L’importanza del capitale di rischio nel finanziamento dell’innovazione è ormai riconosciuta e messa in evidenza da moltissimi autori e tra questi molti puntano la loro attenzione sugli “investitori istituzionali” per il supporto di imprese che, per le loro dimensioni, non possono ancora pensare di presentarsi direttamente sui mercati finanziari per il reperimento di fondi a titolo di capitale proprio e che, al contempo, incontrano forti difficoltà sul mercato del credito. Se è indubbio che, come verrà evidenziato nel lavoro, nel nostro Paese forse con più forza che negli altri paesi europei, è ancora presente un forte “vincolo finanziario” alla nascita ed allo sviluppo di imprese innovative, è comunque da sfatare, a nostro parere, la convinzione che il superamento del “gap” finanziario sarebbe sufficiente, di per sé, a creare le condizioni per il successo e lo sviluppo di tali unità: in effetti l’evidenza ci suggerisce chiaramente che per il successo/insuccesso di una nuova/piccola impresa innovativa assumono rilevanza fondamentale anche tutta una serie di problematiche collegate alla “cultura imprenditoriale”, all’approccio al mercato, alle difficoltà di interagire con tutti i vari attori di mercato (finanziari e non) ed istituzionali che spesso “bloccano” la nuova impresa impedendole di raggiungere e mantenere i ritmi di crescita indispensabili sui mercati più innovativi. Tale situazione si ritrova, in certi casi amplificata, nel caso di nascita di imprese potenzialmente molto innovative in quanto collegate e/o provenienti dal mondo della ricerca (si pensi ad esempio al fenomeno, in significativa crescita negli ultimi anni, delle spin-off universitarie) che non riescono a produrre effetti di innovazione reali sul mercato, in quanto pesantemente condizionate da limiti di natura imprenditoriale (interni) e da difficoltà di interazione con i finanziatori e con i potenziali clienti (esterni). Risultano quindi particolarmente interessanti i vantaggi che un network università-incubatori-investitori in capitale di rischio-forze economiche e finanziarie locali- imprese può creare sino a divenire “acceleratore” del processo di introduzione di innovazione all’interno del sistema, facendo tra l’altro superare, o almeno contenere in misura significativa, le difficoltà sia di natura finanziaria che di altro tipo che una piccola impresa innovativa può incontrare nelle prime fasi di introduzione sul mercato o comunque nel lancio di prodotti fortemente innovativi. E’ alla luce di questa possibilità di network che verrà riconsiderato il ruolo degli investitori in capitale di rischio (nello specifico venture capitalists e business angels), partendo dalla constatazione che, allo stato attuale, specie il primo degli operatori appena citati risulta scarsamente propenso al finanziamento di imprese piccole e ad alto livello di rischio, quale la nuova impresa innovativa.
Capitale di rischio e innovazione nelle nuove piccole imprese
CARLESI, ADA
2006-01-01
Abstract
L’importanza del capitale di rischio nel finanziamento dell’innovazione è ormai riconosciuta e messa in evidenza da moltissimi autori e tra questi molti puntano la loro attenzione sugli “investitori istituzionali” per il supporto di imprese che, per le loro dimensioni, non possono ancora pensare di presentarsi direttamente sui mercati finanziari per il reperimento di fondi a titolo di capitale proprio e che, al contempo, incontrano forti difficoltà sul mercato del credito. Se è indubbio che, come verrà evidenziato nel lavoro, nel nostro Paese forse con più forza che negli altri paesi europei, è ancora presente un forte “vincolo finanziario” alla nascita ed allo sviluppo di imprese innovative, è comunque da sfatare, a nostro parere, la convinzione che il superamento del “gap” finanziario sarebbe sufficiente, di per sé, a creare le condizioni per il successo e lo sviluppo di tali unità: in effetti l’evidenza ci suggerisce chiaramente che per il successo/insuccesso di una nuova/piccola impresa innovativa assumono rilevanza fondamentale anche tutta una serie di problematiche collegate alla “cultura imprenditoriale”, all’approccio al mercato, alle difficoltà di interagire con tutti i vari attori di mercato (finanziari e non) ed istituzionali che spesso “bloccano” la nuova impresa impedendole di raggiungere e mantenere i ritmi di crescita indispensabili sui mercati più innovativi. Tale situazione si ritrova, in certi casi amplificata, nel caso di nascita di imprese potenzialmente molto innovative in quanto collegate e/o provenienti dal mondo della ricerca (si pensi ad esempio al fenomeno, in significativa crescita negli ultimi anni, delle spin-off universitarie) che non riescono a produrre effetti di innovazione reali sul mercato, in quanto pesantemente condizionate da limiti di natura imprenditoriale (interni) e da difficoltà di interazione con i finanziatori e con i potenziali clienti (esterni). Risultano quindi particolarmente interessanti i vantaggi che un network università-incubatori-investitori in capitale di rischio-forze economiche e finanziarie locali- imprese può creare sino a divenire “acceleratore” del processo di introduzione di innovazione all’interno del sistema, facendo tra l’altro superare, o almeno contenere in misura significativa, le difficoltà sia di natura finanziaria che di altro tipo che una piccola impresa innovativa può incontrare nelle prime fasi di introduzione sul mercato o comunque nel lancio di prodotti fortemente innovativi. E’ alla luce di questa possibilità di network che verrà riconsiderato il ruolo degli investitori in capitale di rischio (nello specifico venture capitalists e business angels), partendo dalla constatazione che, allo stato attuale, specie il primo degli operatori appena citati risulta scarsamente propenso al finanziamento di imprese piccole e ad alto livello di rischio, quale la nuova impresa innovativa.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.