All’interno del panel "La letteratura nelle Accademie dei secoli XVI e XVII e la letteratura sulle Accademie" ho proposto questo studio sui rapporti fra l’Accademia degli Elevati di Ferrara (1540-1541) e l’Accademia degli Infiammati di Padova (1540-ca. 1545). I due centri culturali, connessi in qualche modo alla figura di Bartolomeo Cavalcanti, autore dell’importante "Retorica" di cui sto curando l’edizione critica, sono legati tra loro e fanno da sfondo alla genesi dell’opera da me studiata (la cui elaborazione inizia nel 1541). In queste istituzioni culturali si può rintracciare la presenza di un filone di studi di retorica, che produce esempi notevoli. Per citare solo i più importanti trattati in lingua volgare sull’argomento ricordo il "Dialogo della retorica" di Sperone Speroni, i "Ragionamenti della lingua toscana" di Bernardino Tomitano, il "Della eloquenza" di Daniello Barbaro, "La rhetorica" e "L’arte oratoria" di Francesco Sansovino. Propedeutica alla comunicazione pubblica e politica, la "Retorica" cavalcantiana si presenta tuttavia come un prodotto originale all’interno del panorama coevo e si distacca dalla concezione della retorica come abbellimento stilistico, tipica dalla scuola padovana, abbracciando invece l’idea di retorica come tecnica per la creazione di discorsi persuasivi, in funzione morale e civile. Essa è ispirata da un bisogno pedagogico fondamentale: la formazione del "cittadino" (vir bonus dicendi peritus). In essa l’uso delle fonti classiche, corollate da esempi moderni, s’interseca con la volontà d’istruire la massa, filtrata dal sistema di valori repubblicano. Un altro importante filone che si può rintracciare nelle due istituzioni prese in considerazione è quello degli studi sulla tragedia. In questo senso, un testo a mio avviso interessante è il "Giuditio sopra la tragedia di Canace et Macareo", ovvero il commento alla tragedia scritta da Sperone Speroni nel 1542, che molti studiosi attribuivano a Bartolomeo Cavalcanti, ma che Christina Roaf ha definitivamente attribuito a Giambattista Giraldi Cinzio.
Tra l’Accademia degli Elevati di Ferrara e l’Accademia degli Infiammati di Padova. La Retorica di Bartolomeo Cavalcanti e il Giuditio sopra la tragedia di Canace et Macareo di Giambattista Giraldi Cinzio
Manfredi Daniele
2017-01-01
Abstract
All’interno del panel "La letteratura nelle Accademie dei secoli XVI e XVII e la letteratura sulle Accademie" ho proposto questo studio sui rapporti fra l’Accademia degli Elevati di Ferrara (1540-1541) e l’Accademia degli Infiammati di Padova (1540-ca. 1545). I due centri culturali, connessi in qualche modo alla figura di Bartolomeo Cavalcanti, autore dell’importante "Retorica" di cui sto curando l’edizione critica, sono legati tra loro e fanno da sfondo alla genesi dell’opera da me studiata (la cui elaborazione inizia nel 1541). In queste istituzioni culturali si può rintracciare la presenza di un filone di studi di retorica, che produce esempi notevoli. Per citare solo i più importanti trattati in lingua volgare sull’argomento ricordo il "Dialogo della retorica" di Sperone Speroni, i "Ragionamenti della lingua toscana" di Bernardino Tomitano, il "Della eloquenza" di Daniello Barbaro, "La rhetorica" e "L’arte oratoria" di Francesco Sansovino. Propedeutica alla comunicazione pubblica e politica, la "Retorica" cavalcantiana si presenta tuttavia come un prodotto originale all’interno del panorama coevo e si distacca dalla concezione della retorica come abbellimento stilistico, tipica dalla scuola padovana, abbracciando invece l’idea di retorica come tecnica per la creazione di discorsi persuasivi, in funzione morale e civile. Essa è ispirata da un bisogno pedagogico fondamentale: la formazione del "cittadino" (vir bonus dicendi peritus). In essa l’uso delle fonti classiche, corollate da esempi moderni, s’interseca con la volontà d’istruire la massa, filtrata dal sistema di valori repubblicano. Un altro importante filone che si può rintracciare nelle due istituzioni prese in considerazione è quello degli studi sulla tragedia. In questo senso, un testo a mio avviso interessante è il "Giuditio sopra la tragedia di Canace et Macareo", ovvero il commento alla tragedia scritta da Sperone Speroni nel 1542, che molti studiosi attribuivano a Bartolomeo Cavalcanti, ma che Christina Roaf ha definitivamente attribuito a Giambattista Giraldi Cinzio.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.