Quando Matteo Franco decise di prendere in mano la penna per indirizzare il primo sonetto a Luigi Pulci certamente non si aspettava che quell’invito diventasse l’incipit di un macrotesto ampio e complesso. Questa considerazione, di per sé ovvia, va tenuta nel debito conto quando ci accingiamo a leggere e a commentare questi sonetti. Si ha a che fare, come si è più volte sottolineato, con un libro organico, anche se in continuo movimento e privo di un definitivo consolidamento nella tradizione, anche se riconducibile, almeno nelle sue forme più evolute, all’iniziativa di autori e personaggi noti. Pur con notevoli escursioni nella consistenza e nell’ordinamento, il corpus dei "Sonetti iocosi e da ridere" è identificato come tale e tramandato da cinque manoscritti, due dei quali conosciuti e utilizzati fin dall’edizione Dolci1. I tre testimoni più importanti, non tanto per il numero dei testi, ma per il fatto di tramandare il corpus in una singola unità codicologica ad esso dedicata, si devono alla mano dell’umanista e chierico pistoiese Tommaso Baldinotti (1451-1511), che, come si vedrà in seguito, si rivela un assoluto protagonista della tradizione di questi sonetti, al punto da imprimere alla raccolta tanto notevoli escursioni redazionali quanto una svolta macrotestuale che finisce per trasformarne l’impianto a vantaggio di uno dei contendenti, il canonico Matteo Franco, la cui mano compare più volte a introdurre varianti e postille nei codici del Pistoiese.
Matteo Franco-Luigi Pulci, Libro dei Sonetti
Zaccarello, Michelangelo;
2017-01-01
Abstract
Quando Matteo Franco decise di prendere in mano la penna per indirizzare il primo sonetto a Luigi Pulci certamente non si aspettava che quell’invito diventasse l’incipit di un macrotesto ampio e complesso. Questa considerazione, di per sé ovvia, va tenuta nel debito conto quando ci accingiamo a leggere e a commentare questi sonetti. Si ha a che fare, come si è più volte sottolineato, con un libro organico, anche se in continuo movimento e privo di un definitivo consolidamento nella tradizione, anche se riconducibile, almeno nelle sue forme più evolute, all’iniziativa di autori e personaggi noti. Pur con notevoli escursioni nella consistenza e nell’ordinamento, il corpus dei "Sonetti iocosi e da ridere" è identificato come tale e tramandato da cinque manoscritti, due dei quali conosciuti e utilizzati fin dall’edizione Dolci1. I tre testimoni più importanti, non tanto per il numero dei testi, ma per il fatto di tramandare il corpus in una singola unità codicologica ad esso dedicata, si devono alla mano dell’umanista e chierico pistoiese Tommaso Baldinotti (1451-1511), che, come si vedrà in seguito, si rivela un assoluto protagonista della tradizione di questi sonetti, al punto da imprimere alla raccolta tanto notevoli escursioni redazionali quanto una svolta macrotestuale che finisce per trasformarne l’impianto a vantaggio di uno dei contendenti, il canonico Matteo Franco, la cui mano compare più volte a introdurre varianti e postille nei codici del Pistoiese.File | Dimensione | Formato | |
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