Il taglio letterario della lingua dei fumetti italiani è stato notato fin dai primi studi specialistici, a cominciare dal lavoro pionieristico di Giovanni Nencioni nel 1971, e la diagnosi è stata confermata anche dalle sintesi successive (per esempio, Morgana 2003). In anni successivi è stata progressivamente messa a fuoco la differenza tra il rigido monolinguismo del fumetto “serio” e la relativa espressività del fumetto umoristico, esaminata a fondo da Daniela Pietrini (2009) per quanto riguarda i Disney italiani. Molto meno studiata resta invece la variabilità interna ai diversi prodotti. Nel fumetto umoristico sono in effetti ben visibili i giochi individuali dei singoli autori e quelli condotti con lingue diverse dall’italiano (includendo tanto le lingue straniere quanto i dialetti: Sobrero 2002, Tavosanis 2009). Più rara sembra invece la presenza delle diverse varietà dell’italiano, nonostante le possibilità umoristiche consentite dall’alternanza o dalla commutazione di codice. Questa rarità è probabilmente causata anche dalla consapevolezza da parte di molti sceneggiatori della scarsa capacità di gestire la variazione diafasica da parte di un pubblico che in molti casi si colloca nell’infanzia o nella prima adolescenza. Sorprende però notarla pure all’interno di prodotti destinati a un pubblico più adulto: per esempio, nei soggetti di Alan Ford scritti da Max Bunker e nelle sezioni umoristiche di Dylan Dog scritte da Tiziano Sclavi. D’altra parte, alcuni tipi di variazione nascosta si trovano in altri livelli dei fumetti. Il contributo prende in esame da questo punto di vista le testate Bonelli più diffuse, Tex e Dylan Dog. L’esame linguistico, condotto anche con l’aiuto di un corpus elettronico appositamente costituito con codifica CBML-TEI (Figuccia 2013), mostra da questo punto di vista alcune caratteristiche relativamente impreviste. In particolare, tra il più “letterario” Tex e il più “espressivo” Dylan Dog, alcuni tratti linguistici sono in controtendenza rispetto all’assetto generale. Interessante è per esempio il caso degli ideofoni presenti nelle battute dei personaggi o all’interno delle vignette. Mentre nel campione di Dylan Dog preso in esame si trovano solo 0,88 ideofoni ogni 100 parole, all’interno del campione di Tex la frequenza è più che doppia, con 1,92 ideofoni ogni 100 parole. Il livello resta molto al di sotto di quello di un fumetto umoristico come Topolino (al cui interno si trovano 5,07 ideofoni ogni 100 parole) ma viene raggiunto con una strategia diversa rispetto a quella delle altre due testate citate: evitando l’espressività nelle battute dei personaggi e introducendo invece nelle vignette, fuori dai balloon, molti ideofoni che rendono in modo espressivo i rumori d’ambiente.

La lingua variabile nel fumetto italiano

TAVOSANIS, MIRKO LUIGI AURELIO
2014-01-01

Abstract

Il taglio letterario della lingua dei fumetti italiani è stato notato fin dai primi studi specialistici, a cominciare dal lavoro pionieristico di Giovanni Nencioni nel 1971, e la diagnosi è stata confermata anche dalle sintesi successive (per esempio, Morgana 2003). In anni successivi è stata progressivamente messa a fuoco la differenza tra il rigido monolinguismo del fumetto “serio” e la relativa espressività del fumetto umoristico, esaminata a fondo da Daniela Pietrini (2009) per quanto riguarda i Disney italiani. Molto meno studiata resta invece la variabilità interna ai diversi prodotti. Nel fumetto umoristico sono in effetti ben visibili i giochi individuali dei singoli autori e quelli condotti con lingue diverse dall’italiano (includendo tanto le lingue straniere quanto i dialetti: Sobrero 2002, Tavosanis 2009). Più rara sembra invece la presenza delle diverse varietà dell’italiano, nonostante le possibilità umoristiche consentite dall’alternanza o dalla commutazione di codice. Questa rarità è probabilmente causata anche dalla consapevolezza da parte di molti sceneggiatori della scarsa capacità di gestire la variazione diafasica da parte di un pubblico che in molti casi si colloca nell’infanzia o nella prima adolescenza. Sorprende però notarla pure all’interno di prodotti destinati a un pubblico più adulto: per esempio, nei soggetti di Alan Ford scritti da Max Bunker e nelle sezioni umoristiche di Dylan Dog scritte da Tiziano Sclavi. D’altra parte, alcuni tipi di variazione nascosta si trovano in altri livelli dei fumetti. Il contributo prende in esame da questo punto di vista le testate Bonelli più diffuse, Tex e Dylan Dog. L’esame linguistico, condotto anche con l’aiuto di un corpus elettronico appositamente costituito con codifica CBML-TEI (Figuccia 2013), mostra da questo punto di vista alcune caratteristiche relativamente impreviste. In particolare, tra il più “letterario” Tex e il più “espressivo” Dylan Dog, alcuni tratti linguistici sono in controtendenza rispetto all’assetto generale. Interessante è per esempio il caso degli ideofoni presenti nelle battute dei personaggi o all’interno delle vignette. Mentre nel campione di Dylan Dog preso in esame si trovano solo 0,88 ideofoni ogni 100 parole, all’interno del campione di Tex la frequenza è più che doppia, con 1,92 ideofoni ogni 100 parole. Il livello resta molto al di sotto di quello di un fumetto umoristico come Topolino (al cui interno si trovano 5,07 ideofoni ogni 100 parole) ma viene raggiunto con una strategia diversa rispetto a quella delle altre due testate citate: evitando l’espressività nelle battute dei personaggi e introducendo invece nelle vignette, fuori dai balloon, molti ideofoni che rendono in modo espressivo i rumori d’ambiente.
2014
9788896312568
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/833456
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact