La ricerca è dedicata al ruolo delle organizzazioni regionali nel mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Il tema può apparire classico ed ampiamente indagato dalla dottrina; sembra tuttavia di poter affermare che, a ben vedere, l’attenzione prevalente è stata sinora rivolta alle azioni regionali in materia condotte mediante l’uso della forza, in applicazione dell’art. 53 della Carta ONU (ovvero con l’autorizzazione e sotto la direzione del Consiglio di Sicurezza). Il contributo delle organizzazioni regionali è però previsto dalla Carta in termini più ampi: l’art. 52, infatti, consente un’azione regionale in materia in termini generali, con la condizione che si tratti di “attività… conformi ai fini ed ai principi delle Nazioni Unite”. E’ pertanto configurabile una competenza autonoma di tali enti ad attivarsi per giungere “ad una soluzione pacifica delle controversie di carattere locale” (art. 52, comma 2). Né, d’altra parte, sembra ragionevole pensare ai soli mezzi pacifici di soluzione di cui al capo VI della Carta, anzitutto perché l’art. 52, comma 4 precisa che il suo disposto “non pregiudica in alcun modo l’affermazione degli artt. 34 e 35” (lasciando così aperta la possibilità che le procedure ex capo VI possano essere attivate in concorso o addirittura ad esclusione dell’intervento regionale); inoltre, perché la locuzione utilizzata dall’art. 52 (“questioni concernenti il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale”) appare più ampia del mero riferimento alle situazioni di cui all’art. 33. In definitiva, muovendo dalla considerazione appena espressa, appare possibile individuare un ambito in cui le organizzazioni regionali possono contribuire con mezzi diversi da quelli ex art. 53, ma non necessariamente esaurentisi nelle procedure, tradizionali e da tempo tipificate, di soluzione pacifica delle controversie, e –soprattutto- rivolte a situazioni potenzialmente più gravi di quelle “suscettibili di mettere in pericolo il mantenimento della pace”, alle quali fa riferimento il capo VI. Se tale convincimento abbia un fondamento non solo esegetico, ma anche concreto ed attuale, lo si può dimostrare solo attraverso un esame della prassi che presenti i caratteri di intervento regionale con mezzi non solo diversi dall’uso della forza, ma anche differenziati nei contenuti e nelle modalità strutturali da quelli storici della composizione pacifica delle controversie. Pur non mancando un’analisi meramente esegetica dei profili interpretativi, si è insomma agito nella convinzione che una risposta adeguata non potesse prescindere da un’analisi sistematica della prassi. A tal fine la disamina è stata estesa alle situazioni che si sono presentate nel secondo dopo-guerra con le predette caratteristiche nelle varie aree geo-politiche della società internazionale ed i risultati che ne emergono appaiono interessanti sia sotto il profilo quantitativo che sotto quello qualitativo. Tale bilancio appare, fra l’altro, idoneo a spiegare l’attuale interesse dell’ONU per il ruolo ed il contributo delle organizzazioni regionali al mantenimento delle pace e della sicurezza internazionale, anche con mezzi diversi dall’uso della forza. In effetti, come già rilevava il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon nel suo rapporto del 7 aprile 2008 “Until 1990 there were no references in Security Council resolutions to regional organizations”; a partire, invece dall’Agenda per la Pace del 17 giugno 1992, l’esame degli atti di vari organi delle Nazioni Unite comprovano una convinta e persistente volontà di costruzione di una vera e propria concertazione permanente fra gli organi dell’ONU e le organizzazioni regionali di volta in volta specificamente interessate. Si tratta, pertanto, di una tematica che non solo ha già inciso profondamente da anni sull’ambiente sociale internazionale, ma appare anche suscettibile di ulteriori potenzialità nella fondamentale prospettiva di una “regional-global security partnership” che poggi in misura crescente sull’uso di mezzi propri

Il contributo delle organizzazioni regionali al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale con mezzi non implicanti l'uso della forza

