Introduzione. La valutazione comportamentale, con l´analisi funzionale (AF) come pietra angolare, fu proposta in origine come una procedura indissociabile dalla terapia comportamentale, e come alternativa di maggiore utilità clinica –o validità di trattamento- rispetto a strategie di valutazione tradizionale. Tuttavia, la sua presunta maggiore validità non è stata ancora dimostrata. Per di più, l´AF non è stata nemmeno usata in modo generalizzato, né nel settore della ricerca né nell´applicazione clinica (Haynes y O´Bryen, 1990; Scotti et al., 1993). Al contrario, la terapia comportamentale viene di solito preceduta da procedure di valutazione di carattere nosologico o ampiamente orientate verso gli aspetti topografici del comportamento (quali la diagnosi tradizionale o la strategia del “target behavior”). In questo modo, la terapia comportamentale procede indipendentemente dai principi concettuali sui quali si basa, rendendo difficile l´interpretazione dei suoi risultati. È naturale quindi domandarsi se tali risultati sarebbero migliori se il trattamento fosse pianificato in accordo all´AF. Lo studio qui presentato confronta l´utilità clinica della valutazione comportamentale e di strategie di valutazione e intervento di carattere nomotetico. Lo studio si sviluppa nel settore dell´obesità, dove, come in altri settori, l´AF è stata ampiamente trascurata. Metodo. 120 soggetti obesi sono stati assegnati a una delle seguenti condizioni di terapia comportamentale: a) standard applicata in contesto di gruppo, b) standard applicata individualmente, c) pianificata in accordo ai risultati dell´AF e applicata individualmente. Sono stati misurati: il peso, l´adiposità sottocutanea e le abitudini alimentari e di attività nel pre-trattamento, post-trattamento e 12 mesi dopo la fine degli interventi. Risultati. I risultati delle Analisi di Covarianza (ANCOVA) effettuate indicano che i partecipanti nella condizione di terapia pianificata in accordo all´AF aumentano il livello d´attività e perdono tessuto adiposo in maggior quantità che i partecipanti nelle condizioni d´intervento standard. Conclusioni. La valutazione comportamentale dell´obesità e la conseguente pianificazione degli interventi hanno una maggiore utilità clinica dei trattamenti standard derivati da un approccio nosologico simile a quelli che di solito vengono applicati o valutati nella ricerca. D´altra parte, e a partire delle limitazioni proprie dello studio, si sottolinea che sebbene la affidabilità e validità dell´AF debbano essere dimostrate e non presunte (come è stato evidenziato recentemente da Emmelkamp, 2004), questo compito dovrebbe essere affrontato solo dopo lo sviluppo di un sistema di classificazione funzionale che faccia diminuire l´imprecisione che, per la sua idiosincrasia, caratterizza il processo di valutazione comportamentale. È quindi necessaria l´individuazione di unità funzionali di comportamento definite dai loro stessi principi esplicativi e, quindi, collegate ai processi sui quali agiscono in modo differenziale le procedure d´intervento comportamentale (secondo la linea proposta da Hayes et al., 1996 con la categoria “experiential avoidance”).

Utilità clinica dell´analisi funzionale per il trattamento comportamentale dell´obesità

BERROCAL MONTIEL, CARMEN
2005-01-01

Abstract

Introduzione. La valutazione comportamentale, con l´analisi funzionale (AF) come pietra angolare, fu proposta in origine come una procedura indissociabile dalla terapia comportamentale, e come alternativa di maggiore utilità clinica –o validità di trattamento- rispetto a strategie di valutazione tradizionale. Tuttavia, la sua presunta maggiore validità non è stata ancora dimostrata. Per di più, l´AF non è stata nemmeno usata in modo generalizzato, né nel settore della ricerca né nell´applicazione clinica (Haynes y O´Bryen, 1990; Scotti et al., 1993). Al contrario, la terapia comportamentale viene di solito preceduta da procedure di valutazione di carattere nosologico o ampiamente orientate verso gli aspetti topografici del comportamento (quali la diagnosi tradizionale o la strategia del “target behavior”). In questo modo, la terapia comportamentale procede indipendentemente dai principi concettuali sui quali si basa, rendendo difficile l´interpretazione dei suoi risultati. È naturale quindi domandarsi se tali risultati sarebbero migliori se il trattamento fosse pianificato in accordo all´AF. Lo studio qui presentato confronta l´utilità clinica della valutazione comportamentale e di strategie di valutazione e intervento di carattere nomotetico. Lo studio si sviluppa nel settore dell´obesità, dove, come in altri settori, l´AF è stata ampiamente trascurata. Metodo. 120 soggetti obesi sono stati assegnati a una delle seguenti condizioni di terapia comportamentale: a) standard applicata in contesto di gruppo, b) standard applicata individualmente, c) pianificata in accordo ai risultati dell´AF e applicata individualmente. Sono stati misurati: il peso, l´adiposità sottocutanea e le abitudini alimentari e di attività nel pre-trattamento, post-trattamento e 12 mesi dopo la fine degli interventi. Risultati. I risultati delle Analisi di Covarianza (ANCOVA) effettuate indicano che i partecipanti nella condizione di terapia pianificata in accordo all´AF aumentano il livello d´attività e perdono tessuto adiposo in maggior quantità che i partecipanti nelle condizioni d´intervento standard. Conclusioni. La valutazione comportamentale dell´obesità e la conseguente pianificazione degli interventi hanno una maggiore utilità clinica dei trattamenti standard derivati da un approccio nosologico simile a quelli che di solito vengono applicati o valutati nella ricerca. D´altra parte, e a partire delle limitazioni proprie dello studio, si sottolinea che sebbene la affidabilità e validità dell´AF debbano essere dimostrate e non presunte (come è stato evidenziato recentemente da Emmelkamp, 2004), questo compito dovrebbe essere affrontato solo dopo lo sviluppo di un sistema di classificazione funzionale che faccia diminuire l´imprecisione che, per la sua idiosincrasia, caratterizza il processo di valutazione comportamentale. È quindi necessaria l´individuazione di unità funzionali di comportamento definite dai loro stessi principi esplicativi e, quindi, collegate ai processi sui quali agiscono in modo differenziale le procedure d´intervento comportamentale (secondo la linea proposta da Hayes et al., 1996 con la categoria “experiential avoidance”).
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/93624
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact