Il Progetto Antica gente di Pisa nasce dall’esigenza di completare l’indagine archeologica effettuata sul terreno e studiare i resti umani provenienti dalle due necropoli scavate nel 2005-2006 fuori Porta a Lucca, nell’isolato compreso tra via Marche, via Bianchi, via Abba ( Paribeni, Rizzitelli, Cerato, Costantini, Sarti 2006). La necropoli più recente e ben più vasta di quanto abbia potuto documentare lo scavo, ha restituito 194 sepolture ad inumazione ed ha documentato diverse tipologie di allestimento, in fossa semplice o rivestita da un muretto perimetrale, a “cappuccina” con tegole e coppi o lastre in pietra, entro anfore riutilizzate che sono già state oggetto di uno studio (Costantini cds). Il riutilizzo di questi contenitori per la deposizione di adulti e bambini consente di datare alcune delle sepolture tra il II e il V secolo d.C. ed offre un aggancio cronologico anche alle numerose deposizioni in fosse semplici o con poveri allestimenti e rari oggetti di corredo. L’intenso e lungo utilizzo cimiteriale di questo sito integra la scarsa conoscenza della città tardo antica offerta dagli scavi nella Piazza del Duomo e dalle scoperte nel cantiere di San Rossore. I primi interessano in modo particolare perché hanno documentato la presenza di modeste strutture di abitazione in legno che occupano fino al V secolo d.C. gli spazi ancora agibili delle grandi domus di età imperiale. Non possiamo affermare con certezza che la necropoli suburbana, situata di la dall’Auser, sia da collegare proprio a questo nucleo dell’abitato tardo antico, mentre è possibile che abbia esaurito lentamente il suo ruolo a partire dal V – VI secolo d.C., quando ha inizio quel processo di ridefinizione funzionale della Piazza che la porta a diventare il centro dei principali edifici di culto cristiano e di una vasta area cimiteriale. Il numero considerevole di individui costituisce dunque un campione importante di popolazione pisana il cui studio è stato affidato al Prof. Gino Fornaciari dell’Università di Pisa. L’indagine nell’area che prende il nome da via Marche ha portato anche all’individuazione di una seconda necropoli, etrusca, in parte sottoposta alla necropoli romana. Il rituale della cremazione, l’allestimento delle tombe in pozzetti foderati di pietre e la tipologia di alcuni cinerari, biconici con tipiche forme e decorazioni villanoviane, chiusi da una ciotola capovolta e in un caso da un elmo di terracotta, riporta al IX -VIII secolo a.C., alle origini di Pisa etrusca. Alcuni pozzetti accolgono invece un dolio cordonato: in questi casi è prematuro esprimersi, mentre per due tombe che utilizzano un dolio a superficie ingubbiata si può ipotizzare una cronologia in età orientalizzante. Le molte incertezze relative a questo sepolcreto sono dovute al fatto che i trentacinque cinerari sono stati isolati, documentati e prelevati dai relativi pozzetti allo scopo di completare in laboratorio lo scavo del contenuto. La Soprintendenza ha quindi individuato il percorso più funzionale al raggiungimento di questo obiettivo, reso urgente dalla necessità mettere in sicurezza quanto prima i manufatti, sottoposti ad un drastico cambiamento delle condizioni ambientali. Anche per questo intervento si è fatto ricorso alla collaborazione della Divisione di Paleopatologia dell’Ospedale di S. Chiara, diretta da Gino Fornaciari. Ciò ha permesso di dare una sede ai materiali e soprattutto di predisporre un piano di intervento con due principali finalità: eseguire il microscavo in laboratorio dei cinerari della necropoli etrusca e studiare i resti scheletrici di questa e della necropoli tardo antica. I cinerari sono ora ospitati in spazi attrezzati per affrontare entrambi gli aspetti del lavoro. La circostanza di operare all’interno della struttura ospedaliera ha reso possibile anche l’utilizzo di strumentazioni proprie della diagnostica medica. In particolare l’applicazione della TAC si è rivelata di grande efficacia per “indagare” virtualmente il contenuto dei cinerari prima di affrontarne lo scavo . A differenza della Radiografia la TAC (Tomografia Assiale Computerizzata) permette di ottenere, con l’acquisizione