L’intervento intende mostrare che l’indagine alla quale Ghiberti si dedica, in particolar modo nel terzo Commentario, è finalizzata ad identificare valore e funzione della pratica figurativa. Alla base del ragionamento che lo scultore elabora sta la convinzione che le arti imitino la natura. Ma la natura si manifesta se soltanto è vista. Da qui il fatto che non la si possa imitare senza riprodurre il processo grazie al quale essa si offre allo sguardo. Per questo motivo l’artefice, se vuole operare correttamente, deve acquisire una conoscenza adeguata dei meccanismi interni alla visione. Il lavoro sistematico di recupero dai trattati medievali dedicati all’ottica, del quale il terzo Commentario testimonia, si intende appunto alla luce di questo stato di cose. L’assimilazione tra visione e pratica figurativa porta con sé alcune conseguenze decisive. Il vedere difatti, ben lontano da esaurirsi nell’ambito della semplice percezione, costituisce un processo psichico: conduce ad acquisire una consapevolezza che si articola in forma immediatamente visiva, in piena indipendenza rispetto alla mobilitazione della capacità di parola. Quale necessaria conseguenza, l’immagine che riproduca correttamente il suo funzionamento si configura quale veicolo di un processo, psichicamente fondato, di articolazione: in questo senso, si costituisce quale fatto di linguaggio. Considerata da questa angolatura, la riflessione di Ghiberti si inserisce, con una posizione di spicco, all’interno del più ampio processo storico che condurrà Leonardo ad attribuire alla pittura valore pieno di “scienzia”, vale a dire una funzione decisiva per l’articolazione, in senso cognitivo, dell’esperienza.

Per una linguistica dei fatti figurativi. Alcune considerazioni in margine ai ‘Commentarii’ di Lorenzo Ghiberti

alberto ambrosini
2019-01-01

Abstract

L’intervento intende mostrare che l’indagine alla quale Ghiberti si dedica, in particolar modo nel terzo Commentario, è finalizzata ad identificare valore e funzione della pratica figurativa. Alla base del ragionamento che lo scultore elabora sta la convinzione che le arti imitino la natura. Ma la natura si manifesta se soltanto è vista. Da qui il fatto che non la si possa imitare senza riprodurre il processo grazie al quale essa si offre allo sguardo. Per questo motivo l’artefice, se vuole operare correttamente, deve acquisire una conoscenza adeguata dei meccanismi interni alla visione. Il lavoro sistematico di recupero dai trattati medievali dedicati all’ottica, del quale il terzo Commentario testimonia, si intende appunto alla luce di questo stato di cose. L’assimilazione tra visione e pratica figurativa porta con sé alcune conseguenze decisive. Il vedere difatti, ben lontano da esaurirsi nell’ambito della semplice percezione, costituisce un processo psichico: conduce ad acquisire una consapevolezza che si articola in forma immediatamente visiva, in piena indipendenza rispetto alla mobilitazione della capacità di parola. Quale necessaria conseguenza, l’immagine che riproduca correttamente il suo funzionamento si configura quale veicolo di un processo, psichicamente fondato, di articolazione: in questo senso, si costituisce quale fatto di linguaggio. Considerata da questa angolatura, la riflessione di Ghiberti si inserisce, con una posizione di spicco, all’interno del più ampio processo storico che condurrà Leonardo ad attribuire alla pittura valore pieno di “scienzia”, vale a dire una funzione decisiva per l’articolazione, in senso cognitivo, dell’esperienza.
2019
978-88-3367-076-8
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