L'opera di Wolfgang Hildesheimer (1916-1991) sta progressivamente scomparendo dalla coscienza letteraria odierna, quasi a conferma della definizione che l'io di Vergebliche Aufzeichnungen (1962) dà della propria scrittura: uno sforzo tanto onesto quanto inutile. A metà degli anni Settanta, nel noto discorso The End of Fiction, l'autore prende le distanze da certe tendenze della letteratura contemporanea, parlando della fine dell'epoca delle grandi finzioni narrative a seguito della cesura storica dei campi di sterminio, una realtà questa, che egli aveva conosciuto da vicino durante la sua attività di interprete a Norimberga e alla quale, come ebreo, era sfuggito grazie all'emigrazione della famiglia in Palestina. Qualche anno dopo, Hildesheimer estremizza la sua posizione e sceglie il silenzio, affermando l'impossibilità della letteratura in un mondo «senza amore». La poetica dell'assurdo, soggiacente a tutta la sua produzione letteraria, trova in questo giudizio disincantato e radicale sulla storia la sua espressione più decisa. La sempre più marcata (auto-)marginalizzazione dell'autore è legata a tale giudizio, che, d'altro canto, testimonia ex negativo un'idea molto alta della scrittura letteraria: essa segna l'opera di Hildesheimer, la quale, radicata nella tradizione occidentale, si delinea come un progetto estetico ed etico di resistenza alla violenza e alla sua rimozione dalla memoria collettiva e culturale. Pur rifiutando posizioni conservatrici e restando sempre sensibile alle problematiche del suo tempo, Hildesheimer non ha creduto nell'efficacia della cosiddetta letteratura impegnata; sul solco della grande letteratura modernista europea, di cui è stato importante traduttore, e qualche anno dopo il successo delle Lieblose Legenden (1952), ha scelto piuttosto una scrittura della coscienza per avvicinarsi a quella «dimensione Auschwitz» apparentemente scomparsa dalla realtà ma ancora presente - questa almeno la sua convinzione - se non nel conscio, almeno nel subconscio. L'attenzione alla soggettività, intesa non come rifugio dalla realtà bensì come il luogo della sua sedimentazione più profonda, caratterizza anche la partecipazione di Hildesheimer al discorso musicale e artistico, cui ha contribuito in modo significativo e, per quegli anni, nuovo, coniugando indagine soggettiva e ricerca storica di fonti e documenti. Questo numero di «Cultura Tedesca» rappresenta il primo studio italiano sistematico su Hildesheimer e propone un percorso di analisi su un'opera ancora capace di interessare e il cui valore letterario la critica internazionale, in particolare tedesca, ha riconosciuto da tempo. Il percorso ha preso avvio da un convegno tenutosi presso l'Università di Pisa nel dicembre 2016, in occasione del centenario della nascita dell'autore. L'assunzione di un'ottica necessariamente storica e interdisciplinare, così come la trattazione di testi e temi finora scarsamente studiati, fanno del volume un contributo originale alla ricerca sull'autore e sulla letteratura tedesca del secondo Novecento.

Wolfgang Hildesheimer

Serena Grazzini
2018-01-01

Abstract

L'opera di Wolfgang Hildesheimer (1916-1991) sta progressivamente scomparendo dalla coscienza letteraria odierna, quasi a conferma della definizione che l'io di Vergebliche Aufzeichnungen (1962) dà della propria scrittura: uno sforzo tanto onesto quanto inutile. A metà degli anni Settanta, nel noto discorso The End of Fiction, l'autore prende le distanze da certe tendenze della letteratura contemporanea, parlando della fine dell'epoca delle grandi finzioni narrative a seguito della cesura storica dei campi di sterminio, una realtà questa, che egli aveva conosciuto da vicino durante la sua attività di interprete a Norimberga e alla quale, come ebreo, era sfuggito grazie all'emigrazione della famiglia in Palestina. Qualche anno dopo, Hildesheimer estremizza la sua posizione e sceglie il silenzio, affermando l'impossibilità della letteratura in un mondo «senza amore». La poetica dell'assurdo, soggiacente a tutta la sua produzione letteraria, trova in questo giudizio disincantato e radicale sulla storia la sua espressione più decisa. La sempre più marcata (auto-)marginalizzazione dell'autore è legata a tale giudizio, che, d'altro canto, testimonia ex negativo un'idea molto alta della scrittura letteraria: essa segna l'opera di Hildesheimer, la quale, radicata nella tradizione occidentale, si delinea come un progetto estetico ed etico di resistenza alla violenza e alla sua rimozione dalla memoria collettiva e culturale. Pur rifiutando posizioni conservatrici e restando sempre sensibile alle problematiche del suo tempo, Hildesheimer non ha creduto nell'efficacia della cosiddetta letteratura impegnata; sul solco della grande letteratura modernista europea, di cui è stato importante traduttore, e qualche anno dopo il successo delle Lieblose Legenden (1952), ha scelto piuttosto una scrittura della coscienza per avvicinarsi a quella «dimensione Auschwitz» apparentemente scomparsa dalla realtà ma ancora presente - questa almeno la sua convinzione - se non nel conscio, almeno nel subconscio. L'attenzione alla soggettività, intesa non come rifugio dalla realtà bensì come il luogo della sua sedimentazione più profonda, caratterizza anche la partecipazione di Hildesheimer al discorso musicale e artistico, cui ha contribuito in modo significativo e, per quegli anni, nuovo, coniugando indagine soggettiva e ricerca storica di fonti e documenti. Questo numero di «Cultura Tedesca» rappresenta il primo studio italiano sistematico su Hildesheimer e propone un percorso di analisi su un'opera ancora capace di interessare e il cui valore letterario la critica internazionale, in particolare tedesca, ha riconosciuto da tempo. Il percorso ha preso avvio da un convegno tenutosi presso l'Università di Pisa nel dicembre 2016, in occasione del centenario della nascita dell'autore. L'assunzione di un'ottica necessariamente storica e interdisciplinare, così come la trattazione di testi e temi finora scarsamente studiati, fanno del volume un contributo originale alla ricerca sull'autore e sulla letteratura tedesca del secondo Novecento.
2018
978-88-5754-753-4
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/909732
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