di centinaia di sezioni radiologiche, la mappatura completa dei cinerari, del loro contenuto e la successiva ricostruzione virtuale tridimensionale. Lo scavo vero e proprio è iniziato nell’agosto 2007, quando il Progetto Antica gente di Pisa, elaborato dagli scriventi, è stato accolto favorevolmente dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa, ricevendo un consistente contributo finanziario. Al maggio 2008 venti urne sono stati sottoposte alla TAC e quindici sono state scavate in laboratorio, seguendo una procedura messa a punto con l’aiuto dei restauratori del Centro di Restauro della Soprintendenza . La continuità tra l’intervento sul campo e quello in laboratorio è assicurata dagli archeologi che hanno il compito primario di raccordare la documentazione già elaborata con quella prodotta nel corso del microscavo stratigrafico all’interno dei vasi. Come sul cantiere, anche in laboratorio viene tenuto un Diario di scavo e vengono compilate Schede appositamente predisposte. Dopo aver liberato il cinerario dall’imballaggio si eseguono fotografie e quindi si procede alla pulitura esterna del vaso e della sua copertura, in genere costituita da una ciotola capovolta, che può presentarsi integra e in posto ma anche frammentata, con i frammenti dispersi all’interno o all’esterno del cinerario. La documentazione, oltre che fotografica, prevede la restituzione grafica a contatto su foglio di nylon e l’attribuzione di un numero d’ordine a ciascun frammento pertinente all’oggetto che quindi si recupera in sacchetti numerati. Gruppi di frammenti contigui possono essere preventivamente velati con garze e consolidati, per poi essere recuperati insieme. Lo scavo procede con la rimozione dei riempimenti del cinerario distinguendo i sedimenti e i reperti originati da fenomeni post-deposizionali – terra di infiltrazione, frammenti ceramici dispersi – e quelli relativi al rito del seppellimento, ossa, carboni, oggetti di corredo. I depositi provenienti da infiltrazione, normalmente presenti nella parte superiore del vaso, vengono raccolti e campionati per poi essere sottoposti a lavaggio. Segue quindi lo scavo dei resti scheletrici deposti dopo la cremazione che occupano i due terzi inferiori del cinerario. Lo scavo delle ossa normalmente associate ad oggetti di corredo, segue di regola un andamento per tagli predefiniti: il contenuto viene suddiviso in almeno quattro strati in base alla quantità e qualità di materiale presente. In genere, il deposito contenente ossa combuste viene suddiviso in uno strato superiore, uno intermedio ed uno inferiore, alla base del vaso. Questo permette di evidenziare eventuali sequenze volontarie nella deposizione dei resti all’interno del cinerario e, in caso di sepolture multiple, comprendere se gli individui sono stati introdotti (e quindi cremati) contemporaneamente o in momenti successivi. Inoltre, può essere così individuato il momento di deposizione di eventuali elementi estranei (ossa animali, oggetti di corredo, ecc,). Questo metodo può rivelarsi utile per la ricostruzione di aspetti del rituale del seppellimento. Infatti, altre esperienze hanno dimostrato che la deposizione delle ossa nel cinerario dopo la cremazione può non essere caotica, ma tesa a “ricostituire” idealmente l’individuo e a collocare gli oggetti del corredo secondo criteri legati alla loro funzione. In questa fase, si rivelano di fondamentale aiuto i risultati della TAC che, segnalando la presenza, le distanze e le dimensioni approssimative di eventuali oggetti di corredo a componente metallica misti alle ossa, guidano l’azione dello scavo. La posizione stratigrafica di questi stessi reperti e di altri reperti macroscopici non evidenziati dalla TAC viene registrata comunque nel corso dello scavo, eseguendo la documentazione fotografica e la restituzione grafica quotata dell’oggetto in posto . L’operazione non è irrilevante dal momento che talvolta gli oggetti in bronzo evidenziati e abbastanza riconoscibili nella TAC, all’atto del recupero si rivelano privi di consistenza, per la mineralizzazione del metallo, e quindi difficilmente recuperabili. In generale gli