Il referendum costituzionale del 2020 ha chiesto di scegliere se mantenere 945 membri del Parlamento o ridurlo di circa un terzo. Al di là delle ragioni del “Si” e del “No”, la riduzione del numero dei parlamentari aumenta il valore marginale della rappresentanza, sia in Assemblea che nelle Commissioni: le maggioranze (e quindi il Governo) dipenderanno da pochi, pochissimi parlamentari e questa probabilmente è la ragione per cui i due partiti che maggiormente ambivano al Governo della Repubblica in Costituente erano favorevoli ad aumentare i parlamentari rispetto all’esperienza statutaria. Non volevano che le maggioranze che avrebbero costruito dipendessero da pochi voti. Nello stesso tempo, il mero taglio dei parlamentari non risolve né i problemi di percezione né quelli di funzionalità che da tempo affliggono la democrazia rappresentativa in Italia e che esigono sia una seria stabilizzazione della legislazione elettorale sia un’accurata revisione dei regolamenti parlamentari. La riduzione del numero dei parlamentari non è necessariamente collegata a una modifica in senso interamente proporzionale del sistema elettorale e, nello stesso tempo, la legge elettorale che entrerà in vigore per effetto dell’approvazione del referendum pone non pochi problemi soprattutto perché le unità di riparto dei seggi non saranno omogenee fra di loro, sicché si avranno deputati eletti con oltre un milione di cittadini da rappresentare e altri che non supereranno i centomila. Organi e quorum nei regolamenti parlamentari possono essere rivisti anche solo sul piano aritmetico. Tuttavia la crisi degli ultimi anni pone l’esigenza di ripensare il modo in cui il Parlamento opera e perciò viene percepito dalla opinione pubblica. Il paradosso della riforma, però, è che una parte significativa dei parlamentari che compongono l’attuale maggioranza di Governo potrebbe non essere rieletta nella prossima legislatura e quindi non ha alcun interesse a mettere mano alle ulteriori riforme conseguenti alla riduzione del numero dei parlamentari (legge elettorale e regolamenti parlamentari) perché il completamento del disegno di riforma potrebbe accelerare la fine della legislatura e quindi il termine di una esperienza ritenuta da questi parlamentari irripetibile. Questo volume si interroga sulle riforme necessarie ed opportune – ma, purtroppo, anche improbabili – che il taglio dei parlamentari impone. Lo fa riprendendo l’intervento dell’Autore a un seminario organizzato dal Dipartimento di giurisprudenza dell’Università di Pisa e dall’Istituto Dirpolis della Scuola Superiore Sant’Anna, il 25 e il 26 giugno 2020, di cui saranno presto pubblicato gli atti, con il contributo dell’Università di Pisa.

Temeraria l'inerzia. Il taglio dei parlamentari e le sue conseguenze

Conti, Gian Luca
Primo
2020-01-01

Abstract

Il referendum costituzionale del 2020 ha chiesto di scegliere se mantenere 945 membri del Parlamento o ridurlo di circa un terzo. Al di là delle ragioni del “Si” e del “No”, la riduzione del numero dei parlamentari aumenta il valore marginale della rappresentanza, sia in Assemblea che nelle Commissioni: le maggioranze (e quindi il Governo) dipenderanno da pochi, pochissimi parlamentari e questa probabilmente è la ragione per cui i due partiti che maggiormente ambivano al Governo della Repubblica in Costituente erano favorevoli ad aumentare i parlamentari rispetto all’esperienza statutaria. Non volevano che le maggioranze che avrebbero costruito dipendessero da pochi voti. Nello stesso tempo, il mero taglio dei parlamentari non risolve né i problemi di percezione né quelli di funzionalità che da tempo affliggono la democrazia rappresentativa in Italia e che esigono sia una seria stabilizzazione della legislazione elettorale sia un’accurata revisione dei regolamenti parlamentari. La riduzione del numero dei parlamentari non è necessariamente collegata a una modifica in senso interamente proporzionale del sistema elettorale e, nello stesso tempo, la legge elettorale che entrerà in vigore per effetto dell’approvazione del referendum pone non pochi problemi soprattutto perché le unità di riparto dei seggi non saranno omogenee fra di loro, sicché si avranno deputati eletti con oltre un milione di cittadini da rappresentare e altri che non supereranno i centomila. Organi e quorum nei regolamenti parlamentari possono essere rivisti anche solo sul piano aritmetico. Tuttavia la crisi degli ultimi anni pone l’esigenza di ripensare il modo in cui il Parlamento opera e perciò viene percepito dalla opinione pubblica. Il paradosso della riforma, però, è che una parte significativa dei parlamentari che compongono l’attuale maggioranza di Governo potrebbe non essere rieletta nella prossima legislatura e quindi non ha alcun interesse a mettere mano alle ulteriori riforme conseguenti alla riduzione del numero dei parlamentari (legge elettorale e regolamenti parlamentari) perché il completamento del disegno di riforma potrebbe accelerare la fine della legislatura e quindi il termine di una esperienza ritenuta da questi parlamentari irripetibile. Questo volume si interroga sulle riforme necessarie ed opportune – ma, purtroppo, anche improbabili – che il taglio dei parlamentari impone. Lo fa riprendendo l’intervento dell’Autore a un seminario organizzato dal Dipartimento di giurisprudenza dell’Università di Pisa e dall’Istituto Dirpolis della Scuola Superiore Sant’Anna, il 25 e il 26 giugno 2020, di cui saranno presto pubblicato gli atti, con il contributo dell’Università di Pisa.
2020
Conti, Gian Luca
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/1052708
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