In Omero – verosimilmente per eredità indoeuropea – i media tantum non hanno perfetto: mostreremo che, contrariamente all'opinione vulgata, opposizioni come δέρχομαι : δέδορκα, γίγνομαι : γέγονα sono chiaramente secondarie: epifenomeni di una correlazione semantica, non testimoni di un rapporto paradigmatico primitivo. I media tantum – che rappresentano il nucleo più antico, selezionato lessicalmente, della diatesi media – contengono un predicato di stato, avente come argomento il soggetto, o incorporato nel lessema verbale come primitivo semantico (verbi stativi: ἧμαι, κεῖμαι, etc.) o presente nella struttura logica, nel senso di Dowty (1979) (ἔρχομαι, νέομαι, etc.). In questo libro si cerca di mostrare che, se media tantum e perfetto sono in distribuzione complementare (se, cioè, il perfetto non si forma coi verbi che già rappresentano uno stato del soggetto), la funzione del perfetto doveva essere quella di rappresentare lo stato del soggetto coi verbi che non incorporano tale nozione nel lessema verbale: in sostanza, quella di convertire un processo in uno stato. Il perfetto greco viene tradizionalmente suddiviso in due tipi; e cioè (semplificando una classificazione in realtà più confusa): 1) il cosiddetto perfetto con valore di presente (γέγηθα "gioisco", δέδορκα "ho un determinato sguardo", etc.); 2) il perfetto di stato risultante (πέπηγα "sono piantato", ἔφθορα "sono distrutto, rovinato", etc.). Questa suddivisione, però, non tiene conto del fatto che il primo tipo rappresenta lo stato dell'autore di un evento, il secondo tipo, invece, lo stato dell'entità che subisce gli effetti di un evento: cioè, dell'oggetto della diatesi attiva (φθείρω τὴν πόλιν : ἡ πόλις ἔφθορε). L'interpretazione vulgata attribuisce al perfetto la funzione di significare lo stato risultante dal compimento di un processo. Questa tesi, però, può dar ragione di (alcuni) perfetti del tipo 2, ma non di quelli del tipo 1. L'affermazione di Delbrück (1897: 203) che, ad esempio, μέμυκε avrebbe significato "è entrato nello stato di chi ha levato un muggito e ci rimane" è manifestamente forzata. δέδορκα (δέρκομαι "guardo", "vedo") non designa chi "ha visto qualcosa", ma chi "ha una determinata espressione nello sguardo". E, infatti, Wackernagel (1926) rinuncia a unificare i due tipi in una funzione sovraordinata. In questo studio, mostriamo che le due categorie sono manifestazioni di una stessa funzione. Il quadro teorico di riferimento è fornito dalla semantica verbale di Vendler (1967), integrata con l'analisi dei predicati di Dowty (1979) e con la teoria dei ruoli tematici della Role and Reference Grammar. Muoveremo dall'osservazione, finora trascurata, che i perfetti del tipo 1 appartengono tutti o a verbi monoargomentali inergativi (le activities di Vendler) o a verbi biargomentali atelici, a bassa transitività, nel senso di Hopper & Thompson (1980). Comune ad ambedue è l'assenza di un predicato di stato nella struttura logica sottostante, poiché nessuno dei due designa un cambiamento nello stato di uno degli argomenti. Non lo designano "gioire", "muggire, "gridare", etc., che indicano, semplicemente, un'attività del soggetto e non una sua modificazione; né lo designano verbi biargomentali atelici come "proteggere", "contenere" o "guardare", che – a differenza di un verbo di azionalità telica come "distruggere" – rappresentano un processo che lascia l'oggetto inalterato. Invece, i verbi che forniscono i perfetti del tipo 2 contengono tutti un predicato di stato nella struttura logica, poiché rappresentano processi che modificano lo stato dell'oggetto: l'entità oggetto di "distruggere" passa dall'esistenza alla non esistenza. I verbi che forniscono un perfetto del tipo 2 sono, perciò, telici e biargomentali; ovviamente, poiché i verbi telici monoargomentali – quelli, cioè, che, come "morire", designano una modificazione dello stato del soggetto – non vengono in causa: questi sono, di norma, media tantum, che non hanno il perfetto. Concluderemo, allora, che alla base dei due tipi di perfetto sta la medesima funzione di significare lo stato del soggetto; e mostreremo che le differenze dipendono dalla semantica verbale, quale appare nella struttura logica sottostante. E, precisamente: 1) i verbi inaccusativi – largamente rappresentati dai media tantum – non hanno perfetto, poiché la rappresentazione dello stato del soggetto è incorporata nel lessema verbale. 