oggetti metallici più fragili o che è difficile isolare nel limitato spazio di azione del cinerario vengono asportati con un piccolo “pane”, inglobando ossa e terra allo scopo di affidarne il recupero ad un restauratore. Anche in questo caso si rivela importante la TAC, perché consente di eseguire il prelievo con la sicurezza di non interferire con altri reperti contenuti nel cinerario. I carboni provenienti dal rogo sono scarsi (almeno nel gruppo di tombe scavate fino ad ora, quasi tutte risalenti al IX – VIII secolo a.C.) e vengono raccolti per essere analizzati e fornire informazioni sulle specie vegetali selezionate per il rogo e sul paesaggio vegetale contemporaneo all’uso della necropoli. Durante lo scavo anche il cinerario apparentemente più integro ha rivelato la presenza di linee di frattura che hanno reso necessaria una fasciatura di rinforzo esterno oppure la rimozione dei frammenti di cui non era garantita la stabilità. In alcuni casi lo smontaggio di parti del cinerario è stato eseguito al solo scopo di facilitare lo scavo interno. La procedura è stata sempre preceduta dalla documentazione tramite rilievo con nylon a contatto, come per la ciotola. Taluni cinerari sono collassati, con pietre di rivestimento del pozzetto penetrate all’interno frammiste a parti del vaso. Le operazioni di scavo interno sono state quindi parziali e verranno completate in sede di restauro. In alcuni di questi casi – quando la lettura dell’oggetto non venga troppo condizionata - il restauro potrebbe limitarsi soltanto alla pulitura e al consolidamento . Presentando lo stato del manufatto quale esito di condizioni ambientali o di azioni antropiche successivi alla deposizione nel pozzetto, si mira a focalizzare l’attenzione sulla complessità delle vicende che hanno riguardato il sito anche dopo l’abbandono della necropoli. E.P. Lo studio antropologico Allo stato attuale delle ricerche, solo una piccola parte dei resti scheletrici combusti contenuti nei cinerari è stata esaminata; pertanto è possibile indicare solo alcuni risultati preliminari e le potenzialità della ricerca. Dall’esame del primo gruppo di urne risulta che ciascun cinerario contiene un unico individuo. In alcuni casi però è stata constatata la presenza di elementi ossei di un secondo soggetto: questo dato suggerisce di ipotizzare l’esistenza di un luogo dedicato alle cremazioni. Sono stati rinvenuti individui appartenenti ad entrambi i sessi e con differenti età. Oltre alla ricostruzione del profilo demografico, attraverso la determinazione del numero di individui, del sesso e dell’età alla morte, la ricerca prevede un’analisi quantitativa del peso dei diversi distretti anatomici, allo scopo di evidenziare alcuni aspetti del rituale funerario come, ad esempio, una selezione nella raccolta dei frammenti ossei. Inoltre, saranno esaminate le alterazioni scheletriche, anche di tipo patologico, indicatrici delle condizioni di vita e di salute. Infine, attraverso l’analisi cromatica delle ossa, sarà determinata la temperatura di combustione raggiunta durante la cremazione. Un secondo Laboratorio di Paleopatologia ospitato nella Certosa di Calci ha permesso di avviare anche lo studio antropologico dei materiali ossei provenienti dalla necropoli tardo-antica , che comprenderà tra l’altro esami radiografici, campionature per DNA antico, per paleonutrizione ecc. Allo stato attuale delle ricerche sono stati puliti e restaurati i resti di 20 inumati; l’esame antropologico preliminare ha evidenziato la presenza di soggetti di entrambi i sessi ed appartenenti a diverse fasce di età. La ricerca proseguirà utilizzando le consuete e consolidate metodologie antropologiche e paleopatologiche, quali diagnosi di sesso ed età, osteometria, rilevamento di caratteri discontinui ed ergonomici dello scheletro, paleopatologia dentaria e scheletrica. Ciò consentirà la ricostruzione del profilo demografico del campione, l’inquadramento tipologico e la caratterizzazione costituzionale della popolazione, la ricostruzione dello stile di vita, delle attività svolte e dello stato di salute di un consistente campione della popolazione tardo-antica di Pisa.
