La drammatica scena della lite nella XIV aventiure del Nibelungenlied è senza dubbio uno degli episodi di maggiore tensione, densa di ripercussioni politiche, familiari e psicologiche. La cruenta ecatombe che ne conseguirà, segnerà la fine apocalittica di un’epoca e il ridimensionamento dei due regni principali, ancorché, sorprendentemente, senza un vero vincitore. L’alterco, svolta determinante di un ciclo leggendario lungo oltre trent’anni, ha in sé qualcosa di paradossale, dal momento che le vicende relative alla tragedia dei Burgundi scaturiscono dalle azioni (più precisamente dalle reciproche ingiurie) di due personaggi femminili. È cosa nota che la letteratura medioevale, laica come ecclesiastica, non assegni molti spazi di autonomia per le donne, se non per ruoli comprimari a quelli maschili, di re ed eroi. Ma il NL, inconsueto testimone della fusione tra epica orale e paradigmi letterari cortesi, già nel quarto verso della seconda strofa (la strofa di apertura nel ms. B), allude alla morte di moltissimi cavalieri per colpa di una donna (scil.: Crimilde), mentre solo poco più avanti, (6.4 (4.4 in B)), l’arroganza di due donne è la fonte riconosciuta della discordia e della rovina della corte burgunda (si cfr. ancora 876.4). Il poema desta l’impressione che a queste due protagoniste venga delegata una responsabilità insieme grandiosa e terribile. La riaffermazione delle prerogative dinastiche dell’aristocrazia di sangue contro le fulminee ‘scalate’ sociali e le acquisizioni di potere spregiudicate non viene ribadita, come ci si potrebbe attendere, dall’intervento ufficiale e inequivoco di re e uomini di potere, ma attraverso un conflitto di rango apparentemente occasionale di due nobildonne. La violenta disputa verbale che segue si abbassa fino al livello di una baruffa da mercato, innescando un processo inarrestabile, rivelatore di ragioni più complesse di una superficiale gelosia, originate dalla menzogna e dalla violenza, dalla contrapposizione tra pubblico e privato e dalla sopraffazione mascherata nell’istituto matrimoniale. Nel NL, la rappresentazione della regalità femminile sembra eludere in buona parte i canoni dell’etichetta cortese e della più celebrata Minne (ed espressi da figure sfocate come Uote, Sieglind o Helche), per esprimere piuttosto – di fronte a un tema di stringente attualità come i rapporti vassallatici – l’inadeguatezza della nuova aristocrazia guerriera e la profonda crisi di ruolo della nobiltà legittimata dai vincoli di sangue, unitamente a una sostanziale misoginia.

"Potere e ideologia di genere in Nibelungenlied XIV, 815-850: un semplice caso di rivalità?"

BATTAGLIA, MARCO
2013-01-01

Abstract

La drammatica scena della lite nella XIV aventiure del Nibelungenlied è senza dubbio uno degli episodi di maggiore tensione, densa di ripercussioni politiche, familiari e psicologiche. La cruenta ecatombe che ne conseguirà, segnerà la fine apocalittica di un’epoca e il ridimensionamento dei due regni principali, ancorché, sorprendentemente, senza un vero vincitore. L’alterco, svolta determinante di un ciclo leggendario lungo oltre trent’anni, ha in sé qualcosa di paradossale, dal momento che le vicende relative alla tragedia dei Burgundi scaturiscono dalle azioni (più precisamente dalle reciproche ingiurie) di due personaggi femminili. È cosa nota che la letteratura medioevale, laica come ecclesiastica, non assegni molti spazi di autonomia per le donne, se non per ruoli comprimari a quelli maschili, di re ed eroi. Ma il NL, inconsueto testimone della fusione tra epica orale e paradigmi letterari cortesi, già nel quarto verso della seconda strofa (la strofa di apertura nel ms. B), allude alla morte di moltissimi cavalieri per colpa di una donna (scil.: Crimilde), mentre solo poco più avanti, (6.4 (4.4 in B)), l’arroganza di due donne è la fonte riconosciuta della discordia e della rovina della corte burgunda (si cfr. ancora 876.4). Il poema desta l’impressione che a queste due protagoniste venga delegata una responsabilità insieme grandiosa e terribile. La riaffermazione delle prerogative dinastiche dell’aristocrazia di sangue contro le fulminee ‘scalate’ sociali e le acquisizioni di potere spregiudicate non viene ribadita, come ci si potrebbe attendere, dall’intervento ufficiale e inequivoco di re e uomini di potere, ma attraverso un conflitto di rango apparentemente occasionale di due nobildonne. La violenta disputa verbale che segue si abbassa fino al livello di una baruffa da mercato, innescando un processo inarrestabile, rivelatore di ragioni più complesse di una superficiale gelosia, originate dalla menzogna e dalla violenza, dalla contrapposizione tra pubblico e privato e dalla sopraffazione mascherata nell’istituto matrimoniale. Nel NL, la rappresentazione della regalità femminile sembra eludere in buona parte i canoni dell’etichetta cortese e della più celebrata Minne (ed espressi da figure sfocate come Uote, Sieglind o Helche), per esprimere piuttosto – di fronte a un tema di stringente attualità come i rapporti vassallatici – l’inadeguatezza della nuova aristocrazia guerriera e la profonda crisi di ruolo della nobiltà legittimata dai vincoli di sangue, unitamente a una sostanziale misoginia.
2013
9788873958482
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