2) I verbi inergativi non incorporano un predicato di stato. Il solo modo per convertire in stato il processo rappresentato da un verbo inergativo (per esempio "gridare", etc.) è rappresentarlo come una proprietà metacronica del soggetto, come una sua qualificazione. Lo stesso vale per i verbi biargomentali a bassa transitività (per es. "contenere"). «Se in una data lingua» – ha scritto recentemente Lazard (2002: 165) – «una deviazione dal prototipo è riflessa nella morfosintassi, questa costruzione mostra alcune proprietà comuni alla costruzione monoattanziale». La deviazione dal prototipo è, appunto, quella dei verbi a bassa transitività. 3) I verbi biargomentali telici, ad alta transitività (per es. "distruggere") incorporano nella struttura logica un predicato di stato, il cui argomento è l'oggetto superficiale. Il perfetto di questi verbi promuove l'oggetto a soggetto: produce, perciò – si veda l'esempio di φθείρω – una sorta di alternanza causativa col presente attivo e rappresenta l'evento come uno stato del soggetto. Questo studio comprende anche alcune osservazioni sulla relazione – anticamente simmetrica – fra perfetto e ingiuntivo, sull'inserimento del perfetto – in sanscrito più avanzato che in greco – nel sistema dei tempi e sui suoi rapporti col medio, conseguente alla diffusione del medio oppositivo.

Il perfetto omerico. Diatesi, azionalità e ruoli tematici

ROMAGNO, DOMENICA
2005-01-01

Abstract

In Omero – verosimilmente per eredità indoeuropea – i media tantum non hanno perfetto: mostreremo che, contrariamente all'opinione vulgata, opposizioni come δέρχομαι : δέδορκα, γίγνομαι : γέγονα sono chiaramente secondarie: epifenomeni di una correlazione semantica, non testimoni di un rapporto paradigmatico primitivo. I media tantum – che rappresentano il nucleo più antico, selezionato lessicalmente, della diatesi media – contengono un predicato di stato, avente come argomento il soggetto, o incorporato nel lessema verbale come primitivo semantico (verbi stativi: ἧμαι, κεῖμαι, etc.) o presente nella struttura logica, nel senso di Dowty (1979) (ἔρχομαι, νέομαι, etc.). In questo libro si cerca di mostrare che, se media tantum e perfetto sono in distribuzione complementare (se, cioè, il perfetto non si forma coi verbi che già rappresentano uno stato del soggetto), la funzione del perfetto doveva essere quella di rappresentare lo stato del soggetto coi verbi che non incorporano tale nozione nel lessema verbale: in sostanza, quella di convertire un processo in uno stato. Il perfetto greco viene tradizionalmente suddiviso in due tipi; e cioè (semplificando una classificazione in realtà più confusa): 1) il cosiddetto perfetto con valore di presente (γέγηθα "gioisco", δέδορκα "ho un determinato sguardo", etc.); 2) il perfetto di stato risultante (πέπηγα "sono piantato", ἔφθορα "sono distrutto, rovinato", etc.). Questa suddivisione, però, non tiene conto del fatto che il primo tipo rappresenta lo stato dell'autore di un evento, il secondo tipo, invece, lo stato dell'entità che subisce gli effetti di un evento: cioè, dell'oggetto della diatesi attiva (φθείρω τὴν πόλιν : ἡ πόλις ἔφθορε). L'interpretazione vulgata attribuisce al perfetto la funzione di significare lo stato risultante dal compimento di un processo. Questa tesi, però, può dar ragione di (alcuni) perfetti del tipo 2, ma non di quelli del tipo 