Le attività zootecniche improntate alla sostenibilità ambientale trovano nella produzione biologica uno strumento efficace di sviluppo. Infatti l’equilibrio tra attività produttiva, ambiente e contesto socioeconomico rappresenta una finalità prioritaria sia delle produzioni sostenibili che del modo di operare biologico. La valorizzazione dell’agrosistema implica il rispetto di tappe fondamentali quali il recupero delle risorse genetiche autoctone, la tutela dell’ambiente ecologico (promozione delle buone pratiche ambientali e conservazione degli habitat, della biodiversità e del paesaggio) ed il rilancio di ecosistemi economici e culturali (fornendo alle zone rurali possibilità di sviluppo economico e di miglioramento delle condizioni di vita). Nel settore suinicolo si sta imponendo anche in Italia l’allevamento all’aperto, che non rappresenta un ritorno ad antiche tecniche di allevamento, ma si pone come una concreta ed innovativa alternativa all’allevamento intensivo che si avvantaggia delle conoscenze tecniche e scientifiche raggiunte negli ultimi anni in campo zootecnico. Gli aspetti che portano a considerare favorevolmente l’allevamento all’aperto sono molteplici: 1. modesto costi di impianto e di gestione; 2. ridotta richiesta di manodopera; 3. basso impatto ambientale; 4. particolare rispetto degli aspetti connessi con il benessere animale; 5. possibilità di utilizzare terreni marginali e boschivi grazie alla possibilità di allevare animali caratterizzati da forte adattabilità alimentare e rusticità; 6. valore aggiunto che questa tipologia di allevamento conferisce alle produzioni, soprattutto nel caso in cui si scelga di allevare razze autoctone, legate indissolubilmente alle produzioni tipiche di nicchia, che consentono di ottenere produzioni di qualità e di altissima tipicità. Gli ultimi due punti rappresentano elementi di primaria importanza economico produttiva delle aziende biologiche, ma rappresentano anche un punto di forza dato il loro significato culturale di salvaguardia dei TGA. La salvaguardia della biodiversità sia nel regno vegetale che in quello animale rappresenta un argomento di estrema attualità. Nonostante tutte le specie seguano un processo naturale che può condurre all’estinzione in tempi più o meno lunghi, tale percorso può essere accelerato o turbato dall’azione dell’uomo. In campo zootecnico, tale intervento si è principalmente concretizzata nell’uso, all’interno di ogni specie, di poche razze sempre più specializzate e selezionate a fini produttivi (es.: razza Frisona). La scelta dei caratteri produttivi economicamente più interessanti e il successivo lavoro di miglioramento genetico ha portato ad un progressivo impoverimento del materiale biologico. Secondo l’ultimo rapporto FAO del 1994 delle 2719 razze identificate tra le principali specie di interesse zootecnico, ne sono state individuate 391 a rischio (112 bovine, 101 ovine, 81 equine, 53 suine, 32 caprine, 11 asinine, 4 asinine). In Italia le razze in via di estinzione sarebbero 53 (11 bovine, 22 ovine, 9 caprine, 2 suine, 5 equine, 4 asinine). La conoscenza del patrimonio autoctono è il primo passo verso la sua conservazione. La salvaguardia del patrimonio genetico autoctono si estende e comprende la tutela dell’ambiente in quanto ad esso sempre strettamente connesso. Caratteristica comune a tutte le popolazioni locali è, infatti, l’essere in armonia con l’ambiente grazie ad una selezione naturale realizzatasi nel corso del tempo. Questa armonia si traduce in rusticità, frugalità, resistenza alle malattie, capacità di vivere, riprodursi e produrre con risorse alimentari modeste là dove razze con più elevate attitudini produttive vanno incontro a problemi ambientali che annullano le loro potenzialità genetiche. Ecco perché le popolazioni autoctone sono anche uno strumento di salvaguardia del territorio.

