Già nella metà del XIX secolo, Charles Coffin Jewett, preoccupato dallo spreco di tempo, professionalità e risorse richiesto ai bibliotecari di tutto il mondo, impegnati nel catalogare ciascuno le copie di uno stesso libro, elabora un progetto per facilitare la circolazione dei dati catalografici e la creazione dei cataloghi a stampa in forma di volume nelle singole biblioteche mediante la tecnica della stereotipia. In tal modo, Jewett immagina anche di poter realizzare un "general printed catalogue" o, perché no, una bibliografia universale. Venticinque anni dopo, Melvil Dewey riprende nuovamente la questione, presentando alla prima conferenza dei bibliotecari americani una mozione sull'avvio delle attività di co-operative cataloguing. Per entrambi la condizione necessaria per la circolazione delle notizie bibliografiche risiedeva nella disponibilità di precise e condivise regole catalografiche, senza lasciare "nulla, per quanto possibile, [...] alla discrezione o al giudizio del catalogatore". Se dovessimo fare oggi un bilancio del percorso fatto e del livello di interoperabilità bibliografica raggiunto dai cataloghi e valutare la qualità dei dati che li popolano, cosa emergerebbe? Offrire al lettore dati completi, accessibili, interrogabili e riutilizzabili, per le biblioteche non è una finalità secondaria rispetto al rendere disponibili le collezioni. In scenari sempre più dominati da evoluzioni tecnologiche, reali o presunte, un catalogo di qualità rimane il cuore della biblioteca che cresce: senza uno "snodo" efficace tra quello che la biblioteca e la Rete mettono potenzialmente a disposizione di tutti i cittadini e i bisogni informativi di ciascun utente, non può essere concepito alcun servizio.

Co-operative cataloguing, interoperabilità bibliografica e qualità dei cataloghi

Simona Turbanti;
2019-01-01

Abstract

Già nella metà del XIX secolo, Charles Coffin Jewett, preoccupato dallo spreco di tempo, professionalità e risorse richiesto ai bibliotecari di tutto il mondo, impegnati nel catalogare ciascuno le copie di uno stesso libro, elabora un progetto per facilitare la circolazione dei dati catalografici e la creazione dei cataloghi a stampa in forma di volume nelle singole biblioteche mediante la tecnica della stereotipia. In tal modo, Jewett immagina anche di poter realizzare un "general printed catalogue" o, perché no, una bibliografia universale. Venticinque anni dopo, Melvil Dewey riprende nuovamente la questione, presentando alla prima conferenza dei bibliotecari americani una mozione sull'avvio delle attività di co-operative cataloguing. Per entrambi la condizione necessaria per la circolazione delle notizie bibliografiche risiedeva nella disponibilità di precise e condivise regole catalografiche, senza lasciare "nulla, per quanto possibile, [...] alla discrezione o al giudizio del catalogatore". Se dovessimo fare oggi un bilancio del percorso fatto e del livello di interoperabilità bibliografica raggiunto dai cataloghi e valutare la qualità dei dati che li popolano, cosa emergerebbe? Offrire al lettore dati completi, accessibili, interrogabili e riutilizzabili, per le biblioteche non è una finalità secondaria rispetto al rendere disponibili le collezioni. In scenari sempre più dominati da evoluzioni tecnologiche, reali o presunte, un catalogo di qualità rimane il cuore della biblioteca che cresce: senza uno "snodo" efficace tra quello che la biblioteca e la Rete mettono potenzialmente a disposizione di tutti i cittadini e i bisogni informativi di ciascun utente, non può essere concepito alcun servizio.
2019
9788893570725
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