Nel contesto di un mercato vitivinicolo globalizzato e particolarmente competitivo, il problema dei vitigni autoctoni potrebbe essere considerato marginale e non attuale, specialmente se manca una chiara definizione degli obiettivi di questo interesse. Innanzitutto, è quasi universalmente riconosciuto che l’attuale panorama vitivinicolo mondiale, che è caratterizzato dalla concentrazione dell'utilizzo di pochi vitigni, risponde ad esigenze squisitamente commerciali. Questa tendenza rischia di provocare un impoverimento del patrimonio genetico viticolo autoctono o comunque di quello avente una diffusione locale e che rappresenta spesso una eredità di secoli di storia, di tradizioni e di vicende socio-economiche. Il problema della conservazione della biodiversità è indubbiamente di tipo etico-culturale ed investe la possibilità di tramandare alle popolazioni future un germoplasma pesantemente eroso, avente poche possibilità evolutive. Affrontare questo tema su base emotiva potrebbe indurre a negare il profitto, che è il motivo dominante di qualsiasi attività economica. Verrebbe, pertanto, spontaneo pensare all’esistenza di un Ente pubblico che si faccia carico della conservazione del materiale genetico, da un lato e dall’altro ad una attività economica che prescinda da essa. L’attuazione di questo principio permetterebbe di conservare soltanto poche specie o quelle varietà che sono a rischio di estinsione senza, tuttavia, evitare l'impoverimento della biodiversità e senza offrire la possibilità di esplorare le peculiarità produttive di alcuni vitigni attualmente poco diffusi, che secondo fonti storiche hanno rivestito un ruolo non secondario nel nostro territorio.

Il germoplasma viticolo toscano: recupero e prospettive di valorizzazione

SCALABRELLI, GIANCARLO;
2000-01-01

Abstract

Nel contesto di un mercato vitivinicolo globalizzato e particolarmente competitivo, il problema dei vitigni autoctoni potrebbe essere considerato marginale e non attuale, specialmente se manca una chiara definizione degli obiettivi di questo interesse. Innanzitutto, è quasi universalmente riconosciuto che l’attuale panorama vitivinicolo mondiale, che è caratterizzato dalla concentrazione dell'utilizzo di pochi vitigni, risponde ad esigenze squisitamente commerciali. Questa tendenza rischia di provocare un impoverimento del patrimonio genetico viticolo autoctono o comunque di quello avente una diffusione locale e che rappresenta spesso una eredità di secoli di storia, di tradizioni e di vicende socio-economiche. Il problema della conservazione della biodiversità è indubbiamente di tipo etico-culturale ed investe la possibilità di tramandare alle popolazioni future un germoplasma pesantemente eroso, avente poche possibilità evolutive. Affrontare questo tema su base emotiva potrebbe indurre a negare il profitto, che è il motivo dominante di qualsiasi attività economica. Verrebbe, pertanto, spontaneo pensare all’esistenza di un Ente pubblico che si faccia carico della conservazione del materiale genetico, da un lato e dall’altro ad una attività economica che prescinda da essa. L’attuazione di questo principio permetterebbe di conservare soltanto poche specie o quelle varietà che sono a rischio di estinsione senza, tuttavia, evitare l'impoverimento della biodiversità e senza offrire la possibilità di esplorare le peculiarità produttive di alcuni vitigni attualmente poco diffusi, che secondo fonti storiche hanno rivestito un ruolo non secondario nel nostro territorio.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/160434
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