Fo giullarista e istriomane, dal 1969 al ’70, crea i suoi due capolavori: inventa il complesso organismo di “Mistero buffo”, che si mobiliterà al suo interno sotto il profilo drammaturgico e linguistico e quello mimico-gestico-spettacolare, inaugurando un genere ricco di filiazioni, ed approda, con “Morte accidentale di un anarchico”, al risultato più alto della sua sperimentazione nell’ambito della commedia grottesca o tragi-comica, finalizzata ad una controinformazione scottante ma comicamente decantata. Anche per Fo vale (in questi anni difficili ma pieni di senso generoso del futuro) il termine “utopia”: la grande utopia giullarista di “Mistero buffo”, attraverso il binomio follia-recitazione, nutre segretamente un’anticommedia come “Morte accidentale...”, dove un matto “illecito”, in quanto tale, diventa “lecito” in quanto attore e teatrante, inscenando una contro-inchiesta ispirata alla più tremenda attualità, che fa, non disperatamente, ridere. Riesce a produrre tante momentanee “anestesie del cuore” (Bergson), mentre denuncia la più assurda follia di un mondo di prepotenti sciocchi e pericolosi, proprio perché conserva l’audacia dei mitici “giullari del popolo”. La comicità correttiva bergsoniana (ma il cui bersaglio sono qui società e istituzioni) e quella trasgressiva bachtiniana, carnevalesca e scoronante, s’incontrano in un’opera progettualmente, drammaturgicamente frammentaria, costruita su un montaggio delle attrazioni, al fondo violenta quanto leggera in superficie.

"Dario Fo, giullarista e istriomane"

BARSOTTI, ANNA
2005-01-01

Abstract

Fo giullarista e istriomane, dal 1969 al ’70, crea i suoi due capolavori: inventa il complesso organismo di “Mistero buffo”, che si mobiliterà al suo interno sotto il profilo drammaturgico e linguistico e quello mimico-gestico-spettacolare, inaugurando un genere ricco di filiazioni, ed approda, con “Morte accidentale di un anarchico”, al risultato più alto della sua sperimentazione nell’ambito della commedia grottesca o tragi-comica, finalizzata ad una controinformazione scottante ma comicamente decantata. Anche per Fo vale (in questi anni difficili ma pieni di senso generoso del futuro) il termine “utopia”: la grande utopia giullarista di “Mistero buffo”, attraverso il binomio follia-recitazione, nutre segretamente un’anticommedia come “Morte accidentale...”, dove un matto “illecito”, in quanto tale, diventa “lecito” in quanto attore e teatrante, inscenando una contro-inchiesta ispirata alla più tremenda attualità, che fa, non disperatamente, ridere. Riesce a produrre tante momentanee “anestesie del cuore” (Bergson), mentre denuncia la più assurda follia di un mondo di prepotenti sciocchi e pericolosi, proprio perché conserva l’audacia dei mitici “giullari del popolo”. La comicità correttiva bergsoniana (ma il cui bersaglio sono qui società e istituzioni) e quella trasgressiva bachtiniana, carnevalesca e scoronante, s’incontrano in un’opera progettualmente, drammaturgicamente frammentaria, costruita su un montaggio delle attrazioni, al fondo violenta quanto leggera in superficie.
2005
Barsotti, Anna
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