Negli ultimi quindici anni anche in Italia si sono diffuse le rotatorie di cosiddetta moderna concezione, o di seconda generazione, ossia con precedenza ai veicoli che si trovano a percorrere l’anello anziché a quelli che entrano dai diversi rami, regola che invece valeva per le rotatorie della prima generazione. Questa nuova regola di gestione delle precedenze all’anello fa sì che si possano realizzare rotatorie di dimensioni abbastanza contenute a fronte di alti valori di capacità di traffico. Sebbene ciò sia stato adottato per la prima volta nel Regno Unito già dalla seconda metà degli anni Sessanta, solo dopo vent’anni le rotatorie di seconda generazione hanno cominciato a diffondersi negli altri paesi Europei. Tra il 1987 ed 2002, in particolare, Germania, Francia e Svizzera finanziano ricerche specifiche ed estese e pubblicano delle Norme Tecniche che, assieme a quelle Inglesi, fanno ormai scuola e sono tra i maggiori riferimenti della tecnica corrente. Le cause di questo ritardo sono incerte ed anche quasi argomento da leggenda metropolitana. Gli Stati Uniti poi partono ancora dopo: soltanto nell’aggiornamento del 1998 dell’HCM compare il capitolo “roundabouts”, poi ancor più sviluppato nell’ultima edizione del 2000. Fatto sta che l’Italia parte soltanto nel ’93, col Nuovo Codice della Strada e bisogna aspettare ben dieci anni per vedere, nel 2004, una prima Normativa Tecnica nazionale, peraltro lacunosa ed approssimata ed in certi suoi passaggi sconcertante perché priva di fondamenti tecnici elementari (vedasi l’imposizione del dimensionamento dei tronchi di scambio per rotatorie oltre i 50 metri di diametro dell’Art. 4.5 del DM 19/04/2006, n.1699: un rapido calcolo per 4 rami e 60 m basta a dimostrarne l’assurdità). La progettazione di una rotatoria, come quella di ogni altra infrastruttura viaria, si basa su principi di sicurezza, per quanto essa debba venire imposta in contesto sistemico che combini anche le caratteristiche geometriche per requisiti di capacità e di percezione dello spazio stradale come segno distintivo sul territorio. Questa memoria parte dall’ipotesi che nel progettare una rotatoria si debbano considerare simultaneamente sia fattori di sicurezza e capacità, generalmente normalizzati e ridotti in formule e modelli, sia aspetti di percezione e di condizionamento visivo. Chi scrive ritiene infatti che il tecnico nel momento in cui comincia a progettare una rotatoria ha tanto più margine per ottenere maggior sicurezza della circolazione quanto più egli ha effettivamente compreso come i requisiti geometrici si combinano con la sicurezza stessa. Anche per ovvie ragioni di spazio, questa nota si limita ad una descrizione sommaria di alcuni degli aspetti più rilevanti dei molti legami di tipo geometria-sicurezza, rinviando ad una attenta lettura delle normative tecniche Europee - con giustificata esclusione del DM n.1699/06 - per gli approfondimenti del caso.

Moderne rotatorie per nuovi sistemi di traffico

PRATELLI, ANTONIO
2008-01-01

Abstract

Negli ultimi quindici anni anche in Italia si sono diffuse le rotatorie di cosiddetta moderna concezione, o di seconda generazione, ossia con precedenza ai veicoli che si trovano a percorrere l’anello anziché a quelli che entrano dai diversi rami, regola che invece valeva per le rotatorie della prima generazione. Questa nuova regola di gestione delle precedenze all’anello fa sì che si possano realizzare rotatorie di dimensioni abbastanza contenute a fronte di alti valori di capacità di traffico. Sebbene ciò sia stato adottato per la prima volta nel Regno Unito già dalla seconda metà degli anni Sessanta, solo dopo vent’anni le rotatorie di seconda generazione hanno cominciato a diffondersi negli altri paesi Europei. Tra il 1987 ed 2002, in particolare, Germania, Francia e Svizzera finanziano ricerche specifiche ed estese e pubblicano delle Norme Tecniche che, assieme a quelle Inglesi, fanno ormai scuola e sono tra i maggiori riferimenti della tecnica corrente. Le cause di questo ritardo sono incerte ed anche quasi argomento da leggenda metropolitana. Gli Stati Uniti poi partono ancora dopo: soltanto nell’aggiornamento del 1998 dell’HCM compare il capitolo “roundabouts”, poi ancor più sviluppato nell’ultima edizione del 2000. Fatto sta che l’Italia parte soltanto nel ’93, col Nuovo Codice della Strada e bisogna aspettare ben dieci anni per vedere, nel 2004, una prima Normativa Tecnica nazionale, peraltro lacunosa ed approssimata ed in certi suoi passaggi sconcertante perché priva di fondamenti tecnici elementari (vedasi l’imposizione del dimensionamento dei tronchi di scambio per rotatorie oltre i 50 metri di diametro dell’Art. 4.5 del DM 19/04/2006, n.1699: un rapido calcolo per 4 rami e 60 m basta a dimostrarne l’assurdità). La progettazione di una rotatoria, come quella di ogni altra infrastruttura viaria, si basa su principi di sicurezza, per quanto essa debba venire imposta in contesto sistemico che combini anche le caratteristiche geometriche per requisiti di capacità e di percezione dello spazio stradale come segno distintivo sul territorio. Questa memoria parte dall’ipotesi che nel progettare una rotatoria si debbano considerare simultaneamente sia fattori di sicurezza e capacità, generalmente normalizzati e ridotti in formule e modelli, sia aspetti di percezione e di condizionamento visivo. Chi scrive ritiene infatti che il tecnico nel momento in cui comincia a progettare una rotatoria ha tanto più margine per ottenere maggior sicurezza della circolazione quanto più egli ha effettivamente compreso come i requisiti geometrici si combinano con la sicurezza stessa. Anche per ovvie ragioni di spazio, questa nota si limita ad una descrizione sommaria di alcuni degli aspetti più rilevanti dei molti legami di tipo geometria-sicurezza, rinviando ad una attenta lettura delle normative tecniche Europee - con giustificata esclusione del DM n.1699/06 - per gli approfondimenti del caso.
2008
9788860192134
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/123710
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