Si ripercorre l'operato artistico di Toni Servillo, facendo il punto sul più recente studio sull'attore e individuando due punti chiave della sua poetica: il rapporto con la tradizione partenopea e quello con il teatro francese. L’attore-regista Servillo non è propriamente di Napoli, ma è interprete eccellente della tradizione culturale e teatrale partenopea, che ha i suoi apici in Raffaele Viviani, Eduardo De Filippo, Enzo Moscato. Di questi attori-autori egli porta in scena alcune opere in tempi e modi diversi nel corso della sua carriera, innervandole con contenuti e stilemi tratti anche da altri performer d’eccezione, come Leo De Berardinis e Carlo Cecchi, i quali, non originari della Campania, al teatro e alla lingua napoletani hanno attinto a piene mani. Un attore, peraltro, noto anche al grande pubblico, che si muove con destrezza fra teatro e cinema, incarnandosi – ma sarebbe meglio dire «disincarnandosi da sé», in omaggio al maestro putativo Jouvet (cfr. L. Jouvet, Le comédien désincarné, 1954) – in personaggi tra i più diversi, la cui comune cifra stilistica può forse essere rinvenuta nella molteplicità dei volti e delle nature umane, che ricorrono lungo il crinale temporale attraverso i secoli, e che la drammaturgia d’autore fissa con grande maestria.
La strana ovvietà. Napoli, il teatro e le comédien désincarné
MARINAI, EVA
2016-01-01
Abstract
Si ripercorre l'operato artistico di Toni Servillo, facendo il punto sul più recente studio sull'attore e individuando due punti chiave della sua poetica: il rapporto con la tradizione partenopea e quello con il teatro francese. L’attore-regista Servillo non è propriamente di Napoli, ma è interprete eccellente della tradizione culturale e teatrale partenopea, che ha i suoi apici in Raffaele Viviani, Eduardo De Filippo, Enzo Moscato. Di questi attori-autori egli porta in scena alcune opere in tempi e modi diversi nel corso della sua carriera, innervandole con contenuti e stilemi tratti anche da altri performer d’eccezione, come Leo De Berardinis e Carlo Cecchi, i quali, non originari della Campania, al teatro e alla lingua napoletani hanno attinto a piene mani. Un attore, peraltro, noto anche al grande pubblico, che si muove con destrezza fra teatro e cinema, incarnandosi – ma sarebbe meglio dire «disincarnandosi da sé», in omaggio al maestro putativo Jouvet (cfr. L. Jouvet, Le comédien désincarné, 1954) – in personaggi tra i più diversi, la cui comune cifra stilistica può forse essere rinvenuta nella molteplicità dei volti e delle nature umane, che ricorrono lungo il crinale temporale attraverso i secoli, e che la drammaturgia d’autore fissa con grande maestria.File | Dimensione | Formato | |
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