Via Marche: La tomografia computerizzata e lo studio antropologico delle urne cinerarie
FORNACIARI, GINO;MINOZZI S;GIUFFRA, VALENTINA
2011-01-01
Abstract
Il Progetto Antica gente di Pisa nasce dall’esigenza di completare l’indagine archeologica effettuata sul terreno e studiare i resti umani provenienti dalle due necropoli scavate nel 2005-2006 fuori Porta a Lucca, nell’isolato compreso tra via Marche, via Bianchi, via Abba ( Paribeni, Rizzitelli, Cerato, Costantini, Sarti 2006). La necropoli più recente e ben più vasta di quanto abbia potuto documentare lo scavo, ha restituito 194 sepolture ad inumazione ed ha documentato diverse tipologie di allestimento, in fossa semplice o rivestita da un muretto perimetrale, a “cappuccina” con tegole e coppi o lastre in pietra, entro anfore riutilizzate che sono già state oggetto di uno studio (Costantini cds). Il riutilizzo di questi contenitori per la deposizione di adulti e bambini consente di datare alcune delle sepolture tra il II e il V secolo d.C. ed offre un aggancio cronologico anche alle numerose deposizioni in fosse semplici o con poveri allestimenti e rari oggetti di corredo. L’intenso e lungo utilizzo cimiteriale di questo sito integra la scarsa conoscenza della città tardo antica offerta dagli scavi nella Piazza del Duomo e dalle scoperte nel cantiere di San Rossore. I primi interessano in modo particolare perché hanno documentato la presenza di modeste strutture di abitazione in legno che occupano fino al V secolo d.C. gli spazi ancora agibili delle grandi domus di età imperiale. Non possiamo affermare con certezza che la necropoli suburbana, situata di la dall’Auser, sia da collegare proprio a questo nucleo dell’abitato tardo antico, mentre è possibile che abbia esaurito lentamente il suo ruolo a partire dal V – VI secolo d.C., quando ha inizio quel processo di ridefinizione funzionale della Piazza che la porta a diventare il centro dei principali edifici di culto cristiano e di una vasta area cimiteriale. Il numero considerevole di individui costituisce dunque un campione importante di popolazione pisana il cui studio è stato affidato al Prof. Gino Fornaciari dell’Università di Pisa. L’indagine nell’area che prende il nome da via Marche ha portato anche all’individuazione di una seconda necropoli, etrusca, in parte sottoposta alla necropoli romana. Il rituale della cremazione, l’allestimento delle tombe in pozzetti foderati di pietre e la tipologia di alcuni cinerari, biconici con tipiche forme e decorazioni villanoviane, chiusi da una ciotola capovolta e in un caso da un elmo di terracotta, riporta al IX -VIII secolo a.C., alle origini di Pisa etrusca. Alcuni pozzetti accolgono invece un dolio cordonato: in questi casi è prematuro esprimersi, mentre per due tombe che utilizzano un dolio a superficie ingubbiata si può ipotizzare una cronologia in età orientalizzante. Le molte incertezze relative a questo sepolcreto sono dovute al fatto che i trentacinque cinerari sono stati isolati, documentati e prelevati dai relativi pozzetti allo scopo di completare in laboratorio lo scavo del contenuto. La Soprintendenza ha quindi individuato il percorso più funzionale al raggiungimento di questo obiettivo, reso urgente dalla necessità mettere in sicurezza quanto prima i manufatti, sottoposti ad un drastico cambiamento delle condizioni ambientali. Anche per questo intervento si è fatto ricorso alla collaborazione della Divisione di Paleopatologia dell’Ospedale di S. Chiara, diretta da Gino Fornaciari. Ciò ha permesso di dare una sede ai materiali e soprattutto di predisporre un piano di intervento con due principali finalità: eseguire il microscavo in laboratorio dei cinerari della necropoli etrusca e studiare i resti scheletrici di questa e della necropoli tardo antica. I cinerari sono ora ospitati in spazi attrezzati per affrontare entrambi gli aspetti del lavoro. La circostanza di operare all’interno della struttura ospedaliera ha reso possibile anche l’utilizzo di strumentazioni proprie della diagnostica medica. In particolare l’applicazione della TAC si è rivelata di grande efficacia per “indagare” virtualmente il contenuto dei cinerari prima di affrontarne lo scavo . A differenza della