La ricerca riguarda un tema finora pressochè esplorato. Mentre infatti esiste una copiosa ed esauriente documentazione, che ha sin qui consentito la ricostruzione dei rapporti che gli Stati Uniti intrattennero con la Toscana granducale fin dal lontano 1777, e soprattutto a partire dal 1794, anno dell’istituzione del primo consolato statunitense a Livorno, altrettanto non può dirsi della parallela presenza toscana in America. Sono finora sfuggiti a qualsiasi indagine soprattutto i moventi, che mossero i prudentissimi gestori della politica granducale ad aprirsi, sia pure parzialmente, alle sollecitazioni statunitensi manifestatesi fin dal 1784. A partire dal 1815 si era finalmente squarciata la cortina di cautela che sino ad allora aveva caratterizzato la posizione ufficiale del Granducato. Con ogni probabilità, erano stati i sempre più frequenti contatti di affari, stabiliti da Toscani, in prevalenza corrispondenti e “banchieri” livornesi (tra i quali vanno ricordati i Palucci e i Filicchi), a convincere Firenze della opportunità di stabilire rapporti consolari con gli Stati Uniti, nella speranza, al momento tuttaltro che infondata, di attivarvi per il futuro nuovi rapporti commerciali. Il livornese Giovanni Francesco Mansoni, che da sette anni dimorava negli Stati Uniti per esercitarvi il commercio, inoltrava nel 1816 al Granduca una supplica per esservi nominato console toscano. La decisione sovrana accoglieva prontamente tale indirizzo, e il 25 giugno 1817 il Governatore Spannocchi poteva trasmettere a Giovanni Francesco Mansoni la lettera patente. Aveva così inizio una copiosa corrispondenza, sia pure essenzialmente limitata al periodo 1818-1824, tra Boston e Livorno, di cui fu ottimo testimone (e per alcuni aspetti ed in alcuni momenti perfino promotore) il Governatore Spannocchi. La ricerca, condotta prevalentemente su documenti inediti, apre una innumerevole serie di possibilità di ulteriori e proficue indagini.

Il primo console toscano negli Stati Uniti: il livornese Giovanni Francesco Mansoni a Boston (1817-1827)

VERNASSA, MAURIZIO
2003-01-01

Abstract

La ricerca riguarda un tema finora pressochè esplorato. Mentre infatti esiste una copiosa ed esauriente documentazione, che ha sin qui consentito la ricostruzione dei rapporti che gli Stati Uniti intrattennero con la Toscana granducale fin dal lontano 1777, e soprattutto a partire dal 1794, anno dell’istituzione del primo consolato statunitense a Livorno, altrettanto non può dirsi della parallela presenza toscana in America. Sono finora sfuggiti a qualsiasi indagine soprattutto i moventi, che mossero i prudentissimi gestori della politica granducale ad aprirsi, sia pure parzialmente, alle sollecitazioni statunitensi manifestatesi fin dal 1784. A partire dal 1815 si era finalmente squarciata la cortina di cautela che sino ad allora aveva caratterizzato la posizione ufficiale del Granducato. Con ogni probabilità, erano stati i sempre più frequenti contatti di affari, stabiliti da Toscani, in prevalenza corrispondenti e “banchieri” livornesi (tra i quali vanno ricordati i Palucci e i Filicchi), a convincere Firenze della opportunità di stabilire rapporti consolari con gli Stati Uniti, nella speranza, al momento tuttaltro che infondata, di attivarvi per il futuro nuovi rapporti commerciali. Il livornese Giovanni Francesco Mansoni, che da sette anni dimorava negli Stati Uniti per esercitarvi il commercio, inoltrava nel 1816 al Granduca una supplica per esservi nominato console toscano. La decisione sovrana accoglieva prontamente tale indirizzo, e il 25 giugno 1817 il Governatore Spannocchi poteva trasmettere a Giovanni Francesco Mansoni la lettera patente. Aveva così inizio una copiosa corrispondenza, sia pure essenzialmente limitata al periodo 1818-1824, tra Boston e Livorno, di cui fu ottimo testimone (e per alcuni aspetti ed in alcuni momenti perfino promotore) il Governatore Spannocchi. La ricerca, condotta prevalentemente su documenti inediti, apre una innumerevole serie di possibilità di ulteriori e proficue indagini.
2003
8884921015
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