1. L'affermazione di Delbrück (1897: 203) che, ad esempio, μέμυκε avrebbe significato "è entrato nello stato di chi ha levato un muggito e ci rimane" è manifestamente forzata. δέδορκα (δέρκομαι "guardo", "vedo") non designa chi "ha visto qualcosa", ma chi "ha una determinata espressione nello sguardo". E, infatti, Wackernagel (1926) rinuncia a unificare i due tipi in una funzione sovraordinata. In questo studio, mostriamo che le due categorie sono manifestazioni di una stessa funzione. Il quadro teorico di riferimento è fornito dalla semantica verbale di Vendler (1967), integrata con l'analisi dei predicati di Dowty (1979) e con la teoria dei ruoli tematici della Role and Reference Grammar. Muoveremo dall'osservazione, finora trascurata, che i perfetti del tipo 1 appartengono tutti o a verbi monoargomentali inergativi (le activities di Vendler) o a verbi biargomentali atelici, a bassa transitività, nel senso di Hopper & Thompson (1980). Comune ad ambedue è l'assenza di un predicato di stato nella struttura logica sottostante, poiché nessuno dei due designa un cambiamento nello stato di uno degli argomenti. Non lo designano "gioire", "muggire, "gridare", etc., che indicano, semplicemente, un'attività del soggetto e non una sua modificazione; né lo designano verbi biargomentali atelici come "proteggere", "contenere" o "guardare", che – a differenza di un verbo di azionalità telica come "distruggere" – rappresentano un processo che lascia l'oggetto inalterato. Invece, i verbi che forniscono i perfetti del tipo 2 contengono tutti un predicato di stato nella struttura logica, poiché rappresentano processi che modificano lo stato dell'oggetto: l'entità oggetto di "distruggere" passa dall'esistenza alla non esistenza. I verbi che forniscono un perfetto del tipo 2 sono, perciò, telici e biargomentali; ovviamente, poiché i verbi telici monoargomentali – quelli, cioè, che, come "morire", designano una modificazione dello stato del soggetto – non vengono in causa: questi sono, di norma, media tantum, che non hanno il perfetto. Concluderemo, allora, che alla base dei due tipi di perfetto sta la medesima funzione di significare lo stato del soggetto; e mostreremo che le differenze dipendono dalla semantica verbale, quale appare nella struttura logica sottostante. E, precisamente: 1) i verbi inaccusativi – largamente rappresentati dai media tantum – non hanno perfetto, poiché la rappresentazione dello stato del soggetto è incorporata nel lessema verbale. 2) I verbi inergativi non incorporano un predicato di stato. Il solo modo per convertire in stato il processo rappresentato da un verbo inergativo (per esempio "gridare", etc.) è rappresentarlo come una proprietà metacronica del soggetto, come una sua qualificazione. Lo stesso vale per i verbi biargomentali a bassa transitività (per es. "contenere"). «Se in una data lingua» – ha scritto recentemente Lazard (2002: 165) – «una deviazione dal prototipo è riflessa nella morfosintassi, questa costruzione mostra alcune proprietà comuni alla costruzione monoattanziale». La deviazione dal prototipo è, appunto, quella dei verbi a bassa transitività. 3) I verbi biargomentali telici, ad alta transitività (per es. "distruggere") incorporano nella struttura logica un predicato di stato, il cui argomento è l'oggetto superficiale. Il perfetto di questi verbi promuove l'oggetto a soggetto: produce, perciò – si veda l'esempio di φθείρω – una sorta di alternanza causativa col presente attivo e rappresenta l'evento come uno stato del soggetto. Questo studio comprende anche alcune osservazioni sulla relazione – anticamente simmetrica – fra perfetto e ingiuntivo, sull'inserimento del perfetto – in sanscrito più avanzato che in greco – nel sistema dei tempi e sui suoi rapporti col medio, conseguente alla diffusione del medio oppositivo.
2005
Romagno, Domenica
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