Questo libro si occupa del rapporto che venne instaurandosi, con la rivoluzione francese, tra Burke e la democrazia. Nel primo capitolo si vede come egli, abilmente sfruttando la cattiva fama che l’aveva accompagnata nella storia delpensiero politico, la legasse strettamente agli avvenimenti di Francia per denigrarla e criticarla alla radice, molto prima che quel regime si trasformasse in repubblica e degenerasse, successivamente, nel periodo del terrore. Burke adottò questa tattica quando ancora, persino i sostenitori della democrazia, erano restii dall’utilizzare quella parola. Ovviamente questa operazione procedette parallelamente all’enucleazione di altri contenuti, di altri aspetti inusitati che cominciarono a delineare una nuova morfologia della forma di governo e della società democratica. Per questo nel secondo e nel terzo capitolo analizzeremo i due piani distinti ma comunicanti in base ai quali Burke dissezionò la democrazia, anticipando Tocqueville. Nel secondo si prende in considerazione come egli smontasse i concetti democratici di popolo e di sovranità popolare, e respingesse alla radice l’idea che il diritto di voto si potesse basare su un diritto naturale astratto. Alla fonte di questa concezione c’era l’idea che l’uomo potesse perfettamente autogovernarsi così in politica come in religione, idea che univa di fatto i rivoluzionari francesi ai radicali anglo-americani, e che collegava Locke a Rousseau. Nel terzo capitolo si vede come questo principio egalitario ed individualistico, incarnato da uno spirito di ambizione senza limiti, nella cosiddetta rivolta del talento, in ogni campo, dalle lettere, all’economia e alla politica, avrebbe portato alla dissoluzione del codice etico aristocratico e della stessa religione, i pilastri dell’antico regime, e alla scomparsa di quelle maniere e quei costumi che ne avevano informato i rapporti sociali per secoli. Nel quarto e nel quinto capitolo esamineremo infine la reazione di Burke rispetto a fenomeni completamente nuovi: da una parte la cosiddetta dimensione religiosa del progetto democratico, che faceva della democrazia una vera e propria religione secolarizzata, caratterizzata da elementi come lo zelo, l’entusiasmo, il proselitismo, il fanatismo e l’intolleranza, e dall’altra invece, il problema della legittimità del potere, con i dubbi espressi allora da Burke sull’effettiva capacità della democrazia di stabilire un governo durevole nel tempo.

Uno spettro informe : Edmund Burke e l'«invenzione» della democrazia

Lenci, Mauro
2018-01-01

Abstract

Questo libro si occupa del rapporto che venne instaurandosi, con la rivoluzione francese, tra Burke e la democrazia. Nel primo capitolo si vede come egli, abilmente sfruttando la cattiva fama che l’aveva accompagnata nella storia delpensiero politico, la legasse strettamente agli avvenimenti di Francia per denigrarla e criticarla alla radice, molto prima che quel regime si trasformasse in repubblica e degenerasse, successivamente, nel periodo del terrore. Burke adottò questa tattica quando ancora, persino i sostenitori della democrazia, erano restii dall’utilizzare quella parola. Ovviamente questa operazione procedette parallelamente all’enucleazione di altri contenuti, di altri aspetti inusitati che cominciarono a delineare una nuova morfologia della forma di governo e della società democratica. Per questo nel secondo e nel terzo capitolo analizzeremo i due piani distinti ma comunicanti in base ai quali Burke dissezionò la democrazia, anticipando Tocqueville. Nel secondo si prende in considerazione come egli smontasse i concetti democratici di popolo e di sovranità popolare, e respingesse alla radice l’idea che il diritto di voto si potesse basare su un diritto naturale astratto. Alla fonte di questa concezione c’era l’idea che l’uomo potesse perfettamente autogovernarsi così in politica come in religione, idea che univa di fatto i rivoluzionari francesi ai radicali anglo-americani, e che collegava Locke a Rousseau. Nel terzo capitolo si vede come questo principio egalitario ed individualistico, incarnato da uno spirito di ambizione senza limiti, nella cosiddetta rivolta del talento, in ogni campo, dalle lettere, all’economia e alla politica, avrebbe portato alla dissoluzione del codice etico aristocratico e della stessa religione, i pilastri dell’antico regime, e alla scomparsa di quelle maniere e quei costumi che ne avevano informato i rapporti sociali per secoli. Nel quarto e nel quinto capitolo esamineremo infine la reazione di Burke rispetto a fenomeni completamente nuovi: da una parte la cosiddetta dimensione religiosa del progetto democratico, che faceva della democrazia una vera e propria religione secolarizzata, caratterizzata da elementi come lo zelo, l’entusiasmo, il proselitismo, il fanatismo e l’intolleranza, e dall’altra invece, il problema della legittimità del potere, con i dubbi espressi allora da Burke sull’effettiva capacità della democrazia di stabilire un governo durevole nel tempo.
2018
Lenci, Mauro
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