incubatrice – in quanto di per sé “gruppo istituzionale” oltre che sede di innumerevoli nuclei associativi più circoscritti – di una versione deteriore e “corporativa” del capitale sociale viene analizzato il suo ruolo all’interno delle reti di corruzione sistemica. Attraverso questa lente “analitica” d’ingrandimento, infatti, viene in particolare evidenza come in quel contesto cerchie di soggetti operanti nella pubblica amministrazione anziché costruire “ponti” utili ad attivare circuiti di cooperazione “istituzionalizzata” con il mondo esterno, con la società civile e con l’universo della politica, finalizzati a un più efficace perseguimento degli interessi collettivi loro affidati, abbiamo invece “innalzato muri” per isolare da rischi e controlli esterni i partecipanti ai vari “comitati d’affari”, alle “cricche”, o agli altri invisibili aggregati associativi in cui le pratiche di corruzione e malamministrazione hanno affondato radici profonde, con tutto il loro portato di solidarietà necessarie e connivenze forzate. Il “capitale sociale” prodotto in questi circuiti risulta dunque funzionale solo agli interessi di coloro che sono interni alla “cerchia” della corruzione o “mala gestio” della cosa pubblica, o a chi entra con essi in più o meno stabili interazioni cooperative, a detrimento della collettività che vede lievitare non soltanto costi e inefficienze nel funzionamento delle strutture amministrative, ma anche opacità e imprevedibilità negli esiti dei corrispondenti processi decisionali.
Protetti, collusi, corrotti. I burocrati nelle reti della corruzione sistemica
VANNUCCI, ALBERTO
2017-01-01
Abstract
Per cogliere a pieno come la burocrazia italiana abbia rappresentato spesso l’incubatrice – in quanto di per sé “gruppo istituzionale” oltre che sede di innumerevoli nuclei associativi più circoscritti – di una versione deteriore e “corporativa” del capitale sociale viene analizzato il suo ruolo all’interno delle reti di corruzione sistemica. Attraverso questa lente “analitica” d’ingrandimento, infatti, viene in particolare evidenza come in quel contesto cerchie di soggetti operanti nella pubblica amministrazione anziché costruire “ponti” utili ad attivare circuiti di cooperazione “istituzionalizzata” con il mondo esterno, con la società civile e con l’universo della politica, finalizzati a un più efficace perseguimento degli interessi collettivi loro affidati, abbiamo invece “innalzato muri” per isolare da rischi e controlli esterni i partecipanti ai vari “comitati d’affari”, alle “cricche”, o agli altri invisibili aggregati associativi in cui le pratiche di corruzione e malamministrazione hanno affondato radici profonde, con tutto il loro portato di solidarietà necessarie e connivenze forzate. Il “capitale sociale” prodotto in questi circuiti risulta dunque funzionale solo agli interessi di coloro che sono interni alla “cerchia” della corruzione o “mala gestio” della cosa pubblica, o a chi entra con essi in più o meno stabili interazioni cooperative, a detrimento della collettività che vede lievitare non soltanto costi e inefficienze nel funzionamento delle strutture amministrative, ma anche opacità e imprevedibilità negli esiti dei corrispondenti processi decisionali.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.