In Italia sono numerosi i siti paleontologici con resti di macro- e microvertebrati fossili tardo Pleistocenici provenienti da contesti ipogei o concentrati all’interno di cavità naturali. La maggior parte di queste località sono conosciute e molto ben documentate nella letteratura fin dall’inizio del XX secolo. In Toscana meridionale sono concentrate soprattutto nell’area delle Colline Metallifere e nel Parco Naturale della Maremma. La scoperta di una di queste cavità nella zona di Roselle (Grosseto) da parte del Gruppo Speleologico Maremmano ha portato all’identificazione di un accumulo fossilifero piuttosto consistente sia per quantità di reperti sia per la diversità specifica riscontrata. L’abbondanza dei resti fossili recuperati all’interno della Buca della Jena, nome che deriva dalla presenza nel sito di resti e tracce fossili, quali bite-marks su ossa e coproliti della specie Crocuta spelaea (Goldfuss, 1823), è tale da costituire potenzialmente uno dei siti tardo pleistocenici più ricchi e diversi della Toscana meridionale. I resti fossili sono conservati presso il Museo di Storia Naturale della Maremma (Grosseto). Da un’analisi preliminare dell’associazione faunistica e delle evidenze tafonomiche, sono stati identificati i seguenti taxa: Crocuta spelaea, Ursus spelaeus, Ursus cf. arctos, Vulpes vulpes, Canis lupus, Cervus elaphus, Rupicapra rupicapra, Bovidae indet., Equus cf. ferus, Equus cf. hydruntinus, Arvicola amphibius, Microtus (Microtus) arvalis, Microtus (Terricola) sp., Lepus sp. La presenza nella Buca della Jena di alcuni elementi come la Crocuta spelaea, Canis lupus e Cervus elaphus suggerisce un’affinità di questa associazione faunistica con le faune italiane di altri siti medio-tardo aureliani. Inoltre, la composizione generale dell’associazione, e in particolar modo la discreta quantità di resti di alcuni suoi elementi (per esempio il camoscio alpino R. rupicapra per i macromammiferi e, tra i micromammiferi, Microtus (Microtus) arvalis) evidenzia una correlazione con altre faune a vertebrati pleistocenici risalenti ad intervalli stadiali di cicli glaciali–interglaciali. Al tempo stesso, gli abbondanti resti dell’arvicola d’acqua, Arvicola amphibius, indicano la presenza di un ambiente localmente umido. Per il completamento dello studio, tuttora allo stadio preliminare, sono in programma sia analisi di datazione radiometrica sulle ossa di alcuni taxa sia indagini palinologiche sui coproliti di Crocuta spelaea. Queste analisi contribuiranno ad una migliore calibrazione cronologica e caratterizzazione paleoambientale di questa importante associazione a vertebrati fossili del Pleistocene Superiore della Toscana meridionale.

La fauna a vertebrati pleistocenici dal sito Buca della Jena (Roselle, Grosseto). Analisi preliminari.

Omar Cirilli;Saverio Bartolini Lucenti;
2017-01-01

Abstract

In Italia sono numerosi i siti paleontologici con resti di macro- e microvertebrati fossili tardo Pleistocenici provenienti da contesti ipogei o concentrati all’interno di cavità naturali. La maggior parte di queste località sono conosciute e molto ben documentate nella letteratura fin dall’inizio del XX secolo. In Toscana meridionale sono concentrate soprattutto nell’area delle Colline Metallifere e nel Parco Naturale della Maremma. La scoperta di una di queste cavità nella zona di Roselle (Grosseto) da parte del Gruppo Speleologico Maremmano ha portato all’identificazione di un accumulo fossilifero piuttosto consistente sia per quantità di reperti sia per la diversità specifica riscontrata. L’abbondanza dei resti fossili recuperati all’interno della Buca della Jena, nome che deriva dalla presenza nel sito di resti e tracce fossili, quali bite-marks su ossa e coproliti della specie Crocuta spelaea (Goldfuss, 1823), è tale da costituire potenzialmente uno dei siti tardo pleistocenici più ricchi e diversi della Toscana meridionale. I resti fossili sono conservati presso il Museo di Storia Naturale della Maremma (Grosseto). Da un’analisi preliminare dell’associazione faunistica e delle evidenze tafonomiche, sono stati identificati i seguenti taxa: Crocuta spelaea, Ursus spelaeus, Ursus cf. arctos, Vulpes vulpes, Canis lupus, Cervus elaphus, Rupicapra rupicapra, Bovidae indet., Equus cf. ferus, Equus cf. hydruntinus, Arvicola amphibius, Microtus (Microtus) arvalis, Microtus (Terricola) sp., Lepus sp. La presenza nella Buca della Jena di alcuni elementi come la Crocuta spelaea, Canis lupus e Cervus elaphus suggerisce un’affinità di questa associazione faunistica con le faune italiane di altri siti medio-tardo aureliani. Inoltre, la composizione generale dell’associazione, e in particolar modo la discreta quantità di resti di alcuni suoi elementi (per esempio il camoscio alpino R. rupicapra per i macromammiferi e, tra i micromammiferi, Microtus (Microtus) arvalis) evidenzia una correlazione con altre faune a vertebrati pleistocenici risalenti ad intervalli stadiali di cicli glaciali–interglaciali. Al tempo stesso, gli abbondanti resti dell’arvicola d’acqua, Arvicola amphibius, indicano la presenza di un ambiente localmente umido. Per il completamento dello studio, tuttora allo stadio preliminare, sono in programma sia analisi di datazione radiometrica sulle ossa di alcuni taxa sia indagini palinologiche sui coproliti di Crocuta spelaea. Queste analisi contribuiranno ad una migliore calibrazione cronologica e caratterizzazione paleoambientale di questa importante associazione a vertebrati fossili del Pleistocene Superiore della Toscana meridionale.
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