Se ci guardiamo indietro per ricostruire la storia degli studi sui manoscritti miniati della Commedia, nonostante gli straordinari progressi degli ultimi 50 anni, un episodio che data al 1969 rimane ancora oggi imprescindibile per comprendere una parte significativa di questa vicenda. Ci riferiamo alla pubblicazione per la Princeton University Press dei due volumi degli Illuminated Manuscripts of the Divine Comedy: raccolta di saggi, catalogo di manoscritti, repertorio figurativo, che per la prima volta prova a tracciare un quadro unitario dei grandi cicli miniati presenti nei più antichi manoscritti della Commedia. Il peso di questa impresa editoriale manca, tuttora, di una valutazione complessiva: a una straordinaria fortuna, che ne fa ancora oggi uno strumento necessario per coloro che si occupano di iconografia dantesca, si accompagna un sostanziale disinteresse per la sua collocazione all’interno del panorama degli studi danteschi. Eppure i presupposti per un’indagine più approfondita non mancano. L’idea di un progetto che riunisce arti visive e letteratura nel segno dell’interesse per la materia della Commedia è già di per sé notevole e lo diventa, a maggior ragione, quando si considera che quest’opera nasce dalla collaborazione tra due importanti sotrici dell’arte, Brieger e Meiss, e Singleton, il più celebre tra i dantisti americani. Scopo di questo intervento è provare a colmare questa lacuna, riflettendo sul significato degli Illuminated Manuscripts alla luce del dibattito critico che interessa gli studi danteschi dell’epoca, e, in particolar modo, in riferimento al discusso rapporto tra i Dante Studies d’oltreoceano e la dantistica italiana. Le coordinate continiane di critica verbale e critica ideologica e di filologia ed esegesi ci aiuteranno a precisare i termini del confronto tra i due orientamenti, individuando nella dicotomia stile versus contesto il fulcro del confronto post-crociano intorno ai metodi dell’indagine letteraria, ma anche, in parallelo, un nodo fondamentale del dibattito storico-artistico. Emergerà, in questo modo, la posizione paradossale degli Illuminated Manuscripts, i quali, pur nascendo nel contesto americano, dalla vocazione tradizionalmente assai meno filologica, apriranno la strada a un filone di studi che farà del manoscritto il terreno d'applicazione d'un'interdisciplinarità storicizzata, di un dialogo significativo fra figurativo e letterario che avrà larga fortuna tra gli studiosi di Dante e non.
Prove d'interdisciplinarità tra letteratura e arte: il caso degli Illuminated Manuscripts of the Divine Comedy
Elisa Orsi
2020-01-01
Abstract
Se ci guardiamo indietro per ricostruire la storia degli studi sui manoscritti miniati della Commedia, nonostante gli straordinari progressi degli ultimi 50 anni, un episodio che data al 1969 rimane ancora oggi imprescindibile per comprendere una parte significativa di questa vicenda. Ci riferiamo alla pubblicazione per la Princeton University Press dei due volumi degli Illuminated Manuscripts of the Divine Comedy: raccolta di saggi, catalogo di manoscritti, repertorio figurativo, che per la prima volta prova a tracciare un quadro unitario dei grandi cicli miniati presenti nei più antichi manoscritti della Commedia. Il peso di questa impresa editoriale manca, tuttora, di una valutazione complessiva: a una straordinaria fortuna, che ne fa ancora oggi uno strumento necessario per coloro che si occupano di iconografia dantesca, si accompagna un sostanziale disinteresse per la sua collocazione all’interno del panorama degli studi danteschi. Eppure i presupposti per un’indagine più approfondita non mancano. L’idea di un progetto che riunisce arti visive e letteratura nel segno dell’interesse per la materia della Commedia è già di per sé notevole e lo diventa, a maggior ragione, quando si considera che quest’opera nasce dalla collaborazione tra due importanti sotrici dell’arte, Brieger e Meiss, e Singleton, il più celebre tra i dantisti americani. Scopo di questo intervento è provare a colmare questa lacuna, riflettendo sul significato degli Illuminated Manuscripts alla luce del dibattito critico che interessa gli studi danteschi dell’epoca, e, in particolar modo, in riferimento al discusso rapporto tra i Dante Studies d’oltreoceano e la dantistica italiana. Le coordinate continiane di critica verbale e critica ideologica e di filologia ed esegesi ci aiuteranno a precisare i termini del confronto tra i due orientamenti, individuando nella dicotomia stile versus contesto il fulcro del confronto post-crociano intorno ai metodi dell’indagine letteraria, ma anche, in parallelo, un nodo fondamentale del dibattito storico-artistico. Emergerà, in questo modo, la posizione paradossale degli Illuminated Manuscripts, i quali, pur nascendo nel contesto americano, dalla vocazione tradizionalmente assai meno filologica, apriranno la strada a un filone di studi che farà del manoscritto il terreno d'applicazione d'un'interdisciplinarità storicizzata, di un dialogo significativo fra figurativo e letterario che avrà larga fortuna tra gli studiosi di Dante e non.| File | Dimensione | Formato | |
|---|---|---|---|
|
rencontres de l_archet 2018.pdf
accesso aperto
Tipologia:
Versione finale editoriale
Licenza:
Tutti i diritti riservati (All rights reserved)
Dimensione
1.45 MB
Formato
Adobe PDF
|
1.45 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


