Tra le diverse figure di geni funerari dipinte all’interno delle due fiancate dell’alveo del sarcofago V.O. 1000 conservato nella sezione egiziana del Museo del Vicino Oriente dell’università “La Sapienza” di Roma, quella occupante la terza posizione della sequenza divina che si snoda sulla parete di sinistra colpisce sia per la peculiarità della caratterizzazione iconografica (una tartaruga al posto del capo) che per la vivida crudezza dell’appellativo che essa porta: [wnm]h.w33t “il divoratore di escrementi/putrefazione”; si tratta di una creatura che ci è nota già dai Testi dei Sarcofagi e soprattutto dal Libro dei Morti (Cap. 144 e 147), dove ricorre in qualità di guardiano di uno dei portali che il defunto è tenuto ad attraversare nell’Aldilà. Se il nome ne rende esplicito il carattere terrificante, minaccioso ed ostile (la fagocitazione, e la scatofagia in particolare, sono comportamenti tipici e ricorrenti tra gli esseri mostruosi che popolano l’Oltretomba), risulta altresì interessante riscontrare come simili qualità siano attribuite, nel caso specifico, ad una figura ibrida a testa di tartaruga; questo stesso animale infatti, sembra aver ricevuto, all’interno del pensiero magico-religioso egiziano, una forte connotazione infera e negativa, segnatamente in qualità di avversario del dio sole, come risulta soprattutto dalla letteratura funeraria. D’altra parte, la presenza del demone all’interno del nostro sarcofago sembra testimoniare un lento e progressivo mutamento della funzione ad esso attribuita, che passa da aggressiva e potenzialmente dannosa per l’integrità del defunto a favorevole e protettiva nei suoi confronti; considerazioni analoghe valgono per la tartaruga, cui esso deve la propria fisionomia, la quale acquisisce in Epoca Tarda un’assai più positiva connotazione di tipo cosmico.
“Viva Ra, muoia la tartaruga”. Costruzione, percezione ed evoluzione di un’entità mostruosa nell’antico Egitto
COLONNA, ANGELO
2013-01-01
Abstract
Tra le diverse figure di geni funerari dipinte all’interno delle due fiancate dell’alveo del sarcofago V.O. 1000 conservato nella sezione egiziana del Museo del Vicino Oriente dell’università “La Sapienza” di Roma, quella occupante la terza posizione della sequenza divina che si snoda sulla parete di sinistra colpisce sia per la peculiarità della caratterizzazione iconografica (una tartaruga al posto del capo) che per la vivida crudezza dell’appellativo che essa porta: [wnm]h.w33t “il divoratore di escrementi/putrefazione”; si tratta di una creatura che ci è nota già dai Testi dei Sarcofagi e soprattutto dal Libro dei Morti (Cap. 144 e 147), dove ricorre in qualità di guardiano di uno dei portali che il defunto è tenuto ad attraversare nell’Aldilà. Se il nome ne rende esplicito il carattere terrificante, minaccioso ed ostile (la fagocitazione, e la scatofagia in particolare, sono comportamenti tipici e ricorrenti tra gli esseri mostruosi che popolano l’Oltretomba), risulta altresì interessante riscontrare come simili qualità siano attribuite, nel caso specifico, ad una figura ibrida a testa di tartaruga; questo stesso animale infatti, sembra aver ricevuto, all’interno del pensiero magico-religioso egiziano, una forte connotazione infera e negativa, segnatamente in qualità di avversario del dio sole, come risulta soprattutto dalla letteratura funeraria. D’altra parte, la presenza del demone all’interno del nostro sarcofago sembra testimoniare un lento e progressivo mutamento della funzione ad esso attribuita, che passa da aggressiva e potenzialmente dannosa per l’integrità del defunto a favorevole e protettiva nei suoi confronti; considerazioni analoghe valgono per la tartaruga, cui esso deve la propria fisionomia, la quale acquisisce in Epoca Tarda un’assai più positiva connotazione di tipo cosmico.File | Dimensione | Formato | |
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