della produzione, trascurando quello della percezione, nonostante sia da tempo nota la rilevanza dei processi percettivi anche nella resa fonetica dei segmenti; in particolare, risulta ancora poco indagata la tematica relativa alla percezione del ocsiddetto ‘accento straniero’. All’interno di questa area di ricerca, un problema specifico concerne il peso dei tratti fonetici sulla percezione del foreign accent. Presentiamo qui i risultati di un test percettivo in cui alcuni frammenti di parlato italiano prodotto da parlanti con diversa L1 (francese, spagnolo, tedesco, inglese) sono stati valutati da parlanti nativi italiani. I soggetti sono stati chiamati ad ascoltare gli stimoli acustici naturali, uno per volta, e a giudicare se il parlante era italiano o straniero; se valutato come straniero, i soggetti dovevano indicare la lingua madre del parlante tra le quattro lingue sopra elencate, valutando anche il grado di accento straniero su una scala a tre gradini, che va da 0 (poco accento) a 2 (accento forte). Ogni ascoltatore italiano è stato preliminarmente invitato ad autovalutare sia la sua competenza nelle quattro lingue straniere, che il suo grado di familiarità con l’accento delle stesse lingue. I risultati mostrano che nella maggioranza dei casi gli ascoltatori sono in grado di percepire la differenza tra parlanti italiani nativi e parlanti non nativi, anche in caso di ottima competenza dell’italiano. Più complesso si è invece rilevato il compito relativo all’identificazione della lingua materna dei parlanti. Soltanto gli stimoli prodotti da parlanti inglesi sono stati identificati con una percentuale di riconoscimento soddisfacente, mentre quelli relativi a parlanti spagnoli presentano i valori di corretto riconoscimento più bassi. Inoltre, gli stimoli prodotti da parlanti tedeschi sono stati spesso confusi con quelli relativi ai parlanti inglesi. Il grado di successo nel riconoscimento della L1 appare dunque inversamente proporzionale alla vicinanza strutturale e fonologica tra L1 e L2: italiano e spagnolo sono discriminati con difficoltà, mentre il parlato dei tedeschi tende ad essere confuso con quello degli inglesi più che con quello degli spagnoli. Tuttavia, dai nostri dati non risulta una buona corrispondenza tra l’autovalutazione dell’ascoltatore e la sua performance nel test percettivo. In maniera abbastanza prevedibile, soltanto nel caso dell’inglese si osservano valori comparabili tra autovalutazione e percezione, mentre per le altre lingue straniere si rileva una discrasia più o meno marcata tra il supposto livello di familiarità con un accento straniero e la corretta identificazione della lingua straniera nel test sperimentale. In altri termini, la percezione dell’accento straniero può esser indipendente dal corretto riconoscimento della lingua materna parlata da colui che è stato identificato come straniero.

Persistenza dell’accento straniero. Uno studio percettivo sull’italiano L2

MAROTTA, GIOVANNA;
2009-01-01

Abstract

della produzione, trascurando quello della percezione, nonostante sia da tempo nota la rilevanza dei processi percettivi anche nella resa fonetica dei segmenti; in particolare, risulta ancora poco indagata la tematica relativa alla percezione del ocsiddetto ‘accento straniero’. All’interno di questa area di ricerca, un problema specifico concerne il peso dei tratti fonetici sulla percezione del foreign accent. Presentiamo qui i risultati di un test percettivo in cui alcuni frammenti di parlato italiano prodotto da parlanti con diversa L1 (francese, spagnolo, tedesco, inglese) sono stati valutati da parlanti nativi italiani. I soggetti sono stati chiamati ad ascoltare gli stimoli acustici naturali, uno per volta, e a giudicare se il parlante era italiano o straniero; se valutato come straniero, i soggetti dovevano indicare la lingua madre del parlante tra le quattro lingue sopra elencate, valutando anche il grado di accento straniero su una scala a tre gradini, che va da 0 (poco accento) a 2 (accento forte). Ogni ascoltatore italiano è stato preliminarmente invitato ad autovalutare sia la sua competenza nelle quattro lingue straniere, che il suo grado di familiarità con l’accento delle stesse lingue. I risultati mostrano che nella maggioranza dei casi gli ascoltatori sono in grado di percepire la differenza tra parlanti italiani nativi e parlanti non nativi, anche in caso di ottima competenza dell’italiano. Più complesso si è invece rilevato il compito relativo all’identificazione della lingua materna dei parlanti. Soltanto gli stimoli prodotti da parlanti inglesi sono stati identificati con una percentuale di riconoscimento soddisfacente, mentre quelli relativi a parlanti spagnoli presentano i valori di corretto riconoscimento più bassi. Inoltre, gli stimoli prodotti da parlanti tedeschi sono stati spesso confusi con quelli relativi ai parlanti inglesi. Il grado di successo nel riconoscimento della L1 appare dunque inversamente proporzionale alla vicinanza strutturale e fonologica tra L1 e L2: italiano e spagnolo sono discriminati con difficoltà, mentre il parlato dei tedeschi tende ad essere confuso con quello degli inglesi più che con quello degli spagnoli. Tuttavia, dai nostri dati non risulta una buona corrispondenza tra l’autovalutazione dell’ascoltatore e la sua performance nel test percettivo. In maniera abbastanza prevedibile, soltanto nel caso dell’inglese si osservano valori comparabili tra autovalutazione e percezione, mentre per le altre lingue straniere si rileva una discrasia più o meno marcata tra il supposto livello di familiarità con un accento straniero e la corretta identificazione della lingua straniera nel test sperimentale. In altri termini, la percezione dell’accento straniero può esser indipendente dal corretto riconoscimento della lingua materna parlata da colui che è stato identificato come straniero.
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