Questo lavoro si propone, in primo luogo, di dimostrare come, anche nell’esperienza statunitense - alla quale si è essenzialmente guardato come ad uno dei modelli di giurisdizione costituzionale dei diritti e delle libertà fondamentali o ad un esempio di definizione, sul piano giurisprudenziale, delle regole relative al riparto di competenze tra differenti livelli di governo - si sia manifestata, soprattutto a partire dalla fine degli anni Settanta, una crescente “giurisdizionalizzazione” dei conflitti fra organi costituzionali, con conseguenze talora di grande rilievo sul piano degli equilibri fra i poteri. Si conclude che , se può dirsi generalmente condivisa la funzione arbitrale delle Corti, in particolare di quelle supreme, in questo contesto, resta tuttavia aperta la questione relativa al ruolo che esse possono in concreto svolgere ed a quale possa essere l’ampiezza del loro sindacato nei conflitti (in particolare, in quelli dal più elevato significato politico) e di quali strumenti esse si servano per conservare non solo la propria legittimazione, ma al tempo stesso l’autorevolezza che le rende il giudice “naturale” di questi giudizi. Dal confronto tra le due esperienze emerge infatti come, ciascuno degli aspetti della decisione dei conflitti (dalla selezione dei casi, alle tecniche di interpretazione, alle tipologie di conflitto, ecc.) si ricolleghi al problema della funzione politica e del potere discrezionale del giudice che nell’esperienza americana assume peraltro particolare rilievo, non scindendosi mai da quello della sua legittimazione.
Corti supreme e conflitti tra poteri. Spunti per un confronto Italia-USA sugli strumenti e le tecniche di giudizio del giudice costituzionale
SPERTI, ANGIOLETTA
2005-01-01
Abstract
Questo lavoro si propone, in primo luogo, di dimostrare come, anche nell’esperienza statunitense - alla quale si è essenzialmente guardato come ad uno dei modelli di giurisdizione costituzionale dei diritti e delle libertà fondamentali o ad un esempio di definizione, sul piano giurisprudenziale, delle regole relative al riparto di competenze tra differenti livelli di governo - si sia manifestata, soprattutto a partire dalla fine degli anni Settanta, una crescente “giurisdizionalizzazione” dei conflitti fra organi costituzionali, con conseguenze talora di grande rilievo sul piano degli equilibri fra i poteri. Si conclude che , se può dirsi generalmente condivisa la funzione arbitrale delle Corti, in particolare di quelle supreme, in questo contesto, resta tuttavia aperta la questione relativa al ruolo che esse possono in concreto svolgere ed a quale possa essere l’ampiezza del loro sindacato nei conflitti (in particolare, in quelli dal più elevato significato politico) e di quali strumenti esse si servano per conservare non solo la propria legittimazione, ma al tempo stesso l’autorevolezza che le rende il giudice “naturale” di questi giudizi. Dal confronto tra le due esperienze emerge infatti come, ciascuno degli aspetti della decisione dei conflitti (dalla selezione dei casi, alle tecniche di interpretazione, alle tipologie di conflitto, ecc.) si ricolleghi al problema della funzione politica e del potere discrezionale del giudice che nell’esperienza americana assume peraltro particolare rilievo, non scindendosi mai da quello della sua legittimazione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.