Radiografia la TAC (Tomografia Assiale Computerizzata) permette di ottenere, con l’acquisizione di centinaia di sezioni radiologiche, la mappatura completa dei cinerari, del loro contenuto e la successiva ricostruzione virtuale tridimensionale. Lo scavo vero e proprio è iniziato nell’agosto 2007, quando il Progetto Antica gente di Pisa, elaborato dagli scriventi, è stato accolto favorevolmente dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa, ricevendo un consistente contributo finanziario. Al maggio 2008 venti urne sono stati sottoposte alla TAC e quindici sono state scavate in laboratorio, seguendo una procedura messa a punto con l’aiuto dei restauratori del Centro di Restauro della Soprintendenza . La continuità tra l’intervento sul campo e quello in laboratorio è assicurata dagli archeologi che hanno il compito primario di raccordare la documentazione già elaborata con quella prodotta nel corso del microscavo stratigrafico all’interno dei vasi. Come sul cantiere, anche in laboratorio viene tenuto un Diario di scavo e vengono compilate Schede appositamente predisposte. Dopo aver liberato il cinerario dall’imballaggio si eseguono fotografie e quindi si procede alla pulitura esterna del vaso e della sua copertura, in genere costituita da una ciotola capovolta, che può presentarsi integra e in posto ma anche frammentata, con i frammenti dispersi all’interno o all’esterno del cinerario. La documentazione, oltre che fotografica, prevede la restituzione grafica a contatto su foglio di nylon e l’attribuzione di un numero d’ordine a ciascun frammento pertinente all’oggetto che quindi si recupera in sacchetti numerati. Gruppi di frammenti contigui possono essere preventivamente velati con garze e consolidati, per poi essere recuperati insieme. Lo scavo procede con la rimozione dei riempimenti del cinerario distinguendo i sedimenti e i reperti originati da fenomeni post-deposizionali – terra di infiltrazione, frammenti ceramici dispersi – e quelli relativi al rito del seppellimento, ossa, carboni, oggetti di corredo. I depositi provenienti da infiltrazione, normalmente presenti nella parte superiore del vaso, vengono raccolti e campionati per poi essere sottoposti a lavaggio. Segue quindi lo scavo dei resti scheletrici deposti dopo la cremazione che occupano i due terzi inferiori del cinerario. Lo scavo delle ossa normalmente associate ad oggetti di corredo, segue di regola un andamento per tagli predefiniti: il contenuto viene suddiviso in almeno quattro strati in base alla quantità e qualità di materiale presente. In genere, il deposito contenente ossa combuste viene suddiviso in uno strato superiore, uno intermedio ed uno inferiore, alla base del vaso. Questo permette di evidenziare eventuali sequenze volontarie nella deposizione dei resti all’interno del cinerario e, in caso di sepolture multiple, comprendere se gli individui sono stati introdotti (e quindi cremati) contemporaneamente o in momenti successivi. Inoltre, può essere così individuato il momento di deposizione di eventuali elementi estranei (ossa animali, oggetti di corredo, ecc,). Questo metodo può rivelarsi utile per la ricostruzione di aspetti del rituale del seppellimento. Infatti, altre esperienze hanno dimostrato che la deposizione delle ossa nel cinerario dopo la cremazione può non essere caotica, ma tesa a “ricostituire” idealmente l’individuo e a collocare gli oggetti del corredo secondo criteri legati alla loro funzione. In questa fase, si rivelano di fondamentale aiuto i risultati della TAC che, segnalando la presenza, le distanze e le dimensioni approssimative di eventuali oggetti di corredo a componente metallica misti alle ossa, guidano l’azione dello scavo. La posizione stratigrafica di questi stessi reperti e di altri reperti macroscopici non evidenziati dalla TAC viene registrata comunque nel corso dello scavo, eseguendo la documentazione fotografica e la restituzione grafica quotata dell’oggetto in posto . L’operazione non è irrilevante dal momento che talvolta gli oggetti in bronzo evidenziati e abbastanza riconoscibili nella TAC, all’atto del recupero si rivelano privi di consistenza, per la mineralizzazione del metallo, e quindi difficilmente recuperabili. In