All’interno del sistema religioso egiziano, l’associazione animale-dio costituisce un aspetto marcatamente distintivo e strutturalmente efficace sia sul piano del reèl che dell’imaginaire (secondo la formula proposta da Ph. Derchain): questa “animalité des dieux” (Meeks, Zoomorphie, 171) incide sulla pratica religiosa non meno profondamente che sulla configurazione di un pantheon articolato e sulla elaborazione di un discorso teologico raffinato e complesso. Nella ricerca egittologica, tuttavia, mentre teriomorfismo e ricchezza iconografica del bestiario divino rappresentano un ambito di studio importante e privilegiato, il cosiddetto “culto degli animali” – l’inserimento di animali viventi nella pratica rituale – rivela criticità sostanziali sul piano della comprensione storica e dei metodi d’indagine: difficilmente riconducibile all’orientamento teologico-discorsivo dominante, esso viene ridotto a un fatto marginale sia dal punto di vista cronologico (fase tarda della civiltà egiziana) che del significato religioso (degenerazione delle forme tradizionali). Il progetto di ricerca “Il culto degli animali in Egitto (3000 a.C. – 300 d.C.): elementi per un’analisi storico-religiosa”, sostenuto dall’Accademia Nazionale dei Lincei e attualmente in corso, mira a correggere questa percezione, individuando nel metodo storico-religioso della Scuola romana un rinnovamento di prospettiva in grado di superare vecchie argomentazioni e reimpostare lo studio della questione entro parametri metodologicamente fondati. Il contributo intende presentare alcuni risultati preliminari della ricerca, focalizzando la discussione su tre punti chiave: (1) il valore euristico della nozione di “culto degli animali” come categoria analitica; (2) l’importanza della dimensione pratica (Praxis) nel processo interpretativo del fenomeno; (3) la possibilità di offrirne una lettura ampia, organica e cronologicamente articolata, rilevandone discontinuità e sviluppi nel corso del tempo. Il riferimento a casi di studio e a classi di dati (testuali e materiali) specifici permetterà di testare la validità degli strumenti concettuali e dell’approccio indicati e di proporre, in conclusione, un nuovo modello interpretativo.
Nuove prospettive sul culto degli animali in Egitto. Il contributo dell’analisi storico-religiosa
Angelo Colonna
2018-01-01
Abstract
All’interno del sistema religioso egiziano, l’associazione animale-dio costituisce un aspetto marcatamente distintivo e strutturalmente efficace sia sul piano del reèl che dell’imaginaire (secondo la formula proposta da Ph. Derchain): questa “animalité des dieux” (Meeks, Zoomorphie, 171) incide sulla pratica religiosa non meno profondamente che sulla configurazione di un pantheon articolato e sulla elaborazione di un discorso teologico raffinato e complesso. Nella ricerca egittologica, tuttavia, mentre teriomorfismo e ricchezza iconografica del bestiario divino rappresentano un ambito di studio importante e privilegiato, il cosiddetto “culto degli animali” – l’inserimento di animali viventi nella pratica rituale – rivela criticità sostanziali sul piano della comprensione storica e dei metodi d’indagine: difficilmente riconducibile all’orientamento teologico-discorsivo dominante, esso viene ridotto a un fatto marginale sia dal punto di vista cronologico (fase tarda della civiltà egiziana) che del significato religioso (degenerazione delle forme tradizionali). Il progetto di ricerca “Il culto degli animali in Egitto (3000 a.C. – 300 d.C.): elementi per un’analisi storico-religiosa”, sostenuto dall’Accademia Nazionale dei Lincei e attualmente in corso, mira a correggere questa percezione, individuando nel metodo storico-religioso della Scuola romana un rinnovamento di prospettiva in grado di superare vecchie argomentazioni e reimpostare lo studio della questione entro parametri metodologicamente fondati. Il contributo intende presentare alcuni risultati preliminari della ricerca, focalizzando la discussione su tre punti chiave: (1) il valore euristico della nozione di “culto degli animali” come categoria analitica; (2) l’importanza della dimensione pratica (Praxis) nel processo interpretativo del fenomeno; (3) la possibilità di offrirne una lettura ampia, organica e cronologicamente articolata, rilevandone discontinuità e sviluppi nel corso del tempo. Il riferimento a casi di studio e a classi di dati (testuali e materiali) specifici permetterà di testare la validità degli strumenti concettuali e dell’approccio indicati e di proporre, in conclusione, un nuovo modello interpretativo.File | Dimensione | Formato | |
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