Questo volume, nato a seguito d’un rinnovato, e sapientemente scenografico, percorso espositivo di “Pupazzi con rabbia e sentimento” del Fo non solo attore-autore, raccoglie contributi di studiosi attratti dalla pluridisciplinarità e quindi acutamente capaci di focalizzarne i punti chiave negli oltre cinquant’anni di produzione della coppia premio Nobel. Oltre al grande Giullare, la grande Comica dell’Arte Franca, i cui registri tragici arricchiscono (per Puppa) la dinamica polivalente d’una compagnia non a caso vestita dalla straordinaria e segnatamente artigianale sartoria Rame (Niccoli). Emerge dal complesso dei saggi una stratificazione dialettica, teatro-pittura, corpo-figura, azione-narrazione, mitologia-mitografia, fondata non solo sul binomio tragico-comico e vita-arte, ma sul fare teatro nella sua immaginosa concretezza e matericità. Affrontata in parallelo o insieme (Peja), la coppia mostra da un lato la capacità “sintetica” del corpo attorico di Fo nel tracciare mobili figure animate, in un libero scambio tra il foglio dipinto e la scena, che rompe anche per il pubblico la cornice del teatro (Barsotti); specialmente a partire da quel Mistero buffo di cui sono indagati i rapporti di continuità e discontinuità con i narr-attori (Soriani). Un lato dunque illustrato sia nei suoi aspetti d’interazione segnica fra immagini parlanti e azioni figurate (Ciccuto) sia in quelli delle “lezioni d’arte”, come punti d’approdo dell’osmosi iconico-performativa di Fo (Contorno). Dall’altro lato, con la Rame emerge prepotentemente, nella coppia, non solo quello “femminile”, ma la sua autonoma creatività, che trova la sua climax nello psicodramma dello stupro (D’Angeli), e s’afferma già in quella Medea che costituisce una sorta di “mito secondo”, rivitalizzando il primo per via di paradosso, nell’intreccio di cultura classica e contemporaneità, alto e basso, lingua colta e quella popolare-dialettale reinventata (Marinai). Nel complesso la mescolanza, apparentemente paradossale tra “razionalità” del comico − ma un comico violento − e “irrazionalità” del tragico, sotterranea e a volte incompresa nel teatro di Fo, può culminare proprio quando abbandona il modulo farsesco a favore di una tragicità arcaica: nel lavoro inedito sul caso Moro (Farrell). Un’operazione che ci restituisce la vis cosmica di quella “rabbia” e di quel “sentimento” che investe gli esseri umani − e l’attore-autore con loro − in disequilibrium come i suoi Pupazzi, di fronte a tragedie moderne.
"Dario Fo e Franca Rame, una vita per l'arte. Bozzetti, figure, scene pittoriche e teatrali"
BARSOTTI, ANNA;MARINAI, EVA
2011-01-01
Abstract
Questo volume, nato a seguito d’un rinnovato, e sapientemente scenografico, percorso espositivo di “Pupazzi con rabbia e sentimento” del Fo non solo attore-autore, raccoglie contributi di studiosi attratti dalla pluridisciplinarità e quindi acutamente capaci di focalizzarne i punti chiave negli oltre cinquant’anni di produzione della coppia premio Nobel. Oltre al grande Giullare, la grande Comica dell’Arte Franca, i cui registri tragici arricchiscono (per Puppa) la dinamica polivalente d’una compagnia non a caso vestita dalla straordinaria e segnatamente artigianale sartoria Rame (Niccoli). Emerge dal complesso dei saggi una stratificazione dialettica, teatro-pittura, corpo-figura, azione-narrazione, mitologia-mitografia, fondata non solo sul binomio tragico-comico e vita-arte, ma sul fare teatro nella sua immaginosa concretezza e matericità. Affrontata in parallelo o insieme (Peja), la coppia mostra da un lato la capacità “sintetica” del corpo attorico di Fo nel tracciare mobili figure animate, in un libero scambio tra il foglio dipinto e la scena, che rompe anche per il pubblico la cornice del teatro (Barsotti); specialmente a partire da quel Mistero buffo di cui sono indagati i rapporti di continuità e discontinuità con i narr-attori (Soriani). Un lato dunque illustrato sia nei suoi aspetti d’interazione segnica fra immagini parlanti e azioni figurate (Ciccuto) sia in quelli delle “lezioni d’arte”, come punti d’approdo dell’osmosi iconico-performativa di Fo (Contorno). Dall’altro lato, con la Rame emerge prepotentemente, nella coppia, non solo quello “femminile”, ma la sua autonoma creatività, che trova la sua climax nello psicodramma dello stupro (D’Angeli), e s’afferma già in quella Medea che costituisce una sorta di “mito secondo”, rivitalizzando il primo per via di paradosso, nell’intreccio di cultura classica e contemporaneità, alto e basso, lingua colta e quella popolare-dialettale reinventata (Marinai). Nel complesso la mescolanza, apparentemente paradossale tra “razionalità” del comico − ma un comico violento − e “irrazionalità” del tragico, sotterranea e a volte incompresa nel teatro di Fo, può culminare proprio quando abbandona il modulo farsesco a favore di una tragicità arcaica: nel lavoro inedito sul caso Moro (Farrell). Un’operazione che ci restituisce la vis cosmica di quella “rabbia” e di quel “sentimento” che investe gli esseri umani − e l’attore-autore con loro − in disequilibrium come i suoi Pupazzi, di fronte a tragedie moderne.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.