Sul piano narrativo il sistema assiologico della Recherche oppone nettamente verità e falsità: facendo evolvere il protagonista dall’inferno di abbagli ed errori dello snobismo e dell’amore al limbo dell’unica verità della solitudine e dell’arte, e proponendo in tal modo un percorso edificante che può ricordare quello delle Confessioni di Agostino o della Commedia di Dante. Un simile impianto andrà riportato al razionalismo dimostrativo dell’istanza « positivistica » che Proust condivide con Freud, o a quella dell’artista « meta-poetico » evocato nella Prisonnière il quale istituisce il senso dell’opera solo retrospettivamente, stabilendo dei nessi insospettati fra i suoi vari elementi. Ora, questa giustificazione morale e strategica allude a una imprescindibilità intellettuale dell’errore: non solo perché esso costituisce la materia stessa di cui l’opera si sostanzia o perché – lockianamente - l’andamento « brancolante » dell’esperienza del narratore diventa il principio strutturante del romanzo; ma anche perché l’errore, riproducendo il proprio oggetto sotto una forma diversa da quella reale, ne afferma di fatto la natura metamorfica. Se, per Proust, l’essenza cangiante, frammentaria, inafferabile è la verità ultima dell’essere, questa può essere colta solo attraverso un procedimento associativo in qualche misura « deformante » e non attraverso un procedimento astrattivo : l’oggetto lo si conosce per costruzione fantasmatica, non per scomposizione analitica. Detto altrimenti, conoscenza ed errore hanno più di un carattere in comune : l’abbaglio percettivo – inteso in accezione non meramente sensistica -, l’equivoco, la menzogna o l’immaginazione che inventano un’altra realtà, costituiscono un’esperienza privilegiata, una delle poche chiavi in grado di farci accedere a dimensioni dell’essere precluse all’intelligenza deduttiva, il mezzo che può « ouvrir en nous des sens endormis pour la contemplation d’univers que nous n’aurions jamais connus ».

L'eroe che sbaglia. Proust e la poetica dell'errore

Iotti, Gianni
2019-01-01

Abstract

Sul piano narrativo il sistema assiologico della Recherche oppone nettamente verità e falsità: facendo evolvere il protagonista dall’inferno di abbagli ed errori dello snobismo e dell’amore al limbo dell’unica verità della solitudine e dell’arte, e proponendo in tal modo un percorso edificante che può ricordare quello delle Confessioni di Agostino o della Commedia di Dante. Un simile impianto andrà riportato al razionalismo dimostrativo dell’istanza « positivistica » che Proust condivide con Freud, o a quella dell’artista « meta-poetico » evocato nella Prisonnière il quale istituisce il senso dell’opera solo retrospettivamente, stabilendo dei nessi insospettati fra i suoi vari elementi. Ora, questa giustificazione morale e strategica allude a una imprescindibilità intellettuale dell’errore: non solo perché esso costituisce la materia stessa di cui l’opera si sostanzia o perché – lockianamente - l’andamento « brancolante » dell’esperienza del narratore diventa il principio strutturante del romanzo; ma anche perché l’errore, riproducendo il proprio oggetto sotto una forma diversa da quella reale, ne afferma di fatto la natura metamorfica. Se, per Proust, l’essenza cangiante, frammentaria, inafferabile è la verità ultima dell’essere, questa può essere colta solo attraverso un procedimento associativo in qualche misura « deformante » e non attraverso un procedimento astrattivo : l’oggetto lo si conosce per costruzione fantasmatica, non per scomposizione analitica. Detto altrimenti, conoscenza ed errore hanno più di un carattere in comune : l’abbaglio percettivo – inteso in accezione non meramente sensistica -, l’equivoco, la menzogna o l’immaginazione che inventano un’altra realtà, costituiscono un’esperienza privilegiata, una delle poche chiavi in grado di farci accedere a dimensioni dell’essere precluse all’intelligenza deduttiva, il mezzo che può « ouvrir en nous des sens endormis pour la contemplation d’univers que nous n’aurions jamais connus ».
2019
Iotti, Gianni
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