Le civiltà letterarie medievali di ambito francese e iberico dei secc. XII-XIII sono caratterizzate, oltre che da una straordinaria precocità rispetto a quella italiana, anche da due realtà socio-culturali fortemente molto importanti per l’elaborazione di temi e motivi del patrimonio classico e mediolatino: lo spazio religioso (il monastero) e quello aristocratico (la corte). I prodotti di queste due realtà ci offrono opportunità estremamente significative per osservare il rapporto dell’uomo occidentale cristiano con l’altra figura ebraica. Si consideri d’altra parte che questa compresenza nei testi è anche il riflesso di un’effettiva compagine multilingue, multietnica e multireligiosa, ben esemplificata nel nostro caso dal fervore culturale che caratterizzò la corte, per altri aspetti travagliata e infelice, di Alfonso X di Castiglia, detto el Sabio (1252-1284). Il notissimo Miracolo di Teofilo, ad esempio, dedica uno spazio considerevole alla figura dell’ebreo già nella fonte latina (elaborata nel sec. XII tra Francia ed Inghilterra), e sarà ulteriormente sviluppato, se non drammatizzato, nelle sue due antiche adattamenti volgari di Gautier de Coinci e Gonzalo de Berceo, per poi ridursi drasticamente nella breve cantiga di Alfonso X. I tre autori appena menzionati rappresentano il meglio della produzione mariana in volgare della fine del sec. XII fino agli ultimi decenni del sec. XIII. Delle 426 Cantigas de Santa Maria redatte da Alfonso X (autore, come sappiamo, anche delle Siete Partidas, fondamentali per comprendere la regolamentazione in fatto di rapporti tra cristiani e ebrei), tramandate da quattro manoscritti di straordinaria importanza per il patrimonio poetico e musicale medievale, ben 30 contengono personaggi ebrei, talvolta semplici comprimari, più spesso protagonisti assoluti (anche in forma di comunità). Mi è parsa particolarmente opportuna per la rappresentazione dell’ebreo l’analisi di tre componimenti molto diversi tra loro per sviluppo narrativo, i rapporti coi modelli e l’ambientazione geografica. Il miracolo di Teofilo (cantiga 3), ambientato in Cilicia, può considerarsi un archetipo del mito di Faust, anche se è nelle versioni greca, latina, francese e castigliana la figura dell’ebreo che i suoi conflitti psicologici sono largamente sviluppate in rapporto al poema di Alfonso. La cantiga 107 ci riporta invece ad una realtà vicina al re. Splendido esempio di cantiga de atafinda, qui l’ebrea, protagonista assoluto del miracolo, è eccezionalmente un personaggio positivo, che attraverso una sorta di martirio arriva alla purificazione solo grazie alla sua invocazione alla Vergine, che premia con la sua conversione. Con la cantiga 108, che contiene il dibattito tra un inatteso Merlin della tradizione arturiana e un ebreo alfaquin sul dogma dell’Incarnazione, la scena si sposta in una Scozia percepita come angolo estremo del mondo.

Immagini dell’ebreo in testi romanzi nei secoli XII-XIII: le Cantigas de Santa Maria di Alfonso X di Castiglia

Fabrizio Cigni
2019-01-01

Abstract

Le civiltà letterarie medievali di ambito francese e iberico dei secc. XII-XIII sono caratterizzate, oltre che da una straordinaria precocità rispetto a quella italiana, anche da due realtà socio-culturali fortemente molto importanti per l’elaborazione di temi e motivi del patrimonio classico e mediolatino: lo spazio religioso (il monastero) e quello aristocratico (la corte). I prodotti di queste due realtà ci offrono opportunità estremamente significative per osservare il rapporto dell’uomo occidentale cristiano con l’altra figura ebraica. Si consideri d’altra parte che questa compresenza nei testi è anche il riflesso di un’effettiva compagine multilingue, multietnica e multireligiosa, ben esemplificata nel nostro caso dal fervore culturale che caratterizzò la corte, per altri aspetti travagliata e infelice, di Alfonso X di Castiglia, detto el Sabio (1252-1284). Il notissimo Miracolo di Teofilo, ad esempio, dedica uno spazio considerevole alla figura dell’ebreo già nella fonte latina (elaborata nel sec. XII tra Francia ed Inghilterra), e sarà ulteriormente sviluppato, se non drammatizzato, nelle sue due antiche adattamenti volgari di Gautier de Coinci e Gonzalo de Berceo, per poi ridursi drasticamente nella breve cantiga di Alfonso X. I tre autori appena menzionati rappresentano il meglio della produzione mariana in volgare della fine del sec. XII fino agli ultimi decenni del sec. XIII. Delle 426 Cantigas de Santa Maria redatte da Alfonso X (autore, come sappiamo, anche delle Siete Partidas, fondamentali per comprendere la regolamentazione in fatto di rapporti tra cristiani e ebrei), tramandate da quattro manoscritti di straordinaria importanza per il patrimonio poetico e musicale medievale, ben 30 contengono personaggi ebrei, talvolta semplici comprimari, più spesso protagonisti assoluti (anche in forma di comunità). Mi è parsa particolarmente opportuna per la rappresentazione dell’ebreo l’analisi di tre componimenti molto diversi tra loro per sviluppo narrativo, i rapporti coi modelli e l’ambientazione geografica. Il miracolo di Teofilo (cantiga 3), ambientato in Cilicia, può considerarsi un archetipo del mito di Faust, anche se è nelle versioni greca, latina, francese e castigliana la figura dell’ebreo che i suoi conflitti psicologici sono largamente sviluppate in rapporto al poema di Alfonso. La cantiga 107 ci riporta invece ad una realtà vicina al re. Splendido esempio di cantiga de atafinda, qui l’ebrea, protagonista assoluto del miracolo, è eccezionalmente un personaggio positivo, che attraverso una sorta di martirio arriva alla purificazione solo grazie alla sua invocazione alla Vergine, che premia con la sua conversione. Con la cantiga 108, che contiene il dibattito tra un inatteso Merlin della tradizione arturiana e un ebreo alfaquin sul dogma dell’Incarnazione, la scena si sposta in una Scozia percepita come angolo estremo del mondo.
2019
Cigni, Fabrizio
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/1003572
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