PASQUALI, LEONARDO
2012-01-01

Abstract

La ricerca è dedicata al ruolo delle organizzazioni regionali nel mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Il tema può apparire classico ed ampiamente indagato dalla dottrina; sembra tuttavia di poter affermare che, a ben vedere, l’attenzione prevalente è stata sinora rivolta alle azioni regionali in materia condotte mediante l’uso della forza, in applicazione dell’art. 53 della Carta ONU (ovvero con l’autorizzazione e sotto la direzione del Consiglio di Sicurezza). Il contributo delle organizzazioni regionali è però previsto dalla Carta in termini più ampi: l’art. 52, infatti, consente un’azione regionale in materia in termini generali, con la condizione che si tratti di “attività… conformi ai fini ed ai principi delle Nazioni Unite”. E’ pertanto configurabile una competenza autonoma di tali enti ad attivarsi per giungere “ad una soluzione pacifica delle controversie di carattere locale” (art. 52, comma 2). Né, d’altra parte, sembra ragionevole pensare ai soli mezzi pacifici di soluzione di cui al capo VI della Carta, anzitutto perché l’art. 52, comma 4 precisa che il suo disposto “non pregiudica in alcun modo l’affermazione degli artt. 34 e 35” (lasciando così aperta la possibilità che le procedure ex capo VI possano essere attivate in concorso o addirittura ad esclusione dell’intervento regionale); inoltre, perché la locuzione utilizzata dall’art. 52 (“questioni concernenti il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale”) appare più ampia del mero riferimento alle situazioni di cui all’art. 33. In definitiva, muovendo dalla considerazione appena espressa, appare possibile individuare un ambito in cui le organizzazioni regionali possono contribuire con mezzi diversi da quelli ex art. 53, ma non necessariamente esaurentisi nelle procedure, tradizionali e da tempo tipificate, di soluzione pacifica delle controversie, e –soprattutto- rivolte a situazioni potenzialmente più gravi di quelle “suscettibili di mettere in pericolo il mantenimento della pace”, alle quali fa riferimento il capo VI. Se tale convincimento abbia un fondamento non solo esegetico, ma anche concreto ed attuale, lo si può dimostrare solo attraverso un esame della prassi che presenti i caratteri di intervento regionale con mezzi non solo diversi dall’uso della forza, ma anche differenziati nei contenuti e nelle modalità strutturali da quelli storici della composizione pacifica delle controversie. Pur non mancando un’analisi meramente esegetica dei profili interpretativi, si è insomma agito nella convinzione che una risposta adeguata non potesse prescindere da un’analisi sistematica della prassi. A tal fine la disamina è stata estesa alle situazioni che si sono presentate nel secondo dopo-guerra con le predette caratteristiche nelle varie aree geo-politiche della società internazionale ed i risultati che ne emergono appaiono interessanti sia sotto il profilo quantitativo che sotto quello qualitativo. Tale bilancio appare, fra l’altro, idoneo a spiegare l’attuale interesse dell’ONU per il ruolo ed il contributo delle organizzazioni regionali al mantenimento delle pace e della sicurezza internazionale, anche con mezzi diversi dall’uso della forza. In effetti, come già rilevava il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon nel suo rapporto del 7 aprile 2008 “Until 1990 there were no references in Security Council resolutions to regional organizations”; a partire, invece dall’Agenda per la Pace del 17 giugno 1992, l’esame degli atti di vari organi delle Nazioni Unite comprovano una convinta e persistente volontà di costruzione di una vera e propria concertazione permanente fra gli organi dell’ONU e le organizzazioni regionali di volta in volta specificamente interessate. Si tratta, pertanto, di una tematica che non solo ha già inciso profondamente da anni sull’ambiente sociale internazionale, ma appare anche suscettibile di ulteriori potenzialità nella fondamentale prospettiva di una “regional-global security partnership” che poggi in misura crescente sull’uso di mezzi propri
2012
Pasquali, Leonardo
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/152220
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