Allevamento con metodo biologico come opportunità di valorizzazione dell'ambiente e delle produzioni

GIULIOTTI, LORELLA;BENVENUTI, MARIA NOVELLA
2004-01-01

Abstract

Le attività zootecniche improntate alla sostenibilità ambientale trovano nella produzione biologica uno strumento efficace di sviluppo. Infatti l’equilibrio tra attività produttiva, ambiente e contesto socioeconomico rappresenta una finalità prioritaria sia delle produzioni sostenibili che del modo di operare biologico. La valorizzazione dell’agrosistema implica il rispetto di tappe fondamentali quali il recupero delle risorse genetiche autoctone, la tutela dell’ambiente ecologico (promozione delle buone pratiche ambientali e conservazione degli habitat, della biodiversità e del paesaggio) ed il rilancio di ecosistemi economici e culturali (fornendo alle zone rurali possibilità di sviluppo economico e di miglioramento delle condizioni di vita). Nel settore suinicolo si sta imponendo anche in Italia l’allevamento all’aperto, che non rappresenta un ritorno ad antiche tecniche di allevamento, ma si pone come una concreta ed innovativa alternativa all’allevamento intensivo che si avvantaggia delle conoscenze tecniche e scientifiche raggiunte negli ultimi anni in campo zootecnico. Gli aspetti che portano a considerare favorevolmente l’allevamento all’aperto sono molteplici: 1. modesto costi di impianto e di gestione; 2. ridotta richiesta di manodopera; 3. basso impatto ambientale; 4. particolare rispetto degli aspetti connessi con il benessere animale; 5. possibilità di utilizzare terreni marginali e boschivi grazie alla possibilità di allevare animali caratterizzati da forte adattabilità alimentare e rusticità; 6. valore aggiunto che questa tipologia di allevamento conferisce alle produzioni, soprattutto nel caso in cui si scelga di allevare razze autoctone, legate indissolubilmente alle produzioni tipiche di nicchia, che consentono di ottenere produzioni di qualità e di altissima tipicità. Gli ultimi due punti rappresentano elementi di primaria importanza economico produttiva delle aziende biologiche, ma rappresentano anche un punto di forza dato il loro significato culturale di salvaguardia dei TGA. La salvaguardia della biodiversità sia nel regno vegetale che in quello animale rappresenta un argomento di estrema attualità. Nonostante tutte le specie seguano un processo naturale che può condurre all’estinzione in tempi più o meno lunghi, tale percorso può essere accelerato o turbato dall’azione dell’uomo. In campo zootecnico, tale intervento si è principalmente concretizzata nell’uso, all’interno di ogni specie, di poche razze sempre più specializzate e selezionate a fini produttivi (es.: razza Frisona). La scelta dei caratteri produttivi economicamente più interessanti e il successivo lavoro di miglioramento genetico ha portato ad un progressivo impoverimento del materiale biologico. Secondo l’ultimo rapporto FAO del 1994 delle 2719 razze identificate tra le principali specie di interesse zootecnico, ne sono state individuate 391 a rischio (112 bovine, 101 ovine, 81 equine, 53 suine, 32 caprine, 11 asinine, 4 asinine). In Italia le razze in via di estinzione sarebbero 53 (11 bovine, 22 ovine, 9 caprine, 2 suine, 5 equine, 4 asinine). La conoscenza del patrimonio autoctono è il primo passo verso la sua conservazione. La salvaguardia del patrimonio genetico autoctono si estende e comprende la tutela dell’ambiente in quanto ad esso sempre strettamente connesso. Caratteristica comune a tutte le popolazioni locali è, infatti, l’essere in armonia con l’ambiente grazie ad una selezione naturale realizzatasi nel corso del tempo. Questa armonia si traduce in rusticità, frugalità, resistenza alle malattie, capacità di vivere, riprodursi e produrre con risorse alimentari modeste là dove razze con più elevate attitudini produttive vanno incontro a problemi ambientali che annullano le loro potenzialità genetiche. Ecco perché le popolazioni autoctone sono anche uno strumento di salvaguardia del territorio.
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