Il lavoro è parte di una ricerca più ampia sulla fortuna del mito di Venere e Adone, e si concentra, in una prospettiva gender oriented, su alcuni aspetti problematici della versione ‘orientale’ del mito, attestata in un’opera perduta di Paniassi di cui resta testimonianza nella Biblioteca dello pseudo-Apollodoro (3.14). La mia impostazione del problema si contrappone all’interpretazione tuttora dominante negli studi su Adone, quella di M. Detienne (1972), che vede nel ragazzo un paradigma di energia seduttiva esercitata da un uomo ecessivamente votato all’erotismo ai danni di una più fragile soggettività femminile. A differenza di Detienne, che colloca il punto di vista dell’interprete il più possibile vicino al soggetto maschile della vicenda, la mia analisi del mito parte da una rivalutazione di elementi che accentuano invece la connotazione del ragazzo come infante, e del rapporto amoroso come un legame ambiguamente sospeso fra erotismo e affetto materno (in questa parte viene anche mostrata la tendenziosità di alcune scelte traduttive di Detienne, che forza le fonti in modo da scotomizzare gli elementi meno funzionali alla sua tesi). La mia indagine parte da una comparazione mitologica che accosta il mito di Adone e Afrodite da un lato a una serie di miti amorosi in cui una figura femminile intrattiene un rapporto con un partner maschile gerarchicamente subordinato (Eos, Selene, Calipso), mentre ricerca dall’altro confronti puntuali per il perturbante dettaglio della chiusura di Adone bambino in una cassa (miti di Erittonio, Meleagro e altri). La simbologia uterina e funeraria della cassa, e l’ambigua valenza di protezione e controllo che ad essa si associa, permettono di riconoscere in Afrodite una figura di “madre-amante”, di cui nella seconda parte del lavoro si approfondisce la straordinaria rilevanza nella dinamica di costituzione dell’individualità maschile.
Dalla culla alla bara (passando per il letto): la dinamica dei generi nel mito di Adone e Afrodite
GRILLI, ALESSANDRO
2010-01-01
Abstract
Il lavoro è parte di una ricerca più ampia sulla fortuna del mito di Venere e Adone, e si concentra, in una prospettiva gender oriented, su alcuni aspetti problematici della versione ‘orientale’ del mito, attestata in un’opera perduta di Paniassi di cui resta testimonianza nella Biblioteca dello pseudo-Apollodoro (3.14). La mia impostazione del problema si contrappone all’interpretazione tuttora dominante negli studi su Adone, quella di M. Detienne (1972), che vede nel ragazzo un paradigma di energia seduttiva esercitata da un uomo ecessivamente votato all’erotismo ai danni di una più fragile soggettività femminile. A differenza di Detienne, che colloca il punto di vista dell’interprete il più possibile vicino al soggetto maschile della vicenda, la mia analisi del mito parte da una rivalutazione di elementi che accentuano invece la connotazione del ragazzo come infante, e del rapporto amoroso come un legame ambiguamente sospeso fra erotismo e affetto materno (in questa parte viene anche mostrata la tendenziosità di alcune scelte traduttive di Detienne, che forza le fonti in modo da scotomizzare gli elementi meno funzionali alla sua tesi). La mia indagine parte da una comparazione mitologica che accosta il mito di Adone e Afrodite da un lato a una serie di miti amorosi in cui una figura femminile intrattiene un rapporto con un partner maschile gerarchicamente subordinato (Eos, Selene, Calipso), mentre ricerca dall’altro confronti puntuali per il perturbante dettaglio della chiusura di Adone bambino in una cassa (miti di Erittonio, Meleagro e altri). La simbologia uterina e funeraria della cassa, e l’ambigua valenza di protezione e controllo che ad essa si associa, permettono di riconoscere in Afrodite una figura di “madre-amante”, di cui nella seconda parte del lavoro si approfondisce la straordinaria rilevanza nella dinamica di costituzione dell’individualità maschile.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.