All’interno del panorama religioso egiziano, il tema della sepoltura di Osiride riveste un ruolo di grande preminenza e centralità, tale da stimolare l’interesse e l’attenzione degli autori classici che, a più riprese e più o meno diffusamente, si sono soffermati sull’argomento. Sono proprio queste fonti a fornirci un’indicazione, tanto curiosa quanto suggestiva, relativa ad un aspetto particolare che sembra caratterizzare, in maniera ricorrente, un momento preciso delle celebrazioni rituali in onore del dio: l’imposizione del silenzio e l’interdizione della musica, e di alcuni strumenti in particolare, in occasione della rievocazione della sepoltura. Mentre in Strabone (Geografia XVII C 814) la connessione tra divieto e culto di Osiride è esplicitamente formulata, in Plutarco (De Iside et Osiride 362 F; Il Banchetto dei Sette Sapienti 150 F) ed Eliano (De natura animalium X, 28) essa sembra potersi dedurre soltanto indirettamente. Tuttavia, il dato che questi autori presentano trova un significativo riscontro in alcuni importanti testi egizi che, oltre ad ampliare l’orizzonte geografico di tali prescrizioni, intervengono altresì a precisare le esatte coordinate spaziali e temporali in cui esse si inseriscono. In continuità con un precedente lavoro sulle modalità di percezione della tomba divina nella mentalità egiziana antica, il presente contributo intende dunque esplorare il ruolo del silenzio come elemento di costruzione di uno spazio-tempo sacro anche attraverso la dimensione sonora o, in questo caso, la sua negazione; di chiarire il significato ideologico di tale assenza in funzione dell’occasione rituale specifica in cui viene attuata e del particolare soggetto coinvolto; di valutarne infine incidenza e sviluppi in seno ad una più ampia e antica tradizione mitico-religiosa in cui, invece, voce e musica pienamente dispiegata giocano un ruolo essenziale, in rapporto anche alla figura stessa di Osiride (basti pensare alle Lamentazioni di Iside e Nefti). In questa prospettiva, se da un lato l’assenza del suono emergerà, nel contesto esaminato, come un aspetto anomalo rispetto ad una prassi rituale consolidata, dall’altro proprio il silenzio risulterà straordinariamente efficace nel dare forma, in modo discreto ma non per questo meno concreto, a un così peculiare “paesaggio sonoro” (secondo la definizione di R. M. Schafer).

"The Sound of Silence": sul significato del silenzio e di alcune interdizioni musicali in relazione alla figura e al culto di Osiride

Colonna A
Primo
2015-01-01

Abstract

All’interno del panorama religioso egiziano, il tema della sepoltura di Osiride riveste un ruolo di grande preminenza e centralità, tale da stimolare l’interesse e l’attenzione degli autori classici che, a più riprese e più o meno diffusamente, si sono soffermati sull’argomento. Sono proprio queste fonti a fornirci un’indicazione, tanto curiosa quanto suggestiva, relativa ad un aspetto particolare che sembra caratterizzare, in maniera ricorrente, un momento preciso delle celebrazioni rituali in onore del dio: l’imposizione del silenzio e l’interdizione della musica, e di alcuni strumenti in particolare, in occasione della rievocazione della sepoltura. Mentre in Strabone (Geografia XVII C 814) la connessione tra divieto e culto di Osiride è esplicitamente formulata, in Plutarco (De Iside et Osiride 362 F; Il Banchetto dei Sette Sapienti 150 F) ed Eliano (De natura animalium X, 28) essa sembra potersi dedurre soltanto indirettamente. Tuttavia, il dato che questi autori presentano trova un significativo riscontro in alcuni importanti testi egizi che, oltre ad ampliare l’orizzonte geografico di tali prescrizioni, intervengono altresì a precisare le esatte coordinate spaziali e temporali in cui esse si inseriscono. In continuità con un precedente lavoro sulle modalità di percezione della tomba divina nella mentalità egiziana antica, il presente contributo intende dunque esplorare il ruolo del silenzio come elemento di costruzione di uno spazio-tempo sacro anche attraverso la dimensione sonora o, in questo caso, la sua negazione; di chiarire il significato ideologico di tale assenza in funzione dell’occasione rituale specifica in cui viene attuata e del particolare soggetto coinvolto; di valutarne infine incidenza e sviluppi in seno ad una più ampia e antica tradizione mitico-religiosa in cui, invece, voce e musica pienamente dispiegata giocano un ruolo essenziale, in rapporto anche alla figura stessa di Osiride (basti pensare alle Lamentazioni di Iside e Nefti). In questa prospettiva, se da un lato l’assenza del suono emergerà, nel contesto esaminato, come un aspetto anomalo rispetto ad una prassi rituale consolidata, dall’altro proprio il silenzio risulterà straordinariamente efficace nel dare forma, in modo discreto ma non per questo meno concreto, a un così peculiare “paesaggio sonoro” (secondo la definizione di R. M. Schafer).
2015
978-88-7140-675-6
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