generale gli oggetti metallici più fragili o che è difficile isolare nel limitato spazio di azione del cinerario vengono asportati con un piccolo “pane”, inglobando ossa e terra allo scopo di affidarne il recupero ad un restauratore. Anche in questo caso si rivela importante la TAC, perché consente di eseguire il prelievo con la sicurezza di non interferire con altri reperti contenuti nel cinerario. I carboni provenienti dal rogo sono scarsi (almeno nel gruppo di tombe scavate fino ad ora, quasi tutte risalenti al IX – VIII secolo a.C.) e vengono raccolti per essere analizzati e fornire informazioni sulle specie vegetali selezionate per il rogo e sul paesaggio vegetale contemporaneo all’uso della necropoli. Durante lo scavo anche il cinerario apparentemente più integro ha rivelato la presenza di linee di frattura che hanno reso necessaria una fasciatura di rinforzo esterno oppure la rimozione dei frammenti di cui non era garantita la stabilità. In alcuni casi lo smontaggio di parti del cinerario è stato eseguito al solo scopo di facilitare lo scavo interno. La procedura è stata sempre preceduta dalla documentazione tramite rilievo con nylon a contatto, come per la ciotola. Taluni cinerari sono collassati, con pietre di rivestimento del pozzetto penetrate all’interno frammiste a parti del vaso. Le operazioni di scavo interno sono state quindi parziali e verranno completate in sede di restauro. In alcuni di questi casi – quando la lettura dell’oggetto non venga troppo condizionata - il restauro potrebbe limitarsi soltanto alla pulitura e al consolidamento . Presentando lo stato del manufatto quale esito di condizioni ambientali o di azioni antropiche successivi alla deposizione nel pozzetto, si mira a focalizzare l’attenzione sulla complessità delle vicende che hanno riguardato il sito anche dopo l’abbandono della necropoli. E.P. Lo studio antropologico Allo stato attuale delle ricerche, solo una piccola parte dei resti scheletrici combusti contenuti nei cinerari è stata esaminata; pertanto è possibile indicare solo alcuni risultati preliminari e le potenzialità della ricerca. Dall’esame del primo gruppo di urne risulta che ciascun cinerario contiene un unico individuo. In alcuni casi però è stata constatata la presenza di elementi ossei di un secondo soggetto: questo dato suggerisce di ipotizzare l’esistenza di un luogo dedicato alle cremazioni. Sono stati rinvenuti individui appartenenti ad entrambi i sessi e con differenti età. Oltre alla ricostruzione del profilo demografico, attraverso la determinazione del numero di individui, del sesso e dell’età alla morte, la ricerca prevede un’analisi quantitativa del peso dei diversi distretti anatomici, allo scopo di evidenziare alcuni aspetti del rituale funerario come, ad esempio, una selezione nella raccolta dei frammenti ossei. Inoltre, saranno esaminate le alterazioni scheletriche, anche di tipo patologico, indicatrici delle condizioni di vita e di salute. Infine, attraverso l’analisi cromatica delle ossa, sarà determinata la temperatura di combustione raggiunta durante la cremazione. Un secondo Laboratorio di Paleopatologia ospitato nella Certosa di Calci ha permesso di avviare anche lo studio antropologico dei materiali ossei provenienti dalla necropoli tardo-antica , che comprenderà tra l’altro esami radiografici, campionature per DNA antico, per paleonutrizione ecc. Allo stato attuale delle ricerche sono stati puliti e restaurati i resti di 20 inumati; l’esame antropologico preliminare ha evidenziato la presenza di soggetti di entrambi i sessi ed appartenenti a diverse fasce di età. La ricerca proseguirà utilizzando le consuete e consolidate metodologie antropologiche e paleopatologiche, quali diagnosi di sesso ed età, osteometria, rilevamento di caratteri discontinui ed ergonomici dello scheletro, paleopatologia dentaria e scheletrica. Ciò consentirà la ricostruzione del profilo demografico del campione, l’inquadramento tipologico e la caratterizzazione costituzionale della popolazione, la ricostruzione dello stile di vita, delle attività svolte e dello stato di salute di un consistente campione della popolazione tardo-antica di Pisa.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.