One of the most important contributions offered by Italian culture to the architectural debate during the 20th century is the reaffirmation of the relationship between city and architecture as a determinant condition for the welfare of urban communities. Before that, the avant-garde movements denied this relationship, by opposing the building’s dissonant uniqueness, its irreducibility to contexts, and its formal inimitability to the syntax of the urban fabric. Thus, the utopian city of the avant-garde movements has been replaced, thanks to the Italian architecture culture, by a real city, designed on the basis of its inhabitants’ needs, and in dialogue with the preesistenze ambientali (existing buildings and ‘urban facts’), theorized by Ernesto Nathan Rogers. This doctoral dissertation investigates both the overall meanings and the singular expressions of the urban trace, intended as a system of signs. It focuses on the Italian architectural and urban production from the late 1960's to the early 1980's. Drawings and diagrams by the author act as a parallel history, with the intent to investigate some specific projects, and extracting by them new urban models or design strategies.

Uno dei più importanti contributi forniti dalla cultura architettonica italiana durante il Novecento consiste nell’aver riaffermato il ruolo determinante del rapporto tra città e architettura in quanto condizione per la vita armonica e concorde delle comunità urbane. Un rapporto che le avanguardie avevano di fatto negato, contrapponendo l’unicità dissonante dell’edificio, la sua irriducibilità al contesto, la sua irripetibilità formale, alla necessità della costruzione seriale del tessuto urbano. La città fatta di eccezioni che emergeva dalle utopie avanguardistiche è stata sostituita, per merito della cultura architettonica italiana, da una città concreta, disegnata a partire dalle esigenze reali degli abitanti. Esigenze che riguardavano anche e soprattutto quel dialogo con le preesistenze ambientali, teorizzato da Ernesto Nathan Rogers, attraverso il quale la città nuova si raccordava alle memorie di ciò che l’aveva preceduta. Questa tesi di dottorato indaga il significato complessivo e le espressioni singolari del tracciato urbano, inteso come una vera e propria scrittura. Esiste infatti un linguaggio insediativo composto da segni che l’essere umano ha ideato per rendere abitabile un certo intorno terrestre, un linguaggio che questa ricerca indaga nel suo organizzarsi in sintagmi e morfemi, a loro volta ordinati in sequenze razionali. L’idea del tracciato come scrittura non indica solo un fatto formale ma coglie lo spirito profondo del lavoro delle comunità sui territori che esse hanno trasformato nel tempo. I segni costituenti il linguaggio insediativo sono stati studiati e sistematizzati all’interno di una classificazione dei differenti tipi di tracciato. Questa tassonomia restituisce la complessità delle risorse insediative che i singoli tracciati producono, articolandosi in una grande varietà di modelli urbani. Questo studio è attraversato e sostenuto da una tesi precisa, cioè che il linguaggio architettonico va considerato come l’esito di una dialettica tra le logiche urbane e le possibilità di autodeterminarsi dei dispositivi linguistici. Questa bipolarità conferisce al linguaggio architettonico una capacità di trascrivere in un insieme organico di enunciati funzionali, costruttivi e formali l’essenza pubblica della città e quella per così dire privata della risposta architettonica puntuale. Tale ricerca ha i suoi principali riferimenti nella tradizione degli studi tipomorfologici, particolarmente importanti per l’architettura italiana. Tuttavia la centralità del pensiero di tipomorfologico è stata corretta da un interesse per il ruolo determinante della variazione come principio differenziatore, in grado di sovvertire la regola con l’imprevedibilità degli scarti assiali, con l’addensarsi delle stratificazioni, con l’irruzione di fattori espressivi divergenti. Questa ricerca esplora l’idea di una continuità tra i diversi momenti della città, una continuità inverata in architetture che discendono direttamente dalla città che le ospita, almeno quanto si pongono nei confronti di questa in un silenzioso ma tuttavia operante conflitto.

Il tracciato urbano. Logiche insediative e implicazioni architettoniche | The Urban Trace, forward Franco Purini. Melfi: Edizioni Libria, 2012

Lina Malfona
2012-01-01

Abstract

Uno dei più importanti contributi forniti dalla cultura architettonica italiana durante il Novecento consiste nell’aver riaffermato il ruolo determinante del rapporto tra città e architettura in quanto condizione per la vita armonica e concorde delle comunità urbane. Un rapporto che le avanguardie avevano di fatto negato, contrapponendo l’unicità dissonante dell’edificio, la sua irriducibilità al contesto, la sua irripetibilità formale, alla necessità della costruzione seriale del tessuto urbano. La città fatta di eccezioni che emergeva dalle utopie avanguardistiche è stata sostituita, per merito della cultura architettonica italiana, da una città concreta, disegnata a partire dalle esigenze reali degli abitanti. Esigenze che riguardavano anche e soprattutto quel dialogo con le preesistenze ambientali, teorizzato da Ernesto Nathan Rogers, attraverso il quale la città nuova si raccordava alle memorie di ciò che l’aveva preceduta. Questa tesi di dottorato indaga il significato complessivo e le espressioni singolari del tracciato urbano, inteso come una vera e propria scrittura. Esiste infatti un linguaggio insediativo composto da segni che l’essere umano ha ideato per rendere abitabile un certo intorno terrestre, un linguaggio che questa ricerca indaga nel suo organizzarsi in sintagmi e morfemi, a loro volta ordinati in sequenze razionali. L’idea del tracciato come scrittura non indica solo un fatto formale ma coglie lo spirito profondo del lavoro delle comunità sui territori che esse hanno trasformato nel tempo. I segni costituenti il linguaggio insediativo sono stati studiati e sistematizzati all’interno di una classificazione dei differenti tipi di tracciato. Questa tassonomia restituisce la complessità delle risorse insediative che i singoli tracciati producono, articolandosi in una grande varietà di modelli urbani. Questo studio è attraversato e sostenuto da una tesi precisa, cioè che il linguaggio architettonico va considerato come l’esito di una dialettica tra le logiche urbane e le possibilità di autodeterminarsi dei dispositivi linguistici. Questa bipolarità conferisce al linguaggio architettonico una capacità di trascrivere in un insieme organico di enunciati funzionali, costruttivi e formali l’essenza pubblica della città e quella per così dire privata della risposta architettonica puntuale. Tale ricerca ha i suoi principali riferimenti nella tradizione degli studi tipomorfologici, particolarmente importanti per l’architettura italiana. Tuttavia la centralità del pensiero di tipomorfologico è stata corretta da un interesse per il ruolo determinante della variazione come principio differenziatore, in grado di sovvertire la regola con l’imprevedibilità degli scarti assiali, con l’addensarsi delle stratificazioni, con l’irruzione di fattori espressivi divergenti. Questa ricerca esplora l’idea di una continuità tra i diversi momenti della città, una continuità inverata in architetture che discendono direttamente dalla città che le ospita, almeno quanto si pongono nei confronti di questa in un silenzioso ma tuttavia operante conflitto.
2012
Malfona, Lina
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/950369
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