Il problema della presenza e della frequenza dei tumori maligni nelle popolazioni antiche è stato a lungo oggetto di dibattito in Storia della Medicina e in Paleopatologia. Se alcuni studiosi hanno ritenuto che l’incidenza dei tumori maligni in passato fosse molto rara (1) o addirittura inesistente, il numero di casi pubblicati in letteratura, anche se distribuiti in un arco temporale e in un ambito geografico molto ampi smentisce oltre ogni dubbio questa visione. Occorre considerare però che solo recentemente l’attenzione degli studiosi si è rivolta alla ricerca di patologie neoplastiche nei resti umani antichi. In passato l’interesse degli antropologi era rivolto soprattutto agli studi craniologici e razziali piuttosto che a quelli paleopatologici; inoltre, gli antropologi stessi non possedevano la preparazione necessaria per individuare le manifestazioni macroscopiche delle neoplasie. È quindi probabile che molti casi non siano stati diagnosticati e registrati correttamente. Va tuttavia precisato che se attualmente i tumori rappresentano la seconda causa di morte dopo le malattie cardiovascolari (6), ciò non può essere ritenuto valido per il passato. Infatti, secondo gli studi più recenti, la patologia neoplastica era presente, ma la sua incidenza era certamente molto meno elevata per una serie di motivi. In particolare, l’età media della vita era molto inferiore rispetto all’epoca attuale: in altri termini gli individui generalmente morivano prima di raggiungere la quarta o la quinta decade di vita, che costituiscono le fasce d’età dopo le quali si concentra la più alta probabilità di sviluppare il cancro. Inoltre, non esistevano in passato molti dei fattori ambientali che attualmente rivestono un ruolo di rilievo nella promozione neoplastica, come l’inquinamento, il fumo di sigaretta, alcuni farmaci, ecc. Questa considerazione tuttavia non deve far dimenticare che erano comunque presenti agenti cancerogeni naturali, come le radiazioni ultraviolette, alcune sostanze chimiche presenti nei cibi conservati e i virus oncogeni. Emerge chiaramente che a giocare un ruolo fondamentale nell’insorgenza dei tumori nell’Antichità dovevano essere soprattutto i fattori ambientali e culturali. Questi sono legati alle condizioni climatiche, ai modi di sussistenza e allo “stile di vita” dei diversi gruppi umani (paradigmatico resta il fumo di sigaretta per il mondo occidentale), tutti fattori che contribuiscono alla distribuzione e all'incidenza dei tumori maligni per aree geografiche e per periodi storici.
Il problema del cancro nell'Antichità
Fornaciari g
2020-01-01
Abstract
Il problema della presenza e della frequenza dei tumori maligni nelle popolazioni antiche è stato a lungo oggetto di dibattito in Storia della Medicina e in Paleopatologia. Se alcuni studiosi hanno ritenuto che l’incidenza dei tumori maligni in passato fosse molto rara (1) o addirittura inesistente, il numero di casi pubblicati in letteratura, anche se distribuiti in un arco temporale e in un ambito geografico molto ampi smentisce oltre ogni dubbio questa visione. Occorre considerare però che solo recentemente l’attenzione degli studiosi si è rivolta alla ricerca di patologie neoplastiche nei resti umani antichi. In passato l’interesse degli antropologi era rivolto soprattutto agli studi craniologici e razziali piuttosto che a quelli paleopatologici; inoltre, gli antropologi stessi non possedevano la preparazione necessaria per individuare le manifestazioni macroscopiche delle neoplasie. È quindi probabile che molti casi non siano stati diagnosticati e registrati correttamente. Va tuttavia precisato che se attualmente i tumori rappresentano la seconda causa di morte dopo le malattie cardiovascolari (6), ciò non può essere ritenuto valido per il passato. Infatti, secondo gli studi più recenti, la patologia neoplastica era presente, ma la sua incidenza era certamente molto meno elevata per una serie di motivi. In particolare, l’età media della vita era molto inferiore rispetto all’epoca attuale: in altri termini gli individui generalmente morivano prima di raggiungere la quarta o la quinta decade di vita, che costituiscono le fasce d’età dopo le quali si concentra la più alta probabilità di sviluppare il cancro. Inoltre, non esistevano in passato molti dei fattori ambientali che attualmente rivestono un ruolo di rilievo nella promozione neoplastica, come l’inquinamento, il fumo di sigaretta, alcuni farmaci, ecc. Questa considerazione tuttavia non deve far dimenticare che erano comunque presenti agenti cancerogeni naturali, come le radiazioni ultraviolette, alcune sostanze chimiche presenti nei cibi conservati e i virus oncogeni. Emerge chiaramente che a giocare un ruolo fondamentale nell’insorgenza dei tumori nell’Antichità dovevano essere soprattutto i fattori ambientali e culturali. Questi sono legati alle condizioni climatiche, ai modi di sussistenza e allo “stile di vita” dei diversi gruppi umani (paradigmatico resta il fumo di sigaretta per il mondo occidentale), tutti fattori che contribuiscono alla distribuzione e all'incidenza dei tumori maligni per aree geografiche e per periodi storici.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.